Lo scorso 24 febbraio, Manuel Santos, ex presidente colombiano e Premio Nobel per la Pace, ha fatto visita a Papa Francesco insieme a sua moglie Maria Clemencia Rodriguez.
Santos era stato invitato dal Papa stesso, e ha spiegato al Papa come procede il processo di pace in Colombia, discutendo anche la situazione in Ucraina e i conflitti nel mondo.
L’ex presidente ha anche ringraziato Papa Francesco per la visita che questi ha fatto in Colombia nel 2017 e il suo appoggio per superare il conflitto nel Paese – il Papa inviò anche il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, alla firma dell’accordo di pace. E, tra i doni di Santos al Papa, c’è stato proprio il “baligrafo” con il quale venne firmato l’Accordo di Pace con le FARC.
FOCUS MULTILATERALE
Santa Sede a Ginevra, la questione dei diritti umani
Lo scorso 3 marzo, si è tenuta una riunione generale alle 52esima sessione del Consiglio dei Dirittti Umani di Ginevra. È intervenuto per la Santa Sede l’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali a Ginevra.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Nwachukwu ha ricordato che ci troviamo in quella che Papa Francesco ha definito “terza guerra mondiale a pezzi”, e che tutti “siamo chiamati ad essere strumenti di pace e lavorare per un rinnovato senso della responsabilità e della solidarietà”, nonché sviluppare “un clima di mutua cooperazione e fiducia alla base di una pace a lungo termine”.
In particolare, il nunzio ricorda la crescita del conflitto in Ucraina dell’ultimo anno, il cui bilancio di morti “non è limitato a quelli che soffrono e perdono tragicamente le vite in battaglia o come conseguenze degli attacchi alle infrasrtutture civili”, ma anche a quanti sono colpiti dalle ripercussioni della guerra nei settori dell’energia e della produzione di cibo”.
Ma la Santa Sede chiede di non dimenticare “tutti gli altri teatri di tensione”, specialmente “in quelle terre dove ci sono protratte situazioni di instabilità”, tanto che si arriva a chiedersi se si è fatto tutto il possibile per fermare queste guerre.
La Santa Sede mette in luce “le letali conseguenze del continuo ricorso alla produzione e all’uso di nuovi e sempre più sofisticati armamenti”, e chiede piuttosto di proseguire nel percorso verso un disarmo integrale perché “non è nel possesso di armi che le nazioni troveranno sicurezza”, ma piuttosto in un rinnovato senso di “mutua fiducia e cooperazione”.
Nonostante, ha detto l’arcivescovo Nwachukwu, sia paradossale parlare di disarmo quando non avere armi significa non fare ciò che è inevitabile, allo stesso tempo il ritorno della minaccia nucleare è “di grande preoccupazione”.
La Santa Sede mette anche in luce che la guerra in Ucraina ha reso “ancora più evidente” la crisi del multilaterale, tra l’altro già evidenziatesi durante la pandemia del COVID 19.
Per questo, la Santa Sede considera riprovevole che “nel corso degli anni, gli strumenti della diplomazia e del dialogo sono stati gradualmente messi da parte e rimpiazzati dall’uso della forza” e ciò è successo anche nei fori internazionali, con “i sempre maggiori tentativi di alcuni Stati e coalizioni di imporre la loro prospettiva, marginalizzando quanti hanno punti di vista differenti”.
La Santa Sede stigmatizza la “polarizzazione del dibattito internazionale”, secondo una colonizzazione ideologica perpetuata anche attraverso “il garantire aiuto economico agli Stati che hanno bisogno di supporto solo a condizione che adottino una certa agenda”, a partire dal cosiddetto diritto all’aborto promosso da diversi “donatori governativi, anche in programmi proposti dalle agenzie ONU”.
Per la Santa Sede, quando la vita non è riconosciuta come un valore per sé, non si può comunque smettere di difendere bambini, non nati, malati, anziani e persone con disabilità. Ma il diritto alla vita è anche sotto attacco a causa della pratica della pena di morte.
Tutto, insomma, è parte di una cultura dello scarto continuamente denunciata dal Papa, e sarebbe comunque importante che gli Stati “prendano responsabilità verso i loro cittadini e proteggano la vita in ogni momento, dalla concezione alla morte naturale”.
La Santa Sede ha posto anche l’attenzione sulla difficile situazione di molti individui e comunità che soffrono di persecuzione a causa del loro credo religioso, mettendo in luce lo sviluppo di “misure repressive e abusi, anche da parte di autorità nazionali, contro minoranze religiosi in molte nazioni in tutto il mondo”, tanto che ai credenti viene “negato il diritto di esprimere e praticare la loro fede, anche quando questo non mette a rischio la sicurezza pubblica o violi il diritto di altri gruppi e individui”.
Anzi, la Santa Sede ha rimarcato l’escalation della profanazione e distruzioni di luoghi di culto, e sottolineato che la condizione dei credenti in alcune nazioni è “non meno preoccupante”. Perché lì, dietro “la facciata di tolleranza e inclusione, la persecuzione è perpetrata in maniera ancora più subdola e insidiosa”, così che “in sempre più nazioni assistiamo all’imposizione di differenti forme di censura che riducono la possibilità di esprimere la convinzione di ciascuno a livello sia pubblico e che politico con il pretesto di evitare di offendere le sensibilità dell’altro”, ma piuttosto andando a perdere molto spazio per un dialogo sano e anche il discorso pubblico”.
Più decresce questo spazio, più diventa difficile esprimersi in condizioni di libertà religiosa, ha affermatto l’arcivescovo Nwachukwu.
E infine, la Santa Sede nota che conflitti, ma anche i disastri naturali, sono “tra le prime cause dello sfollamento”, eppure il desiderio umano di una vita migliore porta “sempre più persone a lasciare la propria casa e comunità e migrare”, seguendo una scelta “non facile”, che mete anche le persone in balia dei trafficanti.
La Santa Sede chiede di non lasciare sole le nazioni ospiti” nel portare il peso dei flussi migratori”, e sottolinea l’importanza di una cooperazione multilaterale nel fornire aiuto internazionale e rispondere a situazioni di emergenza”.
FOCUS NUNZIATURE
Un nuovo nunzio in Irlanda
Lo scorso 25 febbraio, Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo argentino Luis Mariano Montemayor come nunzio apostolico in Irlanda. Era nunzio in Colombia dal 2018.
Classe 1956, entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1991, ha servito nelle nunziature di Etiopia, Brasile e Thailandia. Dal 2008 al 2015 è stato nunzio in Senegal e Capo Verde, nonché Guinea-Bissau, e delegato apostolico in Mauritania, mentre nel 2015 fu inviato come “ambasciatore del Papa” nella Repubblica Democratica del Congo.
Dal 2018 era nunzio in Colombia.