Questi testi sono stati supervisionati da un Comitato Internazionale formato da membri del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e membri della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Il sussidio fa anche una descrizione del Burkina Faso, dove circa il 64 per cento della popolazione è musulmana, il 9 per cento aderisce a religioni tradizionali africane, il 20 per cento è cattolico e il 6 per cento è protestante, per un totale del 26 per cento dei cristiani. “Questi tre gruppi religiosi – si legge nel sussidio – sono presenti in ogni regione della nazione, e virtualmente in ogni famiglia”.
Il sussidio mette in luce come il Burkina Faso stia sperimentando attualmente “una seria crisi di sicurezza, che colpisce tutte le comunità di fede”, e che è deteriorata a partire da un enorme attacco jihadista giunto da fuori la nazione nel 2016.
Da allora, “la nazione ha sofferto una proliferazione di attacchi terroristici, mancanza di legge e traffico di esseri umani”, cosa che ha lasciato “oltre tremila morti e oltre due milioni di sfollati interne”, mentre “migliaia di scuole, centri sanitari e municipi sono stati chiusi”, e “la maggior parte della infrastruttura economica e dei trasporti è stata distrutta”.
Il rischio, si nota nel sussidio, è che gli attacchi stiano colpendo “specifici gruppi etnici” con il rischio di esacerbare “in conflitti intercomunali”, e “la coesione sociale, la pace e l’unità nazionale sono minacciati”.
In particolare, “le chiese cristiane sono state espressamente prese di mira da attacchi armati”, e “preti, pastori e catechisti sono stati uccisi durante le celebrazioni” mentre “il destino di altri che sono stati rapiti resta sconosciuto”.
Mentre il sussidio veniva redatto, c’era più del 22 per cento del territorio nazionale fuori dal controllo dello Stato, e a causa del terrorismo la maggior parte delle chiese cristiane a nord, est e nord ovest della nazione sono state chiuse, in aree dove non c’è più nemmeno una celebrazione di culto cristiana. Invece, laddove si può ancora celebrare, sebbene con il controllo della polizia, è stato necessario di accorciare i servizi a causa dei problemi di sicurezza”.
E tuttavia, in una situazione che sembra disperata, “un grado di solidarietà sta emergendo tra cristiani musulmani e religioni tradizionali”, con iniziative come quella che vede la commissione di Dialogo Islamo-Cristiano della Conferenza Episcopale del Burkina Faso impegnata a supportare ogni sforzo di cooperazione e dialogo interreligiosa e interetnica, mentre sia le chiese cattoliche che protestanti hanno da una parte intensificato gli sforzi per assistere gli sfollati e dall’altra continuano a organizzare preghiere e momenti di digiuno anche su richiesta governativa.
Ci sono anche diverse iniziative volte a comprendere il valore della fraternità e la situazione. In questo, una ulteriore spinta ecumenica è stata data dall’invito a scrivere il sussidio, perché ha sfidato le chiese in Burkina Faso a “camminare, pregare e lavorare insieme in amore mutuo durante questo periodo difficile per la loro nazione”.
Le Chiese in Burkina faso cercano di vivere la loro chiamata all’amore “attraverso l’opsitalità mutua”, cosa che è “particolarmente evidente durante la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani”. Insieme, le Chiese cristiane hanno tradotto la Bibbia dal francese nelle lingue volgari, hanno fatto reciproca visita alle loro chiese.
I testi, spiega il dicastero, “sono disponibili ai cristiani di tutto il mondo che, quando necessario, possono adattarli tenendo in considerazione le situazioni locali, i contesti sociali e culturali e le pratiche liturgiche e devozionali. Tale adattamento dovrebbe idealmente avvenire ecumenicamente. Nei luoghi in cui non esistono già strutture ecumeniche per questo lavoro, si spera che la necessità di adattare i testi sia uno stimolo alla creazione di tali strutture”.
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