Roma , lunedì, 8. maggio, 2023 14:00 (ACI Stampa).
L’incontro è parola chiave per il Cristianesimo. Gesù nei racconti evangelici ci viene presentato molto spesso come “l’uomo dell’incontro”: va verso l’umanità, l’incontra, la interroga soprattutto; e da quel guardare l’uomo negli occhi, da quel dialogare con lui, nascono parabole, insegnamenti, parole di speranza e di amore. Incontrarsi, condividere, dunque, per ogni cristiano è tesoro prezioso, arricchimento del proprio animo. Quando a incontrarsi, poi, sono due uomini di profonda cultura e di spessore intellettuale come Don Luigi Giussani e Giovanni Testori, il frutto che ne deriva è squisitamente sublime, difficile trovare altro sinonimo.
E’ nella metà del mese di aprile del 1978 che don Giussani conosce Giovanni Testori, autore e drammaturgo, critico d’arte, poeta e pittore; difficile per lui catalogare la sua opera. Entrambi lombardi, entrambi con la stessa sete di conoscenza, di approfondimento non solo della fede, ma di tutto ciò che riguarda l’umano, il mondo della società civile e della cultura: due esistenze ricercatrici di verità. Il motivo dell’incontro nasce da un articolo per Il Corriere della sera che Testori ha scritto sul rapimento di Aldo Moro: il pezzo era incentrato, soprattutto, sul senso della vita. A leggere quelle righe, alcuni studenti universitari della Statale di Milano che frequentano il movimento di Comunione e Liberazione di Don Giussani, decidono di chiedere a Testori un appuntamento per potergli riferire il loro apprezzamento sulle tematiche affrontate; con loro grande stupore lo scrittore lombardo darà loro subito appuntamento. Li vede, dialoga con questi studenti; più tardi racconterà così quel momento: “Sono venuti nel mio studio. La cosa che mi ha stupito è che non erano nulla di tutto ciò che si dice che siano. Non mi hanno mai chiesto niente: né come fosse la mia povera vita, né quali fossero i miei errori. Ma mi hanno accolto - e io credo di averli accolti - come amici. Io non sono di Cl, ma sono vicino a Cl per una cosa: perché hanno questo senso dell’amicizia, questo senso dell’umanità, dell’integrità della fede”. Alla fine del piacevole incontro nascerà l’idea di organizzare un pranzo con il “don” in un ristorante a Milano.
Arriva, finalmente, il giorno del tanto atteso convegno: lo scrittore entra nel ristorante e Giussani, appena lo vede, si alza dal tavolo per andargli incontro. Testori non trattiene le lacrime, si commuove e piangendo continuerà a dire che lui, proprio lui che aveva rinnegato Dio bestemmiandolo addirittura, non era degno di essere alla presenza di un uomo di Dio come Giussani; il sacerdote lombardo, a queste parole, lo abbraccia e lo tranquillizza dicendo che quelle che lui ha chiamato bestemmie non erano altro che preghiere disperate rivolte al cielo che ora avevano trovato risposta. Era questo l’inizio di un’amicizia, schietta e sincera, così come gli animi dei due illustri personaggi; un’amicizia colma di spunti di riflessione per entrambi. Ogni settimana, da quel giorno, si incontreranno settimanalmente: Testori vorrà sempre di più scoprire il pensiero di Don Giussani e del movimento di Comunione e Liberazione. Una scoperta che diverrà per l’autore lombardo una riscoperta della fede in Cristo: dopo un periodo di allontanamento dalla religione, di profonda “contestazione” verso Dio, Testori a seguito della morte della madre, si era rimesso in ricerca; ed è proprio in questo periodo che era avvenuto il provvidenziale incontro con Giussani.
Frutto di quest’amicizia sarà un libro, edito nel 1980 per la Rizzoli, “Il senso della nascita. Colloquio con Don Luigi Giussani” che darà l’incipit alla colonna de “I libri della speranza”. Nel retrocopertina della prima edizione si legge: “La speranza esprime un’attesa che è di tutti e insieme propone, anticipa per il cristiano la risposta, che è in altre parole: la nascita e la croce, il Natale e la Passione. Dalla nascita, attraverso la croce, alla speranza: questo, per il credente, il tragitto che porta alla più consolante delle realtà”. E queste stesse parole - nascita, croce, speranza - sono al centro del colloquio del libro di Giussani e Testori. Quello che viene presentato al pubblico di lettori è un libro in cui si alternano domande e risposte in un vero e proprio interrogatorio al fondatore di Cl.
Le pagine, in un ritmo incalzante, senza pause, in una sorta di “crescendo rossiniano”, riescono a toccare i temi fondamentali dell’umanità, dell’esistenza di ognuno, a cominciare - appunto - dal “senso della nascita”: il perché si è nati e chi lo ha voluto. Il tema fondamentale del testo viene così introdotto da un’osservazione di Testori: in un uomo e in una donna che si amano c’è un momento di “sperdutezza” (così la definisce lo scrittore) e di liberazione. Per Giussani la parola “sperdutezza” indica che in quell’istante è all’opera un’altra forza: la forza del mistero di Dio che partecipa alla generazione di un nuovo essere. Il senso della nascita, allora, è la coscienza della propria “dipendenza” da Dio; il sentimento di essere stati voluti dall’amore di Dio che ha chiamato ciascuno di noi alla vita.