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Parolin a Tolentino per la festa dei "panini benedetti" senza pazienza non c’è diplomazia

Il cardinale e i concelebranti  |  | Aci Stampa
Il cardinale e i concelebranti | Aci Stampa
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Domenica 19 marzo nella basilica di san Nicola da Tolentino si è conclusa la festa dei ‘panini benedetti’ con una concelebrazione eucaristica presieduta dal segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, che nell’omelia al vangelo del ‘cieco nato’ ha sottolineato che Dio salva attraverso la fede di colui che cerca la guarigione, come avvenne a san Nicola, che pregando intensamente ottenne la grazia della guarigione per intervento della Vergine Maria, che, apparsa in visione, gli aveva assicurato: ‘Chiedi in carità, in nome di mio Figlio, un pane. Quando lo avrai ricevuto, tu lo mangerai dopo averlo intinto nell’acqua, e grazie alla mia intercessione riacquisterai la salute’.

Il santo non esitò a mangiare il pane ricevuto in carità da una donna di Tolentino, riacquistando così la salute. Da quel giorno san Nicola prese a distribuire il pane benedetto ai malati che visitava, esortandoli a confidare nella protezione della Vergine Maria per ottenere la guarigione dalla malattia e la liberazione dal peccato. E la liberazione dal peccato ha anche conseguenze positive sui rapporti tra i cittadini nella città.

Partendo da questa analogia, al termine della celebrazione eucaristica abbiamo incontrato il card. Pietro Parolin, chiedendo di spiegarci come si applica la diplomazia della misericordia di papa Francesco: “La diplomazia della misericordia dovrebbe applicarsi con più efficacia, perché è l’unica che può dare una risposta ai grandi problemi del mondo odierno. Come dicevo qualche settimana fa, la diplomazia della misericordia è quella che invita a non disperare mai di nessuno: occorre pensare che ogni uomo, ogni popolo può cambiare in meglio; quindi bisogna dare una riserva di fiducia, una riserva di confidenza, per cui davvero si suscitano le forze migliori nelle persone e si aiuta a cambiare la nostra realtà”.

Quindi la diplomazia è arte della pazienza, come affermava il card. Casaroli?

“Certo!  Senza pazienza non c’è diplomazia, perché essa è l’arte dei piccoli sforzi, che magari non danno risultati immediati; per questo è necessaria tanta pazienza, perché non arrivano subito i risultati. Allora bisogna non scoraggiarsi e continuare a mettere piccoli segni che poi un domani daranno frutto”.

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In cosa distingue la diplomazia vaticana?

“La diplomazia della Santa Sede non è legata a uno Stato ma a una realtà di diritto internazionale, la Santa Sede, che non ha interessi politici, economici, militari…, ma si pone al servizio del vescovo di Roma, che è il pastore della Chiesa universale. Ha quindi una chiara funzione ecclesiale, in quanto è uno degli strumenti di comunione tra il papa e i vescovi e coopera a garantire la libertà delle Chiese locali rispetto alle autorità civili. Si caratterizza, inoltre, per l’impegno a tutelare la dignità e i diritti fondamentali di ogni essere umano, a difendere i più deboli e gli ultimi della terra, a operare in favore della vita, in ogni sua fase, a promuovere la riconciliazione e la pace, attraverso il dialogo, la prevenzione e la soluzione dei conflitti, a sostenere lo sviluppo integrale, a diffondere la fraternità universale. Crede nell’importanza delle organizzazioni internazionali, in primis dell’Onu, e insiste sull’idea e sul metodo del multilateralismo”.

In quale modo la Chiesa può essere operatrice di pace?

“La Chiesa è operatrice di pace con il messaggio del Vangelo. Il tema della pace percorre il Vangelo dall’inizio alla fine: quando Gesù è nato gli angeli hanno proclamato ‘Pace in terra agli uomini di buona volontà’, fino all’Ultima Cena nel cenacolo: ‘Vi do la mia pace’. La Chiesa è la custode e la testimone della pace di Gesù”.

Quanto è importante per la pace il Trattato sulla fratellanza umana?

“Il Trattato sulla fratellanza umana è importante, perché è la strada concreta attraverso la quale si costruisce la pace. Essa si costruisce quando siamo consapevoli di essere una sola famiglia, che ha Dio per Padre, e dove siamo tutti fratelli; quindi ci trattiamo come tali e siamo capaci di accettarci , di comprenderci e di collaborare insieme”.

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Perché il papa invia costantemente messaggi all’Europa per un impegno di pace?

“L’Europa ha un ruolo fondamentale nella pace e per 70 anni abbiamo sperimentato la pace dopo le devastazioni delle due guerre mondiali del secolo scorso. L’Europa ha anche una storia di pace, oltre ad una storia di guerre. Quindi deve porsi come un segno di pace nel mondo; per questo papa Francesco stimola le energie migliori dell’Europa, perché si faccia interprete di questi valori”.