Carpi , domenica, 12. marzo, 2023 10:00 (ACI Stampa).
Nei Vangeli sono raccontati tanti incontri di Gesù con persone molto diverse tra di loro. Anche la nostra presenza alla celebrazione domenicale è motivata dal desiderio di incontrare il Signore. Egli sa che noi abbiamo bisogno di Lui e per questo ci parla nella sua Parola e nel sacramento dell’Eucarestia si avvicina a ciascuno di noi perchè non vuole lasciarci soli “sulle strade a volte dissestate della vita”. Ci offre, così, la possibilità di confidarGli le ansie, le sofferenze, gli interrogativi che abitano e agitano il nostro cuore.
L’episodio della donna samaritana ci permette di riconoscere che il Signore non solo si affianca al nostro cammino, ma è anche in grado di rispondere al bisogno di bene, di felicità, di amore e di giustizia presente nel cuore di ogni persona; di sanare le ferite e lenire le sofferenze provocate dalla durezza della vita. Forse anche noi, come la samaritana, facciamo fatica a comprendere come Gesù possa offrire tutto questo, tuttavia non possiamo negare che quando ascoltiamo le sue parole queste sono capaci di toccare il cuore, di infondere speranza, di donare pace interiore. Abbiamo la percezione che sono parole diverse, vere, che corrispondono al bisogno della vita. Perchè? Gesù, ad un certo momento del dialogo con la samaritana lascia perdere i discorsi e attira l’attenzione su di sé: “Sono io che parlo con te”, che equivale a dire “ciò che tu cerchi, sono io!”.
La donna è invitata a riconoscere in quell’uomo che le sta davanti la presenza di Dio e ad accoglierLo nella sua vita per avere luce sul mistero dell’esistenza umana. Davanti a questo mistero sono possibili due letture. C’è lo sguardo privo della fede che considera la vita una passione inutile, ma c’è anche lo sguardo della fede che ci porta a scoprire l’amore di Dio per noi qui in terra e dopo la nostra morte. Cristo, infatti, è il Figlio di Dio che si è messo alla pari con noi per incontrarci nella precarietà e nella debolezza della nostra condizione umana ferita dal peccato e offrirci il dono della salvezza. E’ Lui l’acqua viva che disseta, il Pane che sfama, l’Amore che dà pienezza. Senza Cristo l’uomo è abbandonato a se stesso e vive una solitudine esistenziale che può diventare insopportabile perchè non è in grado di sapere chi è, da dove viene e dove sta andando.
Apriamo la nostra vita all’amore di Gesù, il quale quando viene accolto è come una brezza che accarezza il nostro viso e dona refrigerio, conforto e consolazione. Con l’amicizia di Gesù tutto è possibile; tutto si riveste di una straordinaria luce di senso e di bellezza; con lui tutto, anche la porta oscura della morte può essere affrontata con fiducia perché essa, come credeva Papa Benedetto non è “per una fine, ma per un Incontro”. Sì, cari fratelli e sorelle se il Signore Gesù diviene il nostro amore noi abbiamo la certezza di essere incamminati non verso il nulla, ma verso l’incontro con Lui e con tutti coloro che ci hanno preceduto nel suo regno. L’Eucarestia è un anticipo di questo incontro risolutivo della vita perchè il Signore si rende realmente e veramente presente tra noi. Addirittura si fa nostro cibo per comunicarci la sua vita divina. Non si tratta solo di belle parole! E’ un esperienza possibile a tutti. L’unica condizione che il Signore ci pone è quella di permettergli di lasciarci attirare al suo Cuore, che arde d’amore per noi.
Ha scritto Gòmez Dàvila (scrittore e filosofo colombiano, morto nel 1994): Il cristianesimo non insegna che i problemi umani abbiano una soluzione, ma che l’invocazione viene esaudita. Viene esaudita perchè Cristo ci fa fatto una promessa: “Vado a preparavi un posto”. Egli con la sua resurrezione e ascensione è entrato nella gloria del Padre, non per abbandonare l’umanità al suo tragico destino, ma per diventare contemporaneo ad ogni uomo e così accompagnare, sostenere, confortare il cammino dei suoi discepoli. Fino a quando entreremo finalmente alla presenza di Dio, lo guarderemo e ci delizieremo del suo sguardo pieno d’amore, in comunione con tutti i santi e gli angeli, e allora sarà gioia piena e definitiva (cfr Gv 15.11).