Tra le testimonianze József Brenner,sacerdote della Diocesi di Szombathely, fratello del Beato János Brenner. “Nella mia famiglia siamo diventati sacerdoti in tre. Io sono il terzo nell’ordine. Mio fratello, secondogenito, è stato brutalmente assassinato all’età di 26 anni dal regime ateista. Vostra Santità lo ha inserito nelle file dei Beati nel 2018”, dice il sacerdote nella sua testimonianza.
Il Pontefice ricorda ai presenti il loro grande compito. "È una delle esigenze più importanti per noi: interpretare i cambiamenti e le trasformazioni della nostra epoca, cercando di affrontare al meglio le sfide pastorali", dice Francesco nel suo discorso in lingua italiana.
"Possiamo guardare alle tempeste che a volte si abbattono sul nostro mondo, ai cambiamenti rapidi e continui della società e alla stessa crisi di fede dell’Occidente con uno sguardo che non cede alla rassegnazione e che non perde di vista la centralità della Pasqua: Cristo risorto, centro della storia, è il futuro. La nostra vita, per quanto segnata dalla fragilità, è saldamente posta nelle sue mani. Se dimentichiamo questo, anche noi, pastori e laici, cercheremo mezzi e strumenti umani per difenderci dal mondo, chiudendoci nelle nostre oasi religiose, comode e tranquille; oppure, al contrario, ci adegueremo ai venti cangianti della mondanità e, allora, il nostro cristianesimo perderà vigore e smetteremo di essere sale della terra", commenta Francesco ai sacerdoti e vescovi ungheresi.
"Contro il disfattismo catastrofico e il conformismo mondano il Vangelo ci dona occhi nuovi", conferma Papa Francesco.
"Gesù dice che non bisogna assolutizzare niente su questa terra, perché tutto è precario e non resterà pietra su pietra; ma, allo stesso tempo, il Signore non vuole indurre allo scoraggiamento o alla paura. Siamo chiamati a un’accoglienza aperta alla profezia, con profezia. Vediamo che anche in questo Paese, dove la tradizione di fede rimane ben radicata, si assiste alla diffusione del secolarismo e a quanto lo accompagna, il che spesso rischia di minacciare l’integrità e la bellezza della famiglia, di esporre i giovani a modelli di vita improntati al materialismo e all’edonismo, di polarizzare il dibattito su tematiche e sfide nuove. E allora la tentazione può essere quella di irrigidirsi, di chiudersi e assumere un atteggiamento da combattenti”, è chiaro il Papa.
Francesco nel suo discorso in Ungheria sottolinea il sovraccarico di lavoro per i sacerdoti. "Da un lato, infatti, le esigenze della vita parrocchiale e pastorale sono numerose ma, dall’altro, le vocazioni calano e i preti sono pochi, spesso avanti negli anni e con qualche segno di stanchezza. Questa è una condizione comune a molte realtà europee, rispetto alla quale è importante che tutti – pastori e laici – si sentano corresponsabili: anzitutto nella preghiera, perché le risposte vengono dal Signore e non dal mondo, dal tabernacolo e non dal computer", dice il Papa.
"È triste quando ci si divide perché, anziché fare gioco di squadra, si fa il gioco del nemico: i Vescovi scollegati tra loro, i preti in tensione col Vescovo, quelli anziani in conflitto con i più giovani, i diocesani con i religiosi...No, per favore: il primo lavoro pastorale è la testimonianza della comunione", il consiglio di Papa Francesco.
Il Papa in un discorso a braccio mette in guardia anche dal chiacchiericcio, "mordetevi la lingua", dice il Papa.
Francesco poi ricorda un grande esempio di santità per gli ungheresi: San Martino. "Il suo gesto di dividere il mantello con il povero è molto più che un’opera di carità: è l’immagine di Chiesa verso cui tendere, è ciò che la Chiesa di Ungheria può portare come profezia nel cuore dell’Europa: misericordia e prossimità".
Poi, Santo Stefano. "Per primo affidò la nazione alla Madre di Dio, che fu intrepido evangelizzatore e fondatore di monasteri e abbazie, sapeva anche ascoltare e dialogare con tutti e occuparsi dei poveri: abbassò per loro le tasse e andava a fare l’elemosina travestendosi per non essere riconosciuto", conclude il Pontefice.
"Non posso dimenticare la testimonianza coraggiosa e paziente delle Suore ungheresi della Società di Gesù, che incontrai in Argentina dopo che avevano lasciato l’Ungheria durante la persecuzione religiosa. Mi hanno fatto tanto bene. Erano brave", aggiunge sul finale il Papa.
Dunque testimonianza, profezia ( il sostantivo più dell'aggettivo come ha voluto sottolinare Papa Francesco) e comunione.
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Sul finale il Papa posa per una foto con i Vescovi ungheresi. La Conferenza Episcopale Cattolica Ungherese è attualmente presieduta da Monsignor Dr. András Veres, vescovo di Győr, mentre il Vicepresidente è Monsignor György Udvardy, Arcivescovo di Veszprém.