Gyumri , martedì, 14. marzo, 2023 18:00 (ACI Stampa).
Le recenti manifestazioni di protesta di fronte a una base militare russa a Gyumri, in Armenia, sono un segnale che si sta avvicinando un’altra fase di conflitto aperto nel Nagorno-Karabakh, conteso da Erevan e Baku. Il rischio è una ‘terza guerra’ dopo quella degli anni 1992-1994 e quella dei 44 giorni del 2020, come sostengono molti osservatori, armeni e azeri, e quelli neutrali.
A Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica di Armenia ed autore del libro ‘I disobbedienti. Viaggio tra i giusti ottomani del genocidio armeno’, abbiamo chiesto di spiegarci la situazione del conflitto tra Armenia e Azerbaijan: “Dopo l’attacco dell’Azerbaigian contro l’autoproclamata Repubblica dell’Arzakh (o Nagorno Karabagh) del 2020 fu trovato un accordo che contempla la ridefinizione dei confini fra i due contendenti e fra l’Armenia e l’Azerbaigian. Le forze azere hanno dato il via al conflitto, supportate dalla Turchia e da elementi della Jihad islamica presenti sul campo. La resistenza armena è stata piegata.
Dal dicembre del 2022 l’enclave armena cristiana dell’Arzakh nel territorio dell’Azerbaigian islamico subisce il blocco dei rifornimenti. Le truppe di interposizione russe, i ‘peacekeeper’ presenti sui confini a garanzia degli accordi del cessate il fuoco, dovrebbero permettere il passaggio dei beni di prima necessità fra l’Arzakh e l’Armenia, attraverso il corridoio di Lachin. Alcuni cittadini azeri hanno bloccato l’entrata e l’uscita dalla ‘porta’ di Lachin, unica via di approvvigionamento e di comunicazione con il mondo per gli abitanti dell’Arzakh. I peacekeeper russi non hanno allontanato i manifestanti azeri che bloccano il passaggio e gli armeni dell’Arzakh si trovano in una situazione paragonabile a quella del ghetto di Varsavia: carenza di cibo e di medicinali, mancanza di comunicazioni Internet, ospedali non riforniti, mancanza di elettricità. Hanno tre possibilità: emigrare e svuotare il territorio abitato da armeni da circa 3000 anni e ciò equivarrebbe ad una vera e propria ‘ethnic cleansing’, una pulizia etnica; oppure imbracciare le armi e combattere fino ad essere completamente annientati; o, infine, divenire sudditi dell’Azerbaigian islamico con conseguenze facilmente immaginabili, vista l’armeno-fobia coltivata tra gli azeri”.
Perché Papa Francesco ha chiesto l’apertura del ‘corridoio’ di Lachin?
“Sono state prospettive tragiche per cui papa Francesco, così come il Parlamento Europeo, gli Stati Uniti e altre nazioni hanno chiesto la riapertura del corridoio di Lachin”.