Città del Vaticano , martedì, 15. dicembre, 2015 11:30 (ACI Stampa).
"Il Giubileo della Misericordia rappresenta una grande opportunità per il Burundi. Senza il perdono e la misericordia non può esserci alcun tipo di riconciliazione e la riconciliazione è quanto di più ha bisogno il nostro paese". Così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre Monsignor Joachim Ntahondereye, vescovo di Muyinga in Burundi, che domenica ha aperto la Porta Santa della Cattedrale di Muyinga.
Il presule ha raccontato ad ACS come nel paese africano il clima resti acceso. Le tensioni hanno avuto inizio nell’aprile scorso, la decisione del presidente Nkurunziza di correre per un terzo mandato ha innescato numerose proteste in tutto il paese. La Costituzione e gli accordi di pace di Arusha limitano infatti a soli due mandati di 5 anni il periodo in cui un presidente può rimanere in carica.
La Chiesa locale ha sin da subito denunciato l’irregolarità della candidatura di Nkurunziza. "Noi vescovi abbiamo scritto due lettere pastorali – ricorda monsignor Ntahondereye - sottolineando l’importanza di lavorare per una vera democrazia, che non escluda nessuno e si prefigga il raggiungimento del bene comune e della giustizia sociale". Dopo un fallito tentativo di colpo di stato nello scorso maggio, il presule ritiene che non vi sia pericolo di un nuovo golpe, "specie perché i maggiori esponenti dell’opposizione hanno dovuto riparare all’estero". "Vi è tuttavia l’alta probabilità di una ribellione, che potrebbe replicare in Burundi quanto già accaduto in Centrafrica".
"Questo succederà se non si lavora per la riconciliazione", afferma monsignor Ntahondereye, notando come questo ambito rappresenti la principale sfida per la Chiesa locale, le cui diocesi hanno tutte recentemente tenuto un sinodo sul tema. Grande in tal senso è anche il contributo delle Commissioni diocesane di Giustizia e Pace che operano quotidianamente e su tutto il territorio per insegnare alla popolazione a superare i conflitti senza ricorrere alla violenza. "Molto importanti sono i comitati di riconciliazione, cui la gente fa riferimento per risolvere le controversie. Si tratta di comitati composti da membri di varie religioni, a cui si rivolgono anche i musulmani".
Il pensiero del presule va poi ai circa 200mila rifugiati burundesi che si trovano oggi in Tanzania, Ruanda e repubblica Democratica del Congo. "Non possiamo trascurarli, dobbiamo comprenderli e confortarli. E impegnarci per creare le condizioni di pace che permettano loro di tornare a casa".