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Dopo Papa Francesco in Ungheria, Erdő: “Ha visto con chiarezza la fede della popolazione”

’arcivescovo di Esztergom – Budapest ricapitola in questa intervista con ACI Stampa il viaggio di Papa Francesco nel Paese

Papa Francesco in Ungheria | Papa Francesco accolto dal Cardinale Péter Erdő al suo arrivo in Ungheria, 28 aprile 2023 | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco in Ungheria | Papa Francesco accolto dal Cardinale Péter Erdő al suo arrivo in Ungheria, 28 aprile 2023 | Vatican Media / ACI Group

Papa Francesco era felice, perché “ha visto con tutta chiarezza l’atteggiamento credente e pieno di affetto delle persone”. Lo racconta il Cardinale Péter Erdő in una intervista con il gruppo ACI all’indomani della visita di Papa Francesco in Ungheria, dal 28 al 30 aprile. Nel ricapitolare quei giorni, la parola più usata dal cardinale è “importante”. E questo testimonia quanto peso hanno tutte le parole pronunciate dal Papa in Ungheria nei suoi discorsi. A partire dall’appello per la pace, che il popolo ungherese sente di condividere.

Cosa resta dopo la visita di Papa Francesco?

La visita del Santo Padre ha lasciato un magnifico ricordo in tutti gli ungheresi, ma non solo. La presenza del Papa ha rappresentato per noi la spinta a lavorare insieme per grandi e nobili scopi. Questi scopi sono, per esempio, la coesione all’interno della società e la pace, la pace in Europa.

Poi ci sono i suoi discorsi. Il discorso che ha fatto ai giovani viene già spiegato e approfondito in molti gruppi, e si può dire che è cominciato un movimento a partire dalle parole del Santo Padre. Ma era importante anche il suo discorso all’Università Cattolica Pazmany Peter. Nella facoltà di Informatica e Bionica, il Santo Padre ha sottolineato che lo sviluppo tecnologico deve servire all’uomo e non viceversa, ha messo in luce i pericoli della alienazione ma anche quelli di un ruolo della tecnologia che arriva condizionare il singolo e anche la società. Sfide che dobbiamo affrontare ed esaminare non soltanto alla Facoltà di Tecnologia Informatica e Bionica, ma anche in altre facoltà come quelle di Scienze Umanistiche e quelle di Diritto.

Tra gli appuntamenti, anche quello all’Istituto Beato Batthyány-Strattman per bambini ciechi e handicappati…

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A loro ha mostrato la sua tenerezza e la sua vicinanza. Papa Francesco ha anche avuto gesti di profondo rispetto verso quelli che si prendono cura di questi bambini, a partire dal personale medico.

Ci sono stati gesti simbolici del Papa?

Ne ha fatti molti. Ad esempio, durante l’incontro con la diocesi, i sacerdoti, i catechisti e molti altri nella Basilica di Santo Stefano. Per esempio, quando l’anziano sacerdote padre Jozsef Brenner ha raccontato la storia di suo fratello martire Jànos (è già beato), Papa Francesco gli ha chiesto l’età. Padre Brenner ha risposto di avere 88 anni. Allora il Papa è rimasto impressionato, e gli baciava la mano in un rapporto di profonda simpatia tra i due. E poi c’è stato il rispetto del Santo Padre verso Santo Stefano quando ne ha baciato la reliquia: si è trattato di un momento molto commovente.

Santo Stefano è un personaggio che è ritornato in tutto il viaggio…

Santo Stefano è il primo personaggio nella storia di cui la tradizione afferma che ha consacrato il suo Paese alla Madonna, in una situazione storica disperata e avendo fiducia nella provvidenza divina. Questa storia è risuonata alla fine della Santa Messa su piazza Kossuth, quando il Papa è andato a venerare l’immagine della Madonna posta vicino all’altare. Si tratta di una immagine miracolosa, che custodiamo ad Esztergom, e che ha una storia simile a quella della Almudena di Spagna. Nel 1683, quando il re polacco Sobieski liberò Esztergom, fu rinvenuta questa icona nelle rovine della cattedrale. A questa icona sono state attribuite diverse guarigioni. Proprio davanti a questa immagine, Papa Francesco ha voluto ripetere il gesto di Santo Stefano, consacrando alla Madonna l’Ungheria, come aveva già fatto con gli altri popoli.

Credo che un peso particolare lo abbia avuto il discorso alle autorità e al corpo diplomatico. Che impatto ha avuto?

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Era interessante, perché il discorso non è entrato in modo dettagliato sulle questioni politiche, eppure, seguendo la migliore tradizione del cristianesimo, ha ribadito il valore della pace. Alcuni dicono che l’Ungheria si trovi nel cuore dell’Europa. Se vediamo qual è l’idea dei padri fondatori della Comunità Europea, troviamo molta consonanza: la pace, il riconoscimento della dignità dei popoli e la convivenza rispettosa, nonché la collaborazione per i valori umani. Non direi che l’Ungheria è lontana dall’Europa.

Papa Francesco ha lanciato un appello all’Europa proprio dall’Ungheria. Quanto è significativo?

