Carpi , domenica, 12. febbraio, 2023 10:00 (ACI Stampa).
Nel brano di Vangelo Gesù ci dice quali sono le opere buone per le quali il discepolo deve risplendere davanti al mondo. Dio, nell’Antico Testamento, aveva fatto conoscere la sua volontà attraverso la Legge e i Profeti. Ora, attraverso Cristo noi abbiamo la possibilità di conoscere la definitiva rivelazione di Dio. Gesù non è un rivoluzionario che vuole cambiare tutto e ripartire da zero, come se il passato non esistesse, ma vuole portare a compimento, a perfezione ciò che già esiste. Per spiegare il suo modo di agire Egli si serve di alcuni casi concreti che riguardano le relazioni tra le persone, il matrimonio e il giuramento.
Alla luce di queste riflessioni, prendiamo, dunque, in esame alcune delle richieste di Cristo.
Il Signore ci dice che l’uomo vero, cioè l’uomo che vive la comunione con Lui, non si accontenta, nei suoi rapporti con gli altri, di non uccidere, ma combatte l’ira. Che cosa è l’ira? E’ quel sentimento che ci porta a nutrire risentimento, astio, rancore, odio verso il fratello. Occorre evitare non solo l’azione cattiva, ma anche la cattiveria nel cuore e le parole offensive. Gesù chiede al discepolo di comportarsi come Dio si comporta con noi, il quale non si stanca mai di cercarci e di prendere l’iniziativa della riconciliazione.
La stessa cosa vale per il matrimonio. Affrontando la questione del divorzio, Gesù cita un testo tratto dall’Antico Testamento (Deut. 24.1), che offriva la possibilità di divorziare. Ma non si ferma lì. Egli va oltre. Riporta il matrimonio all’intenzione, al progetto originario di Dio e riafferma – al di là di ogni accomodamento umano -- che la comunione di vita tra un uomo e una donna sancita dal patto coniugale è un bene inalienabile, di cui bisogna avere cura, che occorre custodire e conservare.
Gesù, dunque, riafferma la indissolubilità del matrimonio, la quale, per chi ama, non è una catena che imprigiona, ma un modo di amare come ama Dio. Dio, infatti, “non divorzia” dagli uomini.