La storia del Cardinale Casaroli, ha aggiunto l’attuale segretario di Stato vaticano, è “una storia bella e ottimistica, che ci insegna a non perdere mai la fiducia nella Provvidenza divina”.
Non poteva mancare un accenno al lavoro diplomatico di Casaroli, che fu Segretario di Stato vaticano dal 1979 al 1990, e prima ancora fu “viceministro” e “ministro” degli Esteri vaticano.
Ricordando l’approccio di Casaroli, Parolin lo ha definito come “un uomo del dialogo lungo e faticoso”, e per questo apprezzato da figure importanti nella Curia, ma anche “avversato e criticato da altre personalità perché ritenuto, a torto, troppo remissivo e rinunciatario davanti al blocco guidato dall’Unione Sovietica”. Un’azione che, ha sottolineato ancora Parolin, era animata da “una grande fede nella missione della Chiesa, chiamata ad annunciare la speranza del regno di Dio a poveri e a ricchi, a dotti e a indotti, a credenti e ad agnostici. E perché no, anche ad atei”.
Nel convegno che ha preceduto la Messa, il professor Antonio G. Chizzoniti, direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - sede di Piacenza, ha delineato la figura del Cardinale Casaroli, ricordando anche i tratti che ne hanno fatto il Cardinale Pietro Parolin, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher e lo stesso Papa Francesco.
Ci troviamo oggi, ha detto il professor Chizzoniti, in un panorama mutato quando dieci anni fa si discusse dell’eredità di Casaroli in un convegno sullo “sguardo lungo della Chiesa”, e che oggi è difficile “collocare la figura di Agostino Casaroli nell’attuale contesto dell’azione della diplomazia vaticana”.
Casaroli, ricorda il professor Chizzoniti, “aveva avuto occasione di visitare il Cremlino (primo segretario di Stato ad entrarci accolto da Michail Gorbaciov). E poi negli anni prima della morte la nascita dell’Unione europea e il ritorno della guerra in Europa con il conflitto dell’ex Jugoslavia.
Quando la Santa Sede contraddicendo ogni prassi diplomatica fino ad allora consolidata nel gennaio del 1992 riconobbe la Croazia e la Slovenia ad un vaticanista che lo interrogava, off record, disse ‘E’ una catastrofe. Non mi faccia dire altro’. E forse non lo era... I tempi cambiano! Non credo che avesse immaginato nulla di tutto ciò e del suo viaggiare per il mondo accompagnando il capo della Chiesa cattolica”.
Casaroli era, sottolinea il professore, “un saggio al servizio della Chiesa”, che – come disse a Famiglia Cristiana nel 1996 – continuava a rimanere convinto della utilità della diplomazia della Santa Sede, e aggiungeva: “L’importante è che il servizio diplomatico della Santa Sede sia di prim’ordine: dal punto di vista spirituale, culturale e di concreta conoscenza”.
Chizzoniti individua in pazienza, fedeltà, ma anche capacità di analisi e forza di convinzione i tratti caratteristici dell’agire di Casaroli. Il quale ha vissuto al servizio di una diplomazia pontificia che ha sia un tratto ad extra (le relazioni con gli Stati, ma anche la missione) sia ad intra (la difesa della libertà religiosa), un respiro a doppo polmone che “che ha consentito il riconoscimento per l’azione diplomatica vaticana di un ruolo centrale per la composizione di numerosi conflitti e per l’avvio di programmi a favore del superamento delle disuguagliante” e “in questo ambito la figura di Agostino Casaroli è stata decisiva al servizio, con modulazioni ed incari diversi, di pontefici di grande levatura”.
Nel pensiero di Casaroli “non esiste diplomazia senza una visione universale del Pontefice, ogni pontefice delimita modi e confini dell’azione diplomatica e le strutture ecclesiastiche sono al servizio di quella visione. Almeno nel pensiero di Casaroli...”.
E qui Chizzoniti introduce un mosaico, una diversità di approcci dei Papi, guardando alla figura di Papa Francesco che si rivolge soprattutto “agli uomini di buona volontà”, e “in questa cornice il rilancio del multilateralismo è essenziale e le relazioni internazionali devono mirare a promuovere la responsabilità di ogni paese per il superamento delle ingiustizie sociali”.
“È chiaro – aggiunge Chizzoniti - che in questa ricostruzione il bilateralismo e l’azione ad intra è insufficiente e finisce col favorire la condizione dei paesi ricchi a scapito di quelli poveri”. E nota: “Il protagonismo e la capacità mediatica di Francesco vanno bilanciati con la necessità di non azzerare l’attività diplomatica ‘classica’ che come, ad esempio, nel caso della Cina guarda alle esigenze tipiche di tutela per le comunità cattoliche”.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Il professore parla in particolare della vicenda cinese, che “ricorda molto l’Ostpolitik casaroliana”, il cui tema centrale è la nomina dei vescovi, come successe con l’accordo dell’Ungheria. “Lo stesso Casaroli – racconta - nel febbraio del 1981 ad Hong Kong incontra mons. Deng Yiming, allora vescovo di Canton che suggerisce alla Santa Sede di consentire che i vescovi legittimi cinesi possano scegliere ed ordinare i propri successori, facoltà che nel dicembre dello stesso anno viene accordata senza necessità di “mandato apostolico”.
Si tratta “dell’avvio della ‘Chiesa clandestina cinese’ che porterà alla costituzione di una conferenza episcopale mai riconosciuta da Roma”.
E “molti anni dopo nel 2009 sarà proprio Pietro Parolin, allora sottosegretario della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, a giungere quasi alla conclusione di un accordo circa la procedura per la nomina condivisa e sulle modalità di consacrazione. In quel contesto l’ordinazione vescovile dell’attuale segretario di Stato e la sua nomina a nunzio in Venezuela ne rallenterà la firma per parte vaticana. Firma poi sfumata”.
Solo nel 2018 si giungerà ad un accordo, seguendo una logica che “riporta all’attenzione l’esigenza di non abbandonare e ritenere superata un’attività diplomatica che guarda al dialogo con gli Stati e in molte parti del mondo è ancora decisivo per garantire la libertà religiosa della Chiesa. Uno spazio di azione nel quale Casaroli rimane ancora un esempio insuperato di capacità diplomatica”.
Chizzoniti nota che il quadro europeo sembra “aver perso definitivamente centralità per la vita della Chiesa”, sottolinea l’assai problematico spazio di confine non solo politico, ma anche religioso tra la Russia, l’Ucraina e con essa anche quell’area peculiare di ex territori sovietici a cavallo tra Europa ed Asia, nota “la nuova centralità dello spazio latino-americano. Rivivificato dal pontificato di Francesco, e molto tempo prima agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso cuore dell’attività dei due ecclesiastici e poi cardinali piacentini Samorè e Casaroli”.
Conclude il professore: “Agostino Casaroli era figlio e allievo di una Chiesa e di una scuola diplomatica oggi assai diverse. La sua figura continua apparentemente ad essere richiamata, ma più che i ricordi simbolici credo rimangano gli insegnamenti che guardavano agli interessi della Chiesa nel suo stare nel mondo, nel confronto costante con gli Stati, spesso padroni (della libertà religiosa dei fedeli cattolici), con i quali la Chiesa doveva contrattare e se possibile collaborare; con le organizzazioni internazionali che operando a livello multilaterale consentivano e continuano a consentire alla Chiesa non solo di rafforzare l’impegno a tutela della libertà religiosa, ma di svolgere quel ruolo di ‘espertissima in umanità’ al servizio della pace e delle miserie umane”.