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Papa Francesco: "L'università non è la scuola dell’uniformità"

Nel discorso alle Università e Istituzioni Pontificie Romane Papa Francesco ha ricordato che l'università "è la scuola dell’accordo e della consonanza tra voci e strumenti diversi"

Papa Francesco |  | CNA Papa Francesco | | CNA

Siete parte di una ricchezza cresciuta sotto la guida dello Spirito Santo nella ricerca, nel dialogo, nel discernimento dei segni dei tempi e nell’ascolto di molte diverse espressioni culturali”. Lo ha detto il Papa, questa mattina, ricevendo in udienza i Rettori, Docenti, Studenti e Personale delle Università e Istituzioni Pontificie Romane.

Citando S. Ignazio di Antiochia il Pontefice ha invitato i presenti a “fare coro! L’università, infatti, è la scuola dell’accordo e della consonanza tra voci e strumenti diversi. Non è la scuola dell’uniformità: è l’accordo e la consonanza tra voci e strumenti diversi”.

Tale armonia – ha proseguito - “chiede di essere coltivata prima di tutto in voi stessi, tra le tre intelligenze che vibrano nell’anima umana: quella della mente, quella del cuore e quella delle mani, ciascuna con il suo timbro e carattere, e tutte necessarie. Linguaggio della mente che sia unito a quello del cuore e a quello delle mani: quello che si pensa, quello che si sente, quello che si fa”.

Il Pontefice ha poi riflettuto sulla “intelligenza delle mani. È la più sensoriale, ma non per questo la meno importante. Mentre le mani prendono, la mente comprende, apprende e si lascia sorprendere. E però, perché questo avvenga, ci vogliono mani sensibili. La mente non potrà comprendere nulla se le mani sono chiuse dall’avarizia, o se sono mani bucate, che sprecano tempo, salute e talenti, o ancora se si rifiutano di dare la pace, di salutare e di stringere altre le mani. Non potrà apprendere nulla se le mani hanno dita puntate senza misericordia contro i fratelli e le sorelle che sbagliano. E non potrà sorprendersi di nulla, se le stesse mani non sanno congiungersi e levarsi al Cielo in preghiera”.

Pertanto è necessario guardare “le mani di Cristo. Le mani di Gesù toccano il pane e il vino, il corpo e il sangue, la vita stessa, e rendono grazie, prendono e ringraziano perché sentono che tutto è dono del Padre. Facciamo armonia in noi stessi, rendendo anche le nostre mani eucaristiche come quelle del Cristo e accompagnando il tatto, in ogni contatto e presa, con un’umile, gioiosa e sincera gratitudine”.

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Francesco ha poi chiesto di “fare coro anche tra le diverse componenti delle vostre comunità, e tra le varie istituzioni che rappresentate. Oggi anche a fronte del minor numero di allievi e di insegnanti questa molteplicità di poli di studio rischia di disperdere energie preziose. Così, anziché favorire la trasmissione della gioia evangelica dello studio, dell’insegnamento e della ricerca, minaccia a volte di rallentarla e affaticarla. Dobbiamo prenderne atto. Specie dopo la pandemia urge avviare un processo che porti a una sinergia effettiva, stabile e organica tra le istituzioni accademiche, per meglio onorare gli scopi specifici di ciascuna e per favorire la missione universale della Chiesa. E non andare litigando fra noi per prendere un alunno, un’ora in più. Vi invito, pertanto, a non accontentarvi di soluzioni dal fiato corto, e a non pensare a questo processo di crescita semplicemente come a un’azione di difesa, volta a fronteggiare il calo delle risorse economiche e umane. Va visto, piuttosto, come uno slancio verso il futuro, come un invito ad accogliere le sfide di un’epoca nuova della storia”.

La vostra – ha concluso Papa Francesco - è un’eredità ricchissima, che può promuovere vita nuova, ma che può anche inibirla, se diventa troppo autoreferenziale, se diventa un pezzo di museo. Se volete che abbia un futuro fecondo, la sua custodia non può limitarsi al mantenimento di quanto ricevuto: deve invece aprirsi a sviluppi coraggiosi e, se necessario, anche inediti. Essa è come un seme che, se non lo si sparge nella terra della realtà concreta, rimane solo e non porta frutto”.