Papa Francesco aveva già detto cosa significava sull’Europa nel 2014 a Strasburgo, sottolineando come l’Europa dovesse tornare alle radici. Se la Chiesa cattolica sarà in grado di presentare queste radici in modo attraente, questo potrà aiutare la coesione dei popoli europei.

Quanto è stato importante che il Papa abbia citato per cinque volte nel suo discorso la Costituzione ungherese, che quando fu promulgata ricevette molte critiche internazionali?

Per dire la verità, questa Costituzione è la prima Costituzione redatta ex novo dopo il cambiamento di sistema politico. Fino al 1949, l’Ungheria non aveva un documento unico come costituzione, ma soltanto certe leggi antiche di tipo costituzionale. Si parlava di una costituzione storica, ma la prima Costituzione moderna è stata redatta nel 1949, e aveva subito molto l’influsso della Costituzione stalinista dell’Unione Sovietica. Questa Costituzione era stata modificata quando il sistema era cambiato, ma non rifatta. Per questo, nel 2011 è stata varata la nuova Costituzione. In questa nuova Costituzione c’erano punti come il riconoscimento della dignità della vita umana e del matrimonio tra uomo e donna, valori che sono anche condivisi dalla tradizione cristiana. Poi c’erano naturalmente molti elementi che volevano e dovevano garantire il funzionamento democratico dello Stato. In Ungheria vale il principio della separazione tra Stato e Chiesa, e in questo senso siamo più simili ai Paesi latini che non alla tradizione tedesca, dove lo Stato può registrare l’appartenenza religiosa dei cittadini.

Quale è la sfida maggiore per la Chiesa in Ungheria?

Sicuramente la gioventù. Abbiamo adesso molte scuole cattoliche, dal 15 al 17 per cento delle scuole, e tra queste non solo scuole che sono state restituite alla Chiesa, ma anche scuole trasferite alla Chiesa su desiderio della maggioranza dei genitori. Il lavoro in quelle scuole non rappresenta la difesa di qualcosa che c’era una volta, ma una nuova situazione missionaria.

Si può dire dunque che la missione della cultura è centrale?

Nella missione della cultura si notano anche altri temi da affrontare. Per esempio, l’emigrazione dei giovani intellettuali. In Ungheria non c’è praticamente la disoccupazione, ma la mano d’opera qualificata può lasciare il Paese per ragioni di lavoro, per guadagnare meglio.

Quali sono le modalità migliori della missione della cultura?

Anche al Congresso Eucaristico Internazionale c’erano diversi programmi così bene accolti che si stanno ancora ripetendo, a partire dalle adorazioni eucaristiche musicali. Si è visto anche prima e dopo l’incontro del Papa con la gioventù, che è stato pensato come un grande momento di giovani e di preghiera che ha avuto luogo e prima dell’arrivo del Papa ed è continuato dopo la sua partenza.

Si vede che tra i giovani l’esperienza visuale e l’esperienza spirituale hanno una grande attrazione.

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Eppure, siamo anche chiamati a ribadire l’importanza della storicità della persona di Gesù Cristo, perché il cristianesimo comunque è la religione dei discepoli di Gesù Cristo. La sua vita e il suo insegnamento sono fondamentali per noi. La sua storicità è conoscibile sia attraverso documenti del Nuovo Testamento e della tradizione della Chiesa, ma anche attraverso alcune fonti al di fuori della tradizione cristiana. C’è bisogno di una concretezza storica che richiede una certa erudizione. E c’è bisogno di stabilire un rapporto diretto con Gesù Cristo, che è un rapporto spirituale di vita sacramentale, preferibilmente in comunità.

Quanto è ancora presente la mentalità sovietica in Ungheria?

Non so cosa significhi mentalità sovietica perché in Ungheria, dopo la rivoluzione del 1956 e la sua successiva repressione, c’è stata una rassegnazione da parte della società e si è diffusa l’opinione che tutto il mondo, compreso l’Occidente, fosse d’accordo con la situazione che si viveva e che non sarebbe stato possibile cambiare. Per questo, si facevano compromessi piccoli o grandi, e si cercava una condizione di vita tollerabile compatibilmente con la situazione esistente.

E ora questa rassegnazione è così presente? Si è vista una grande voglia degli ungheresi di riunirsi, anche grazie al viaggio del Papa…

Ma l’incontro nella Chiesa è diverso. In Ungheria ci sono moltissimi eventi, di qualunque tipo, e quanti vogliono solo incontrarsi hanno tante altre possibilità. Invece, un incontro religioso è sempre e soprattutto una preghiera. La stessa persona del Papa rappresenta Gesù Cristo stesso. È vero che possiamo incontrare Gesù nei sacramenti, nella preghiera e nei poveri, ma non è per caso che tradizionalmente si dice che il Papa è vicario di Cristo. La gente ha visto nella persona del Papa Cristo stesso, ha atteso da lui la benedizione, ha cercato il contatto con lui.

Papa Francesco le ha in qualche modo commentato quello che stava vivendo?

Il Papa era contento. Ha visto con tutta chiarezza questo atteggiamento credente e pieno di affetto della gente che lo ha accolto.