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Bartolomeo a Vilnius, Grušas: “L’unità dei cristiani fondamentale per l’unità europea”

Nel corso della visita del patriarca Bartolomeo a Vilnius, scambio di discorsi in un evento del Partito Popolare Europeo che ha visto anche la presenza del primo ministro lituano

Grusas, Bartolomeo | Due momenti dell'incontro cui hanno partecipato l'arcivescovo Grusas e Bartolomeo I, Vilnius 22 marzo 2023 | CCEE Grusas, Bartolomeo | Due momenti dell'incontro cui hanno partecipato l'arcivescovo Grusas e Bartolomeo I, Vilnius 22 marzo 2023 | CCEE

“Se i cristiani fossero uniti, non ci potrebbero essere proclami della guerra giusta, ma solo di giustizia della pace”. L’arcivescovo di Vilnius Gintaras Grušas, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa, lo rimarca in un incontro con il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli nella capitale lituana. Un dibattito organizzato dal gruppo per il Dialogo Interreligioso e Interculturale del Partito Popolare Europeo, che si è tenuto in concomitanza con la visita dal Patriarca di Costantinopoli a Vilnius.

L’intervento di Grušas si inserisce nei due interventi speciali previsti dall’incontro, insieme a quello del Patriarca Bartolomeo.

Nel suo intervento, il presidente del CCEE nota che la guerra in Europa nata con l’aggressione su larga scala della Russia nei confronti dell’Ucraina crea “una situazione completamente nuova”, perché “come cristiani, sappiamo che la pace non è solo l’assenza di guerra, ma richiede rispetto e comunione vissuta con tutti i nostri vicini”, e questo “si ottiene unicamente atttraverso il perdono e la riconciliazione, e con la consapevolezza che solo l’amore crea la vera pace”.

Tuttavia, aggiunge, “le atrocità di cui siamo testimoni ci mettono alla prova ogni giorno”, a partire dagli otto milioni di sfollati ucraini fino ai bambini strappati alle proprie famiglie, a quelli rimasti orfani, a quelli uccisi.

L’arcivescovo di Vilnius ha notato che ci si trova di fronte “a un nuovo tipo di guerra”, definite “guerra ibrida”, non condotta solo con le tradizionali armi, ma che si combina alla guerra di informazione, alla guerra economica e persino ad atti di terrorismo.

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Questa però, dice Grušas, non è, né potrebbe mai essere una guerra di religione, e per questo destano preoccupazioni le dichiarazioni bellicose del Patriarca Kirill, che tra l’altro sono in contrasto con dichiarazioni di Chiese legate a Mosca e che mostrano come la guerra in corso crei anche una ferita ecumenica.

L’arcivescovo ricorda che Papa Francesco ha sottolineato che usare Dio per giustificare una guerra è “profanare il suo nome”, e mette in luce le consonanze tra il compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Ortodossa “Per la vita del mondo” e la Dottrina Sociale Cattolica.

Posizioni simili, con la prima che non include una sistematizzazione dell’idea di guerra giusta prevista da quella cattolica, e che dunque apre la strada anche ad una dottrina sociale integrata, “dando così una struttura ancora più compiuta a questa unità pratica che stiamo sperimentando nel corso di questa guerra”.

Una unità pratica, aggiunge, vista nell’ecumenismo della carità sperimentata in Ucraina grazie al lavoro del Consiglio Pan-ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose.

L’arcivescovo Grušas sottolinea: “Sono segni da leggere. Oggi più che mai, l’unità dei cristiani è un obiettivo fondamentale per poter garantire una vera unità degli europei. L’unità dei cristiani, infatti, potrebbe permettere di superare, con il perdono, le ferite della storia che sono sempre presenti nelle nostre martoriate terre, e specialmente in quelle, come l’Ucraina, che storicamente sono state terre che hanno fatto da ponte tra Oriente e Occidente”.

E conclude: “Se i cristiani fossero uniti, non ci potrebbero essere proclami di guerra giusta, ma ci sarebbe solo la giustizia della pace. Se i cristiani fossero uniti, l’Europa stessa sarebbe più coesa, radicata in quei valori cristiani che il mondo vuole negare, ma che sono ben presenti e vivi in ogni nazione europea”.

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L’appello è quello a superare ogni narrativa di guerra, perché “i nostri sforzi ecumenici, la nostra comprensione reciproca, i nostri interrogativi su come essere cristiani in tempo di guerra, e di guerra moderna, non hanno senso se non partiamo dalla fonte principale cui ci abbeveriamo tutti, che è la nostra comune fede in Gesù Cristo”.

E conclude: “”Se c’è una prospettiva che devono prendere le confessioni cristiane in tempo di guerra è proprio quella di rimettere Cristo al centro della loro predicazione. In Gesù comprendiamo la dignità profonda dell’essere umano, e con Gesù nessuna guerra potrà mai essere la soluzione – ciò di cui abbiamo bisogno è la conversione dei cuori e la riconciliazione. Perché questo avvenga, dobbiamo continuare a pregare, a pregare e a lavorare per il miracolo della pace”.