Di che tipo di lavoro si tratta?
Fondamentalmente, la mia attività professionale copre tre aree principali: fare un elenco del materiale ungherese negli archivi della Santa Sede e, su questa base digitalizzare; assistere i ricercatori ungheresi nel loro lavoro negli archivi della Santa Sede (ad esempio, se vengono a Roma per la prima volta per fare una ricerca e non sanno quali preparativi sono necessari); e, infine, il mio compito più importante: quello di costruire e rafforzare le relazioni tra le istituzioni (archivi, biblioteche, università, comitati storici, etc.) che conservano le fonti primarie della Santa Sede e quelle che si occupano di esse o dello studio della storia, e le loro controparti ungheresi, e di mantenere un dialogo professionale con loro. Ciò può essere fatto coordinando progetti, organizzando conferenze congiunte, tavole rotonde, pubblicando e presentando volumi, ecc.
Che compito ha nel suo ruolo presso l’ambasciata?
Fornisco un contributo professionale ai programmi storici e archivistici dell'Ambasciata, oppure coordino il lavoro professionale con diversi partner. È un po' come fosse un microistituto individuale all'interno dell'Ambasciata d'Ungheria nella Santa Sede, che lavora su un piano di lavoro e bilancio indipendente. Tuttavia, faccio tutto questo come diplomatico dell'Ambasciata d'Ungheria presso la Santa Sede, e sono in unità con essa. Questo si riflette, ad esempio, nel fatto che assisto anche, se necessario, nel lavoro specificamente legato agli affari esteri. Inoltre, c'è un altro aspetto: l'Ambasciata può anche sostenermi efficacemente nel raggiungimento degli obiettivi professionali. Si tratta quindi di una collaborazione reciprocamente vantaggiosa. Con il mio arrivo, ho anche arricchito il portafoglio dell'Ambasciata d'Ungheria presso la Santa Sede, poiché in futuro saranno organizzati più eventi professionali nel campo della storia e degli archivi.
A cosa serviranno questi eventi?
Questi eventi non solo contribuiranno a creare contatti e cooperazione, ma faranno anche conoscere meglio la storia della Chiesa ungherese e la ricerca negli archivi della Santa Sede qui a Roma. Invece di ricerche sporadiche, la mia missione segna l'inizio di relazioni istituzionali con gli archivi, le istituzioni storiche e le università della Santa Sede.
Su cosa si stanno concentrando ora le sue ricerche?
Oltre ad accettare inviti a presentare relazioni a conferenze e a scrivere articoli, non mi sto concentrando sulla mia ricerca personale, ma sulla rappresentanza degli interessi dei ricercatori ungheresi e sulla compilazione di un elenco per i ricercatori ungheresi per aiutarli ad iniziare la ricerca quando vengono a Roma. Ho iniziato a compilare l'elenco dei documenti ungheresi del XX secolo, poiché i documenti di Pio XII aperti più recente (e quelli di Pio XI aperti nel 2006) sono di interesse pubblico in Ungheria.
Invece le sue ricerche personali?
Le mie ricerche proprie/personali finora si sono concentrate soprattutto sulle relazioni tra l’Ungheria e la Santa Sede nell’età moderna e contemporanea, principalmente nel XX secolo. Mi sono occupata anche di storia della diplomazia, di economia ecclesiastica, di diritto di patronato regio, di storia delle diocesi ungheresi, dei francescani e dei premostratensi - sui primi ho pubblicato un saggio in italiano. Ho anche svolto ricerche sui padri conciliari ungheresi che parteciparono al Concilio Vaticano II.
Lei è stata coordinatore del progetto “Archivi dei padri del Concilio Vaticano II” e ha lavorato molto sulla presenza ungherese al Concilio. Quanto è stata importante la presenza ungherese durante il Concilio, considerando che era anche il tempo della dominazione sovietica?
La partecipazione dei padri conciliari dal Blocco Orientale al Concilio Vaticano II è stato un risultato significativo della diplomazia papale. Un totale di 12 vescovi provenienti da 10 diocesi ungheresi ha potuto partecipare alle quattro sessioni. Solo due nella prima, cinque nella seconda, dieci nella terza e nove nella quarta. Rispetto a un totale di più di 2.500 padri conciliari provenienti da tutto il mondo, questo può sembrare un numero esiguo, ma essi hanno partecipato attivamente con 13 interventi e 6 discorsi. Il loro impatto è dimostrato dal fatto che nel febbraio 1964 le osservazioni scritte di Endre Hamvas, presidente dell’Episcopato Ungherese, sul ruolo delle conferenze episcopali sono state riconosciute dall’Episcopato francese; o, ad esempio, che alcuni elementi delle proposte del vescovo di Szombathely, Sándor Kovács sono apparsi in Lumen Gentium.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Quale è in particolare il contributo dei padri conciliari ungheresi?
I padri conciliari hanno spesso firmato le proposte che essi stessi concordavano. Ad esempio, le osservazioni del vescovo ausiliare di Győr, József Bánk, sullo schema relativo alla formazione del clero sono stati sottoscritti da 33 padri conciliari, di cui 29 erano stranieri (soprattutto brasiliani). Oppure, ad esempio, il parere del vescovo titolare di Olbia Arcangelo Cerqua sull'attività missionaria della Chiesa era firmato da due vescovi ungheresi che non avevano studi redatti indipendenti (oppure: osservazioni mandati alla Segreteria Generale): il vescovo di Hajdúdorog e il vescovo ausiliare di Szombathely. È interessante notare che ho scoperto nell’Archivio del Concilio Vaticano II (si trova nell’AAV) che Endre Hamvas, il presidente dell’Episcopato ungherese, nella sua sintesi della presentazione sull'ecumenismo (inoltrata in iscritto con il testo delle sue osservazioni alla Segreteria Generale), aveva osservato che a causa del pericolo comune dell'ateismo e del materialismo i protestanti e i cattolici si stessero avvicinando. Nel suo discorso del 21 novembre 1963, questo non avrebbe potuto essere affermato così apertamente, ma lo ha scritto nella sua sintesi.
Quale è stata, dunque, la “lezione del Concilio” per i padri conciliari ungheresi?
Nel complesso, il lavoro del Concilio si è basato sul pensiero comune e sul dialogo, e credo che i padri conciliari ungheresi abbiano trovato il loro posto in questo. Inoltre, sono molto interessanti le riflessioni dell'esperto conciliare Sándor Károly Klempa O.Praem. (a quel tempo amministratore apostolico della diocesi di Veszprém) nel suo ricordo della terza sessione, che doveva essere particolarmente importante per il cattolicesimo ungherese, che viveva in una situazione di opportunità limitate a causa del comunismo, e che era chiuso alle esperienze e ai prodotti spirituali occidentali o aveva un accesso limitato ad essi: "Per un arciprete, la prima lezione utile del concilio è stata quella di imparare a pensare in termini ecclesiastici in una prospettiva mondiale".
Quale è la storia dei rapporti diplomatici tra Ungheria e Santa Sede?