Roma , sabato, 4. marzo, 2023 12:30 (ACI Stampa).
Corone regali e santità, intreccio di cui l’origine si perde nel tempo. E se proprio si volesse dare una datazione approssimativa di quest’affascinante narrazione si potrebbe risalire ai tempi delle merlate torri del Medioevo. Nella storia della Chiesa è possibile, infatti, trovare non pochi esempi di sovrani e nobili che vengono celebrati sugli altari: sono donne e uomini che nella vita hanno preferito il Regno di Dio al regno del potere terreno.
Alcuni, devoti e osservanti nella preghiera, hanno condotto la loro esistenza in continua orazione al pari di religiosi; altri, hanno governato i popoli ispirandosi soprattutto ai princìpi evangelici piuttosto che a politici compromessi degni del Principe di Machiavelli; altri ancora, a un certo punto della loro esistenza, hanno preferito il chiostro di un convento alla vita di corte. L’intreccio è davvero assai vasto, dunque, e gli esempi che si potrebbero annoverare sono numerosi; basterebbe pensare, ad esempio, ai tanti nomi che provengono dalla Polonia o dalla Svezia, o ancora da Paesi come l’Ungheria o il Belgio, solo per nominarne alcuni.
Ma anche l’Italia ha avuto il suo ruolo, a cominciare dalla famiglia reale che potrebbe essere definita l’emblema stesso della monarchia nel nostro Belpaese: i Savoia, la real casa che ha rappresentato un importante capitolo storico italiano conclusosi poi con il referendum istituzionale del 2 giugno 1946. E se il motto della real casa era “FERT” (tra le varie interpretazioni, vi è quella della terza persona singolare del verbo latino fero che vuol dire portare) si può ben dire che casa Savoia di nobili “sull’altare” ne ha portati non pochi.
Oggi ricorre la memoria liturgica del Beato Umberto III, conte di Savoia (1136 - 1189), uomo dalla profonda spiritualità, nata e alimentata in un ambiente familiare di antica tradizione cristiana: il padre, il conte di Savoia Amedeo III, era stato pellegrino e crociato in Terra Santa; la sua educazione era stata affidata al santo vescovo di Losanna Amedeo di Hauterive, suo precettore. Una vita, quella di Umberto III, trascorsa quasi interamente sotto il segno della contraddizione; una vita sospesa sempre tra terra e Cielo: amante della pace, dovrà invece scontrarsi con frequenti ostilità e guerre; uomo devoto e pio, asceta da sfiorare la contemplazione, dovrà - per dover di stato - condurre una vita d’azione; e poi in lui, quel desiderio di entrare in monastero in contrasto con i matrimoni (ben quattro) ai quali viene chiamato-costretto - dovere alla casata lo impone - al fine di lasciare un erede alla nobile famiglia.
Ma Umberto III di Savoia è solo uno dei tanti nobili sabaudi che la Chiesa annovera fra le sante aureole. Vi è, infatti, anche suo nipote Bonifacio (1217 circa - 1270), “di stirpe regale - come recita il Martirologio romano - che si ritirò dapprima presso i Certosini e, elevato poi alla sede di Belley ed infine a quella di Canterbury, si dedicò con assiduità alla cura del suo gregge”. Undicesimo dei figli del conte Tommaso I di Savoia e di Margherita di Ginevra, Bonifacio nasce nel 1207 nel castello di Sainte-Hélène-du-Lac in Savoia; i genitori comprendono sin da subito il carattere del giovane Bonifacio, intento più alle “cose di Dio” che a quelle della terra; lo indirizzano, così, alla vita ecclesiastica fino a farlo entrare nella Grande Certosa di Grenoble. Ancora non professo, viene eletto priore per breve tempo di Nantua, comune dell’allora Francia savoiarda; nel 1232, a soli venticinque anni, i canonici della cattedrale di Belley lo scelgono come vescovo. A questa diocesi, si aggiungerà quella di Valenza, dopo la morte del fratello (anche lui vescovo) Guglielmo: diocesi che amministrerà fino al 1242. Papa Gregorio XVI, nel settembre 1838, approverà per Bonifacio il culto per l’Ordine dei Certosini e per la Diocesi di Chambéry.