Advertisement

Il Signore desidera il nostro vero bene. VI Domenica del Tempo Ordinario

Il commento al Vangelo domenicale di S. E. Mons. Francesco Cavina

Gesù con i discepoli  |  | pd Gesù con i discepoli | | pd

Nel brano di Vangelo Gesù ci dice quali sono le opere buone per le quali il discepolo deve risplendere davanti al mondo. Dio, nell’Antico Testamento, aveva fatto conoscere la sua volontà attraverso la Legge e i Profeti. Ora, attraverso Cristo noi abbiamo la possibilità di conoscere la definitiva rivelazione di Dio. Gesù non è un rivoluzionario che vuole cambiare tutto e ripartire da zero, come se il passato non esistesse, ma vuole portare a compimento, a perfezione ciò che già esiste. Per spiegare il suo modo di agire Egli si serve di alcuni casi concreti che riguardano le relazioni tra le persone, il matrimonio e il giuramento.

Alla luce di queste riflessioni, prendiamo, dunque, in esame alcune delle richieste di Cristo.

Il Signore ci dice che l’uomo vero, cioè l’uomo che vive la comunione con Lui, non si accontenta, nei suoi rapporti con gli altri, di non uccidere, ma combatte l’ira. Che cosa è l’ira? E’ quel sentimento che ci porta a nutrire risentimento, astio, rancore, odio verso il fratello. Occorre evitare non solo l’azione cattiva, ma anche la cattiveria nel cuore e le parole offensive. Gesù chiede al discepolo di comportarsi come Dio si comporta con noi, il quale non si stanca mai di cercarci e di prendere l’iniziativa della riconciliazione.

La stessa cosa vale per il matrimonio. Affrontando la questione del divorzio, Gesù cita un testo tratto dall’Antico Testamento (Deut. 24.1), che offriva la possibilità di divorziare. Ma non si ferma lì. Egli va oltre. Riporta il matrimonio all’intenzione, al progetto originario di Dio e riafferma – al di là di ogni accomodamento umano -- che la comunione di vita tra un uomo e una donna sancita dal patto coniugale è un bene inalienabile, di cui bisogna avere cura, che occorre custodire e conservare. 

Gesù, dunque, riafferma la indissolubilità del matrimonio, la quale, per chi ama, non è una catena che imprigiona, ma un modo di amare come ama Dio. Dio, infatti, “non divorzia” dagli uomini.

Advertisement

Infine, l’ammonimento di Gesù sul giuramento è un invito alla sincerità e verità. Il nostro parlare deve essere talmente vero da non aver bisogno di giuramenti.

Queste richieste di Gesù, riconosciamolo, ci sembrano assurde, impossibili da mettere in pratica, da vivere. Per superare queste difficoltà è bene ricordare, come dicevo all’inizio, che mentre Mosè parlava in nome di Dio, Gesù, invece, si attribuisce un’autorità divina e proprio per questo i suoi ascoltatori Erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi (Mc 1.22). Cristo, quindi, non è un moralista o il fondatore di una nuova etica, ma è Dio stesso il quale è venuto tra noi per offrire all’uomo l’integrità e la pienezza di vita che il peccato ha distrutto. Il Signore, poiché è all’origine della nostra vita e desidera il nostro vero bene, non soltanto ci indica come dobbiamo comportarci, ma ci offre anche tutti gli aiuti necessari per vivere relazioni vere con Dio e tra di noi e così essere veramente umani. Risanati dal male ed innalzati alla vita divina grazie al Battesimo, nutriti dal Corpo e Sangue del Signore Gesù nell’Eucarestia e rinnovati dal sacramento della Confessione Cristo viene formato in noi. Pertanto, diventiamo capaci di vivere “divinamente”. Ciò che umanamente è  impossibile diventa, dunque, possibile per Grazia.