Liegi , giovedì, 30. marzo, 2023 9:00 (ACI Stampa).
La crisi delle vocazioni mette a rischio la produzione della Birra Trappista, la più famosa delle birre di abbazie. Perché la birra si può definire “Autentico Prodotto Trappista” solo se questa viene prodotta all’interno di una abbazia, sotto la supervisione di monaci (o, in caso manchino, di suore), e i profitti vanno destinati al mantenimento della comunità religiosa, dell’Ordine dei Monaci Trapppisti o di associazioni di beneficenza.
Visto che sono sempre meno i giovani disposti ad abbracciare l’ideale di vita trappista, ecco che viene messa e rischio la produzione di una bevanda che viene prodotta da oltre due secoli nelle Fiandre, e che è esportata anche in Olanda, Gran Bretagna, Francia, Italia.
Il binomio birra ed abbazia è un binomio di successo, ed ha una tradizione secolare. La produzione di birra era anche un modo di creare una bevanda che fosse più salubre dell’acqua, spesso non potabile e che dunque andava trattata.
I monaci producevano birra per trovare una alternativa al pane in Quaresima - è il caso della Paulaner, birra ricca di carboidrati e sostanze nutritive che prodotta dai monaci di San Francesco di Paola. Gli agostiniani impiantarono la più antica fabbrica di Birra di Monaco di Baviera, nel 1328, e la loro birra fu codificata secondo il Reinhetsgebot, il cosiddetto “Editto della Purezza”, voluto dal duca Albreht von Bayern nel 1487. Secondo l’editto, la birra doveva essere composta solo di luppolo, acqua e malto d’orzo, cui in seguito furono aggiunti malto di frumento e lievito.
Le birre trappiste, tuttavia, sono – secondo l’Associazione Internazionale Trappista – “diverse dalle birre di abbazia”. Tra tutte le birre del mondo, solo 12 infatti possono fregiarsi della denominazione "trappista" : le belghe Achel, Chimay, La Trappe, Orval, Rochefort, Westvleteren, Westmalle, Mont des Cats, Engelszell, Zundert (Olanda), Spencer (Usa) e Tre Fontane (Italia).