Città del Vaticano , martedì, 23. maggio, 2023 14:00 (ACI Stampa).
C’è stata la prima alluvione, che è stata terribile. Ma poi, dopo appena sei giorni c’è stata anche la seconda alluvione, che ha travolto di nuovo il poco che si era salvato, lasciando le persone nello scoramento. Il racconto del vescovo di Faenza – Modigliana Mario Toso è quello di una terra messa in ginocchio da due esondazioni del fiume che hanno allagato interi quartieri, impraticabili. Il vescovo Toso, però, racconta anche dell’eroismo dei sacerdoti della sua diocesi, della Caritas che continua a distribuire pasti a chi resta senza casa, e punta il dito su una mala gestione a causa della quale i letti dei fiumi non sono stati ripuliti, così da creare il disastro. C’è una lezione da trarre, ma c’è prima di tutto da ricostruire.
Il 22 maggio, i vescovi delle zone alluvionate hanno salutato Papa Francesco. E prima dell’inizio dell’Assemblea Generale, la commissione Affari Sociali della Conferenza Episcopale Italiana si era riunita. Dal fondo CEI per le emergenze arriverà un milione di euro, le donazioni alla Caritas locale sono aumentate dopo l’appello del vescovo Toso. Ma i soldi, argomenta il vescovo, “sono poca cosa di fronte a chi ha perso casa. Noi non abbiamo le risorse per ricostruire tutto, ma siamo chiamati ad integrare, a stare vicino alla popolazione. Non abbiamo nemmeno i mezzi della protezione civile”.
Eppure i sacerdoti sono sul territorio con un eroismo quasi stoico. C’è, a Faenza, una “Opera Assistenza di Malati Impediti”, ed è il parroco che si sta prendendo cura di questa struttura, abbandonata dalle istituzioni e anche dalla protezione civile.
A Faenza, il seminario, racconta il vescovo, è diventato “una cittadella della solidarietà. Ha dato ospitalità alle Clarisse di Monte Paolo, clarisse che erano prima a Faenza e che ora sono nel convento molto amato dai francescani perché fu il convento dove fu Sant’Antonio di Padova e perché nel tragitto da quel convento a Forlì fu chiesto a Sant’Antonio di predicare e se ne scoprì il talento”.
Oltre alle Clarisse, ci sono delle famiglie, inclusa una coppia di sposi che è davvero in procinto di avere un bambino, e 22 minori non accompagnati, che “non potevano essere messi in ricettacoli generici”, e sono posti in alcune aule di studio.