A loro ha mostrato la sua tenerezza e la sua vicinanza. Papa Francesco ha anche avuto gesti di profondo rispetto verso quelli che si prendono cura di questi bambini, a partire dal personale medico.
Ci sono stati gesti simbolici del Papa?
Ne ha fatti molti. Ad esempio, durante l’incontro con la diocesi, i sacerdoti, i catechisti e molti altri nella Basilica di Santo Stefano. Per esempio, quando l’anziano sacerdote padre Jozsef Brenner ha raccontato la storia di suo fratello martire Jànos (è già beato), Papa Francesco gli ha chiesto l’età. Padre Brenner ha risposto di avere 88 anni. Allora il Papa è rimasto impressionato, e gli baciava la mano in un rapporto di profonda simpatia tra i due. E poi c’è stato il rispetto del Santo Padre verso Santo Stefano quando ne ha baciato la reliquia: si è trattato di un momento molto commovente.
Santo Stefano è un personaggio che è ritornato in tutto il viaggio…
Santo Stefano è il primo personaggio nella storia di cui la tradizione afferma che ha consacrato il suo Paese alla Madonna, in una situazione storica disperata e avendo fiducia nella provvidenza divina. Questa storia è risuonata alla fine della Santa Messa su piazza Kossuth, quando il Papa è andato a venerare l’immagine della Madonna posta vicino all’altare. Si tratta di una immagine miracolosa, che custodiamo ad Esztergom, e che ha una storia simile a quella della Almudena di Spagna. Nel 1683, quando il re polacco Sobieski liberò Esztergom, fu rinvenuta questa icona nelle rovine della cattedrale. A questa icona sono state attribuite diverse guarigioni. Proprio davanti a questa immagine, Papa Francesco ha voluto ripetere il gesto di Santo Stefano, consacrando alla Madonna l’Ungheria, come aveva già fatto con gli altri popoli.
Credo che un peso particolare lo abbia avuto il discorso alle autorità e al corpo diplomatico. Che impatto ha avuto?
Era interessante, perché il discorso non è entrato in modo dettagliato sulle questioni politiche, eppure, seguendo la migliore tradizione del cristianesimo, ha ribadito il valore della pace. Alcuni dicono che l’Ungheria si trovi nel cuore dell’Europa. Se vediamo qual è l’idea dei padri fondatori della Comunità Europea, troviamo molta consonanza: la pace, il riconoscimento della dignità dei popoli e la convivenza rispettosa, nonché la collaborazione per i valori umani. Non direi che l’Ungheria è lontana dall’Europa.
Papa Francesco ha lanciato un appello all’Europa proprio dall’Ungheria. Quanto è significativo?
Papa Francesco aveva già detto cosa significava sull’Europa nel 2014 a Strasburgo, sottolineando come l’Europa dovesse tornare alle radici. Se la Chiesa cattolica sarà in grado di presentare queste radici in modo attraente, questo potrà aiutare la coesione dei popoli europei.
Quanto è stato importante che il Papa abbia citato per cinque volte nel suo discorso la Costituzione ungherese, che quando fu promulgata ricevette molte critiche internazionali?
Per dire la verità, questa Costituzione è la prima Costituzione redatta ex novo dopo il cambiamento di sistema politico. Fino al 1949, l’Ungheria non aveva un documento unico come costituzione, ma soltanto certe leggi antiche di tipo costituzionale. Si parlava di una costituzione storica, ma la prima Costituzione moderna è stata redatta nel 1949, e aveva subito molto l’influsso della Costituzione stalinista dell’Unione Sovietica. Questa Costituzione era stata modificata quando il sistema era cambiato, ma non rifatta. Per questo, nel 2011 è stata varata la nuova Costituzione. In questa nuova Costituzione c’erano punti come il riconoscimento della dignità della vita umana e del matrimonio tra uomo e donna, valori che sono anche condivisi dalla tradizione cristiana. Poi c’erano naturalmente molti elementi che volevano e dovevano garantire il funzionamento democratico dello Stato. In Ungheria vale il principio della separazione tra Stato e Chiesa, e in questo senso siamo più simili ai Paesi latini che non alla tradizione tedesca, dove lo Stato può registrare l’appartenenza religiosa dei cittadini.
Quale è la sfida maggiore per la Chiesa in Ungheria?
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Sicuramente la gioventù. Abbiamo adesso molte scuole cattoliche, dal 15 al 17 per cento delle scuole, e tra queste non solo scuole che sono state restituite alla Chiesa, ma anche scuole trasferite alla Chiesa su desiderio della maggioranza dei genitori. Il lavoro in quelle scuole non rappresenta la difesa di qualcosa che c’era una volta, ma una nuova situazione missionaria.
Si può dire dunque che la missione della cultura è centrale?
Nella missione della cultura si notano anche altri temi da affrontare. Per esempio, l’emigrazione dei giovani intellettuali. In Ungheria non c’è praticamente la disoccupazione, ma la mano d’opera qualificata può lasciare il Paese per ragioni di lavoro, per guadagnare meglio.
Quali sono le modalità migliori della missione della cultura?
Anche al Congresso Eucaristico Internazionale c’erano diversi programmi così bene accolti che si stanno ancora ripetendo, a partire dalle adorazioni eucaristiche musicali. Si è visto anche prima e dopo l’incontro del Papa con la gioventù, che è stato pensato come un grande momento di giovani e di preghiera che ha avuto luogo e prima dell’arrivo del Papa ed è continuato dopo la sua partenza.
Si vede che tra i giovani l’esperienza visuale e l’esperienza spirituale hanno una grande attrazione.