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Dalla scuola una "una beatitudine sugli stranieri" letta nelle pagine della Bibbia

Bibbia e scuola il concorso di cultura biblica

‘Vi siete inventati una beatitudine sugli stranieri che è molto bella’: così durante le premiazioni del IX concorso nazionale della sezione ‘Bibbia e Scuola’ di Biblia, associazione laica di cultura biblica, indetto sul tema ‘Stranieri’, la teologa Marinella Perroni si è congratulata con le classi IV G, V G e V H dell’IPSIA ‘Corridoni’ di Macerata, che hanno vinto il secondo premio tra le scuole superiori, manifestando ammirazione per il titolo del loro lavoro: ‘Gher. Beati gli stranieri, perché saranno riconosciuti’.

Il percorso del video muove dal libro del Levitico (da cui provengono le tre definizioni di ‘straniero’) ed approda a Gesù Cristo e alle Beatitudini, ‘descrizioni terapeutiche’, come ha affermato in ‘Re-blog’ della rivista ‘Il Regno’ la professoressa di religione, attrice ed educatrice all’espressione teatrale, Giulia Merelli, che “danno valore a tutte le condizioni umane, anche le più difficili, perché ogni storia diventa beata quando viene ascoltata da chi ti vuole bene. Tutto diventa beato in un orizzonte di amore. La scuola dovrebbe costituire questo orizzonte...”.

Ci può narrare la genesi di questo lavoro?

“Il lavoro nasce dal semplice desiderio da parte mia di dare voce a studenti, la maggior parte di origine straniera, che spesso non vengono ascoltati. In genere, facciamo fatica ad ascoltare tutti gli studenti, illudendoci che siano loro a dover apprendere da quello che noi diciamo, come se il sapere fosse un imboccare di argomenti e ragioni, portare verità.

In quale modo questo tema ha trovato riferimenti nella Bibbia?

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“Ogni testimonianza fa riferimento a un passo biblico, nello specifico al libro del Levitico e alle beatitudini evangeliche.  In questo viaggio introspettivo, sono considerati i tre termini biblici che, nell'Antico Testamento, descrivono tre condizioni di ‘straniero’ differenti: il gher (straniero residente), il nokri (straniero di passaggio) e lo zar (straniero come estraneo, lontano, diverso). Infine, viene considerato, quale compimento umano del messaggio: ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’, Gesù, esempio perfettamente umano di straniero ospitato e ospitante delle particolarità proprie e altrui”.

Come hanno ‘reagito’ gli studenti a questo tema?

“Anche in questo caso, per ogni condizione di straniero, ha parlato e raccontato qualcosa di personale uno studente diverso dall’altro. Nel caso del gher (straniero residente), Samir ha raccontato senza peli sulla lingua la sua difficoltà passata nell’essere integrato, o meglio, guardato fino in fondo e senza pregiudizi e di come questa sofferenza sia diventata nel tempo maestra per trovare il coraggio di essere se stesso fino in fondo, mostrando proprio le sue origini attraverso la bandiera del proprio paese portata come collana. Una collana che diventa provocazione: ‘Ti fermi al tuo pregiudizio o vuoi conoscermi fino in fondo?’ Così Marius ha portato la sua fatica quotidiana, che parte dal mattino, dal suo viaggio in un autobus dove non ti fanno spazio perché sei straniero. Nel secondo caso, il nokri (forestiero di passaggio), ha parlato Alex raccontando il suo sentirsi esploratore rispettoso delle terre visitate: uno straniero che dona ascolto alle diversità degli altri, curioso di capire fino in fondo.

E poi, nel terzo caso, lo zar (il diverso), sono intervenuti Roberto e Luca. L’uno ribadendo che ciò che ci rende simili è proprio il fatto che siamo tutti diversi e l’altro sostenendo che smettiamo di sentirci stranieri non quando scompaiono le differenze ma quando, finalmente, ci sentiamo capiti da qualcuno. A fare da sfondo, ma non in sordina, le narrazioni di altri ragazzi che non hanno voluto o, semplicemente, non hanno potuto farsi riprendere con la telecamera. Voci che gridano il bisogno di un luogo dove sentirsi riconosciuti: uno studente che mi racconta che vorrebbe cambiare vita, trovarne una migliore dove sviluppare abitudini più sane ma che spesso tutto questo non è possibile, non gli resta possibile, perché quando cerchi di cambiare compagnia, non ti vogliono e allora torni fra chi comunque ti accoglie.