Ma qual è la situazione delle religioni in Ungheria?
In Ungheria sono presenti molte religioni e diverse confessioni cristiane, sebbene la Chiesa Cattolica di rito latino è ancora la più grande del Paese. Circa il 5 per cento dei cattolici nel Paese sono di rito bizantino, c’è una comunità calvinista che conta il 15-17 per cento della popolazione, circa il 3 per cento sono luterani. C’è anche una comunità ebraica molto consistente, con una propria università, e nella città di Budapest ci sono tante sinagoghe che funzionano e che rappresentano forme di dialogo preziose. A Budapest sono presenti anche diverse Chiese Ortodosse antiche e le Chiese pre-calcedoniane. La città è sede di un vescovo della Chiesa ortodossa copta, e ci sono anche gli Apostolici Armeni. Budapest è anche territorio di almeno cinque patriarcati ortodossi: Costantinopoli, Mosca, Bucarest, Belgrado e Sofia.
Come si sviluppa il dialogo con queste confessioni?
Come abbiamo imparato molto bene durante gli anni del nostro servizio presso il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, il nostro compito a livello ecumenico non è mercanteggiare sui principi dogmatici ma piuttosto la ricerca di posizioni comuni e di azioni comuni a livello sociale e morale, ci sono questioni che incontrano grande consenso. Questi temi sono: la dignità della vita umana, l’apprezzamento della famiglia, la giustizia sociale, la difesa dei più deboli e anche direi il rapporto tra religione e vita pubblica, l’autonomia o indipendenza della sovranità della Chiesa: anche qui ci sono punti di conformità o di consenso.
Quale è il messaggio che spera Papa Francesco porterà al popolo ungherese?
Il Santo Padre ha deciso di venire in Ungheria dopo il suo viaggio a Budapest e in Slovacchia. Già sulla via di ritorno per Roma ha detto che ha intenzione di ritornare in Ungheria. Voleva fare una visita pastorale, voleva incontrare il popolo e la Chiesa ungherese, una grande manifestazione di attenzione e di simpatia verso di noi, per cui ci sentiamo molto onorati per la visita. Secondo noi la visita del Papa potrà rinforzare la nostra fede e darci molta speranza. Quando il Papa appare in una visita apostolica, i fedeli sentono Gesù Cristo stesso nella sua persona. Perché è vero che noi incontriamo Cristo nei sacramenti, nei poveri ma in modo speciale nel vicario di Cristo, e il mondo ha bisogno di speranza, di futuro. Il motto di questa visita è: “Cristo è il nostro futuro”. Il Papa rappresenta questa speranza.
Dire che “Cristo è il nostro futuro” è anche un grande omaggio a Giovanni Paolo II, che venti anni fa nell’esortazione Ecclesia in Europa diceva che “Cristo è la speranza dell’Europa” …
San Giovanni Paolo II era un grande europeo, parlava molto di Europa. Per esempio, quando parlava di oriente e occidente parlava come europeo. Questi concetti hanno senso solo in contesto europeo e mediterraneo, perché sin dall’antichità cristiana c’è forma orientale e occidentale del cristianesimo. Giovanni Paolo II parlava anche degli edifici di culto sulle Chiese, perché i monumenti sono anche mezzi potenti di evangelizzazione. I campanili rappresentano un segno verso l’Alto. Ti invitano a guardare verso il cielo, a vedere che tutta la nostra comunità, tutta la nostra vita è inserita nel progetto di Dio. Non siamo soltanto prodotti di un caso, ma di un grande progetto saggio e benevolo, pieno di carità verso di noi e questo può essere manifestato.
C’è qualcosa di rivoluzionario nel dire che “Cristo è il nostro futuro” in un mondo sempre più secolarizzato.
Cristo è sempre stato rivoluzionario anche nei suoi tempi. La fede è sempre un atteggiamento rivoluzionario. Bisogna capire e apprezzare l’esperienza dei cristiani del Centro-Est europeo, delle generazioni che hanno attraversato tutta l’epoca comunista. Naturalmente essere credenti è sempre stata una decisione non conformista. Noi siamo per natura non conformisti, siamo figli di non conformisti. Abbiamo vissuto il momento in cui tutti i mass media dicevano che la religione era superata, e la scienza diceva che era provato che la religione non potesse essere vera.
Durante questa visita, Papa Francesco ha incluso un incontro con il mondo della cultura, all’Università Cattolica Pázmány Péter. Quale è l’importanza di questa visita?
Una delle sfide più grandi della Chiesa cattolica in Ungheria è la gioventù. Negli ultimi decenni abbiamo visto la restituzione di non poche scuole che prima erano cattoliche, e poi abbiamo potuto assumere la gestione di altre scuole su richiesta della maggioranza dei genitori. Per questo, tra il 15 e il 17 per cento delle scuole del Paese è in gestione cattolica. Gli insegnanti tuttavia sono laici cattolici e laici magari non cattolici, ma animati degli stessi valori.
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Che peso ha l’università Cattolica?
L’Università Cattolica è nata da noi per la necessità di rompere il muro tra fede e scienze. Si tratta di un muro artificiale, ma presente. Nel mondo della scienza quelli che erano religiosi non potevano entrare, e questo ha avuto luogo durante tutto il periodo comunista. Persino nella nostra costituzione era stato scritto che la forza guida della società è il partito marxista leninista della classe operaia. Per questo, chi non era marxista-leninista aveva meno accesso. Era dunque necessario riprendere il dialogo tra fede e cultura, e fede e scienza, e per questo bisognava creare qualche istituzione. Proprio trenta anni fa abbiamo fondato università cattolica. Essa ha ricevuto, poi, l’atto di fondazione anche da parte della Santa Sede.
Ma quanto è importante la visita del Papa?
Il Papa andrà nella Facoltà di Informatica e Bionica, ed è una scelta importante per noi. La fede cristiana è una visione del mondo, e la visione del mondo presuppone una immagine sul mondo, sull’universo, sulla totalità della realtà in cui viviamo, e le scienze naturali possono dare un grande aiuto perché la cultura cattolica sia in viva relazione con il sapere generale dell’umanità, quindi il compito è grande. Aspettiamo dal Papa un incoraggiamento, in un incontro in cui sono invitati anche i rappresentanti della vita scientifica come il presidente attuale e i presidenti passati dell’Accademia delle Scienze di Ungheria.