C’è stato, fino a gennaio, un super testimone, ed era monsignor Alberto Perlasca, a capo dell’amministrazione della Segreteria di Stato per dodici anni. Inizialmente indagato, e poco intenzionato a collaborare, Perlasca aveva poi deciso spontaneamente di farsi interrogare dai magistrati vaticani, in altri tre interrogatori avvenuti senza il suo avvocato, diventando così un testimone chiave dell’accusa.
Fatto sta che dallo scorso gennaio di Perlasca non si parla più. Un po’ perché il processo si stava dedicando ad altri testimoni, cercando di mantenere un ritmo serrato perché sia compiuta la promessa di chiudere tutto entro Natale. E un po’ perché la testimonianza di Perlasca venne inficiata dagli interrogatori a Genevieve Ciferri, sua amica di famiglia, che aveva suggerito a Perlasca la strategia da tenere; e a Francesca Immacolata Chaouqui, già membro della Commissione vaticana per lo studio dell’organizzazione economica amministrativa della Santa Sede (COSEA), e processata e condannata in Vaticano nell’ambito del cosiddetto processo Vatileaks 3. In pratica, era venuto fuori che Chaoqui suggeriva a Ciferri cosa a sua volta suggerire a monsignor Perlasca. Fu proprio Ciferri a contattare il promotore di Giustizia Alessandro Diddi, attraverso messaggi whatsapp con lunghe spiegazioni che sono agli atti.
Ma sono agli atti con vari omissis, che non permettono a volte di comprendere il tono della conversazione. Così come sono agli atti gli interrogatori di Perlasca, il grande accusatore, ma anche quelli con vari omissis.
In particolare, Diddi ha omesso 120 messaggi su 126 di quelli che gli sono stati inviati via whatsapp da Genevieve Ciferri. Secondo i legali (tutte le difese si sono associate all’istanza), ormai è trascorso abbastanza tempo da aver superato il segreto istruttorio, e quei messaggi potrebbero persino chiarire i “punti di discontinuità” tra la testimonianza scritta del 31 agosto 2020 di monsignor Perlasca e la testimonianza dello stesso monsignore il 26 aprile 2020.
La difesa Becciu ha chiesto che gli omissis vengano sbloccati, per poter meglio impostare la difesa. Il promotore di Giustizia afferma che ci sono, su quelle chat, altre indagini in corso, e che dunque non si può rompere il segreto istruttorio. E, nell’ordinanza, il presidente Pignatone ha fatto sapere che non si può contestare questa “insindacabile” dichiarazione del promotore di Giustizia, e si dovrà capire tutto ex post.
Il commento del Cardinale Becciu e dei suoi avvocati
È qui che si innesta il commento amaro del Cardinale Becciu, che ricorda come “la difesa rimane mortificata, non può esercitare completamente il diritto di difesa se non ha tutto il materiale”. E tra l’altro, aggiunge, “si è chiesto di far chiarezza su questa vicenda, sulla vicenda di questi tre signori che, loro stessi, hanno detto di aver tramato contro di me. È una trama che hanno fatto. Addirittura questa trama ha portato a strumentalizzare il Papa. Si son serviti del Papa per portare avanti un piano vendicativo nei miei riguardi. Non capisco perché non si faccia chiarezza su questo aspetto”.
E aggiunge il Cardinale che i tre (ovvero Perlasca, Chaouqui, Ciferri) sono “tranquilli, liberi, e io sono da tre anni in questa sofferenza, sotto l’incubo di queste accuse che si stanno rivelando false. Io esprimo la mia amarezza perché non si fa chiarezza su questa vicenda, perché è un’offesa allo stesso Santo Padre”.
Conclude il Cardinale: “Non ci si può servire del Santo Padre per mandare avanti un piano così doloso come la vendetta, cosa che è stata fatta nei miei riguardi. Quindi io continuo a mantenere la mia fiducia nel Tribunale e spero che la verità emerga fino in fondo. Però il non indagare su questa vicenda mi lascia piuttosto perplesso”.
Gli avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, che difendono il Cardinale, hanno invece fatto sapere che “con l’ordinanza di oggi il Tribunale ha preso atto della valutazione dell’Accusa di non mettere a disposizione dei Giudici e delle difese, per esigenze di segretezza investigativa, l’intera chat inoltrata al Promotore e relativa alle genesi e alla progressione delle dichiarazioni rese da Monsignor Perlasca. Anche per il mancato deposito delle parti omissate degli interrogatori del Monsignore, risalenti a tre anni fa, il Tribunale ha rilevato la scelta del Promotore, ritenendola insindacabile”.
Gli avvocati sottolineano di prendere atto della decisione, “così come del fatto che la scelta del Promotore ci consegna una prova mutilata che, al contrario, ove esibita integralmente, avrebbe consentito di ricostruire con maggiore dettaglio la macchinazione ai danni del Cardinale, la cui innocenza il processo ha dimostrato”.
La questione degli omissis
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
La questione degli omissis non è nuova, così come non è un fatto nuovo che le difese facciano notare che c’è una difficoltà ad esercitare il diritto di difesa, che nasce dalla presenza degli omissis, ma anche – come era stato fatto notare ad inizio processo – dal sostanziale cambiamento delle regole del processo avvenuto con quattro rescritti di Papa Francesco mentre le indagini erano in corso.
Da parte sua, il Tribunale ha sempre cercato di sottolineare la totale conformità del processo vaticano ad ogni processo di Stati moderni, rigettando ogni accusa, ma allo stesso tempo mostrando molta volontà di permettere a tutte le parti di difendersi.
Certamente, in queste sessanta udienze, il sistema giudiziario vaticano sembra essere scricchiolato di fronte ad una serie di situazioni che ne hanno mostrato la fragilità. Ma anche la riforma del sistema giudiziario vaticano, arrivata ad appena tre anni dalla riforma che recepiva anche alcune richieste del comitato Moneyval del Consiglio d’Europa, rischia di rendere ancora più fragile il sistema giudiziario vaticano. C’è un aspetto internazionale, in questo processo, che forse viene poco stimato, e che potrebbe vedere la Santa Sede sotto accatto per ciò che avviene proprio nel suo stato. Non una situazione ideale.
Non testimonia don Mario Curzu
Mentre il Tribunale ha dichiarato illegittima l’assenza di don Mario Curzu, direttore della Caritas di Ozieri, che prima aveva deciso di non testimoniare perché oggetto di indagine anche a Sassari, e non sicuro delle tutele che la Santa Sede avrebbe attuato nei suoi confronti. Poi, dopo una ordinanza che ribadiva che il processo vaticano ha tutte le garanzie, non si è presentato alle due udienze successive, e il 25 maggio ha inviato una dichiarazione in cui spiegava di non essersi presentato “per impegni pastorali particolarmente intensi”.
Il presidente del Tribunale, con un’ordinanza, ha trasmesso gli atti all’Ufficio del promotore di Giustizia per procedere contro il sacerdote, per il reato di rifiuto di uffici legalmente dovuti. Ha dichiarato “illegittima” la sua assenza e “pretestuosa” la giustificazione riportata, non essendo “legittimo impedimento”, dopo i precedenti e ripetuti rifiuti a presentarsi.