Si tratta allora di un ritorno alle impostazioni della Chiesa costantiniana?
Credo si tratti piuttosto di una incertezza redazionale. Il munus petrinum non “legittima” di per sé i poteri sovrani sullo Stato della Città del Vaticano, semmai la sua titolarità costituisce il “presupposto” per stabilire chi ha la pienezza della potestà di governo nello Stato. Esso è stato creato al servizio della sovranità e dell’indipendenza della Santa Sede, che – lo dico per i molti che non ce l’hanno ben chiaro – è il Romano Pontefice (can. 361), il quale ivi dispiega poteri sovrani.
A cosa si deve questa incertezza redazionale?
Forse né la Segreteria di Stato né il Dicastero per i Testi Legislativi hanno avuto modo di visionare la legge prima della promulgazione.
Il ruolo della Segreteria di Stato, tra l’altro, appare ridimensionato. Nella Legge fondamentale del 2000 veniva menzionata almeno 4 volte, una sola in questa legge.
Sì, il ruolo della Segreteria di Stato viene assai ridimensionato: scompare ad esempio l’art. 6 della precedente Legge fondamentale, secondo cui “nelle materie di maggiore importanza si procede di concerto con la Segreteria di Stato”. Non mi pare una scelta saggia, perché la Segreteria di Stato è una istituzione curiale in cui si assommano competenze cruciali nonché fondamentale nelle relazioni con la comunità internazionale.
Quali altre criticità ravvede nel testo?
Anche la formulazione “Lo Stato e il suo ordinamento sono distinti dalla Curia romana e dalle altre Istituzioni della Santa Sede” non mi sembra felice. I termini del confronto, tecnicamente, non sono paragonabili: affermare che “l’ordinamento vaticano è distinto dalla Curia romana” non solo è superfluo, ma rischia di essere fuorviante perché i piani sono diversi. Se l’obiettivo fosse stato di eliminare i fraintendimenti, allora si sarebbe dovuto essere più precisi. Nel diritto i termini hanno e devono conservare un significato non equivoco.
Ci sono altri momenti del testo in cui ravvede questa “incertezza redazionale” come la ha definita?
L’articolo 5 sottolinea ad esempio: “Fanno parte della comunità dello Stato i cittadini, i residenti e quanti, ad altro titolo e con diverse funzioni e responsabilità, svolgono il loro servizio, con spirito ecclesiale, per lo Stato o per la Santa Sede”. Si tratta, a mio avviso, di un esempio di inappropriata tecnica giuridica.
Quella di “comunità dello Stato” è una quanto meno anomala nozione giuridica che rischia di confondere quella di cittadinanza: questa sì giuridicamente chiara e che tale dovrebbe rimanere per le sue plurime conseguenze altresì nel diritto internazionale. Ci si chiede, poi, chi e come si valuterà il menzionato (e necessario) “spirito ecclesiale”.
La Legge rischia di cambiare i rapporti internazionali?
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Problemi nei rapporti con gli altri Stati ed in particolare con l’Italia potrebbe destare la previsione di cui al comma 2 dell’art. 4: “I suoi organi esercitano parimenti i poteri a essi attribuiti, oltre che sul territorio dello Stato, anche negli immobili e nelle aree dove operano istituzioni dello Stato o della Santa Sede, in cui vigono le garanzie e le immunità previste dal diritto internazionale”. La formulazione è claudicante, e forse sarebbe stato bene esplicitare che ci si stava riferendo, semmai, al potere esecutivo. Il testo è ambiguo, potrebbe far pensare che si intenda dilatare unilateralmente la giurisdizione dello Stato sul territorio italiano, e non credo sia il caso.
Lo Stato della Città del Vaticano sta vivendo oggi una stagione di processi. In che modo la nuova Legge fondamentale può impattare a livello processuale?
Il comma 3 dell’art. 21 sottolinea che “nell’applicare la legge, il giudice si ispira al principio di equità, opera per il ristabilimento della giustizia e favorisce la conciliazione tra le parti. Nelle cause penali, inoltre, il giudice commina la pena in funzione della riabilitazione del colpevole, del suo reinserimento e del ripristino dell’ordine giuridico violato”. Non sembra un testo soddisfacente.
Qualunque giurista sa che l’ordine in cui sono collocate le proposizioni nel testo delle norme è determinante: qui pare non esserci alcuna logica nella sequenza. Anzi porre il ristabilimento dell’ordine giuridico come ultimo fine non è comprensibile, ed è tra l’altro in netta controtendenza rispetto alla recente (elogiata sul punto) revisione del Libro VI del Codice di Diritto Canonico sul diritto penale.
Si è molto parlato del fatto che ormai gli organi vaticani hanno funzioni invece di un potere, riferito solo al Papa. Che cosa significa?
Si esalta questo uso linguistico per dire che in tal modo viene espressa la strumentalità dello Stato alla Santa Sede. Lasciando stare la coerenza nell’uso del termine (si veda l’appena citato comma 2 dell’art. 4), ci tengo a ricordare che la valorizzazione dei laici non è per niente rivoluzionaria, per quanto riguarda lo Stato della Città del Vaticano. Si tratta di un ordinamento statale, quindi l’innovazione solo del tutto indirettamente, per così dire, si correla con l’ecclesiologia del protagonismo dell’intero il Popolo di Dio da parte del Concilio Vaticano II, con il coinvolgimento del laicato nelle Istituzioni curiali da parte della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium.