Città del Vaticano , giovedì, 6. aprile, 2023 10:19 (ACI Stampa).
"Senza lo Spirito del Signore non c’è vita cristiana e, senza la sua unzione, non c’è santità. Egli è il protagonista ed è bello oggi, nel giorno nativo del sacerdozio, riconoscere che c’è Lui all’origine del nostro ministero, della vita e della vitalità di ogni Pastore". Lo ha detto il Papa, stamane, nell'omelia pronunciata in occasione della Messa del Crisma nella Basilica Vaticana.
Senza lo Spirito - ha rilevato - "neppure la Chiesa sarebbe la Sposa vivente di Cristo, ma al più un’organizzazione religiosa; non il Corpo di Cristo, ma un tempio costruito da mani d’uomo. Non possiamo lasciarlo fuori casa o parcheggiarlo in qualche zona devozionale".
Il Papa si sofferma sul tema della unzione. "Il Signore non ci ha solo scelti e chiamati: ha riversato in noi l’unzione del suo Spirito, lo stesso che è disceso sugli Apostoli. Gesù li scelse e sulla sua chiamata lasciarono le barche, le reti, la casa. L’unzione della Parola cambiò la loro vita, finchè arrivò la Pasqua. Lì tutto sembrò fermarsi: giunsero a rinnegare e abbandonare il Maestro. Fecero i conti con la loro inadeguatezza e compresero di non averlo capito: forse si aspettavano una vita di successi dietro a un Messia trascinatore di folle e operatore di prodigi, ma non riconoscevano lo scandalo della croce, che sbriciolò le loro certezze. Gesù sapeva che da soli non ce l’avrebbero fatta e per questo promise loro il Paraclito".
E quella di Pentecoste è la "seconda unzione. Fu quell’unzione di fuoco a estinguere la loro religiosità centrata su sé stessi e sulle proprie capacità: accolto lo Spirito, evaporano le paure e i tentennamenti. Un simile itinerario abbraccia la nostra vita sacerdotale e apostolica. Anche per noi c’è stata una prima unzione, cominciata con una chiamata d’amore che ci ha rapito il cuore. Poi giunge per ciascuno la tappa pasquale, che segna il momento della verità. Ed è un momento di crisi, che ha varie forme. A tutti, prima o poi, succede di sperimentare delusioni, fatiche e debolezze, con l’ideale che sembra usurarsi fra le esigenze del reale, mentre subentra una certa abitudinarietà e alcune prove, prima difficili da immaginare, fanno apparire la fedeltà più scomoda rispetto a un tempo. Questa tappa rappresenta un crinale decisivo per chi ha ricevuto l’unzione. Si può uscirne male, planando verso una certa mediocrità, trascinandosi stanchi in una normalità dove si insinuano tre tentazioni pericolose: quella del compromesso, per cui ci si accontenta di ciò che si può fare; quella dei surrogati, per cui si tenta di ricaricarsi con altro rispetto alla nostra unzione; quella dello scoraggiamento, per cui, scontenti, si va avanti per inerzia, quando si scivola sul clericalismo...".
Si tratta di una crisi - ha osservato il Pontefice - che "può diventare anche la svolta del sacerdozio. Con l’aiuto dello Spirito Santo: è il tempo, per noi come per gli Apostoli, di una seconda unzione, dove accogliere lo Spirito non sull’entusiasmo dei nostri sogni, ma sulla fragilità della nostra realtà. È un’unzione che fa verità nel profondo, che permette allo Spirito di ungerci le debolezze, le fatiche, le povertà interiori. Allora l’unzione profuma nuovamente: di Lui, non di noi. La via per questo è ammettere la verità della propria debolezza. A questo ci esorta lo Spirito della verità".