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Il Papa ripercorre il suo viaggio in Congo e Sud Sudan. "Due sogni"

"Ringrazio Dio che mi ha permesso di compiere questo viaggio, da tempo desiderato. Due sogni"

Papa in Sud Sudan |  | Vatican Media / ACI Group Papa in Sud Sudan | | Vatican Media / ACI Group

Papa Francesco, come di consuetudine al ritorno di ogni viaggio apostolico, incentra la sua meditazione sui giorni trascorsi nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan.

"Ringrazio Dio che mi ha permesso di compiere questo viaggio, da tempo desiderato. Due sogni: visitare il popolo congolese, custode di un Paese immenso, polmone verde dell’Africa e secondo del mondo insieme all’Amazzonia. Terra ricca di risorse e insanguinata da una guerra che non finisce mai perché c’è sempre chi alimenta il fuoco. E visitare il popolo sud sudanese, in un pellegrinaggio di pace insieme all’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby e al Moderatore generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields", inizia subito il Papa.

Il Pontefice inizia dal Congo. "Il Congo è come un diamante, per la sua natura, per le sue risorse, soprattutto per la sua gente; ma questo diamante è diventato motivo di contesa, di violenze, e paradossalmente di impoverimento per il popolo. È una dinamica che si riscontra anche in altre regioni africane, e che vale in generale per quel continente: continente colonizzato, sfruttato, saccheggiato. Di fronte a tutto questo ho detto due parole: la prima è negativa: “basta!”, basta sfruttare l’Africa! Nell'inconscio collettivo c'è che l'Africa va sfruttata. La seconda è positiva: insieme, insieme con dignità e rispetto reciproco, insieme nel nome di Cristo, nostra speranza", commenta Papa Francesco.

Poi il Papa ricorda l'incontro toccante con le vittime della violenza nell’est del Paese, la regione che da anni è "lacerata dalla guerra tra gruppi armati manovrati da interessi economici e politici". "La gente vive nella paura e nell’insicurezza, sacrificata sull’altare di affari illeciti. Ho ascoltato le testimonianze sconvolgenti di alcune vittime, specialmente donne, che hanno deposto ai piedi della Croce armi e altri strumenti di morte. Con loro ho detto “no” alla violenza, no alla rassegnazione, “sì” alla riconciliazione e alla speranza. Hanno sofferto tanto e continuano a soffrire".

La seconda parte del Viaggio si è svolta a Giuba, capitale del Sud Sudan. "Purtroppo il processo di riconciliazione non è avanzato tanto e il neonato Sud Sudan è vittima della vecchia logica del potere e della rivalità, che produce guerra, violenze, profughi e sfollati interni. Dire “no” alla corruzione e ai traffici di armi e “sì” all’incontro e al dialogo. I Paesi aiutano il Sud Sudan con le armi, questo è una vergogna", commenta il Pontefice.

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"Il Sud Sudan è un Paese di circa 11 milioni di abitanti, di cui, a causa dei conflitti armati, due milioni sono sfollati interni e altrettanti sono fuggiti in Paesi confinanti. Per questo ho voluto incontrare un grande gruppo di sfollati interni, ascoltarli e far sentire loro la vicinanza della Chiesa", conclude il Papa ricordando questo momento del suo viaggio.

Il Papa ringrazia tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di questo viaggio.