E poi, il Cardinale Grech ha detto che la Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, e che si deve essere aperti a tutte le voci, anche quelle che vengono da dentro e “agitano e spesso scuotono il corpo ecclesiale”:
Non mancano le voci critiche sulle consultazioni. Nel suo saluto, l’arcivescovo Graubner ha affermato di avere l’impressione che “molte persone si limitino a dire le loro opinioni, ma ascoltano poco la voce del Signore, cioè la voce di colui che ci ha chiamati alla sua opera, ci ha rivelato il suo piano del Regno di Dio, il piano iscritto nella Bibbia”. E ha aggiunto che la sua parola “non va unicamente studiata o meditata, ma anche messa in pratica”.
L’arcivescovo Gintaras Grusas di Vilnius, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, ha dal canto suo invitato “a non trascurare le esperienze sinodali della vita di ogni giorno. Ci sono tantissime esperienze di Chiesa inclusiva, presente, aperta a tutti. Non dimenticatevi di queste esperienze. La Chiesa è sempre stata vicina al suo popolo. La Chiesa è in uscita, perché evangelizza. Ma essere inclusivi non significata la libertà data da Dio alle persone di rifiutare il messaggio di Dio e di scegliere di non seguirlo nel modo in cui si rivela, scegliendo la propria personale immagine di Dio, come succede ripetutamente nei Vangeli”.
Quali sono stati i temi di discussione più toccati? Prima di tutto, emerge fortemente la presenza di un ecumenismo reale in Europa, in ecumenismo pratico che si vive in particolare in quei Paesi dove la Chiesa è minoranza. È una Chiesa in dialogo, anche con la società.
Poi, si è parlato spesso, nelle relazioni, della necessità di formare per l’evangelizzazione, specialmente in un mondo secolarizzato – una situazione, questa, da vedere come una sfida, più che una difficoltà.
Si è parlato anche della partecipazione al governo della Chiesa, con una attenzione particolare alla questione della presenza delle donne, e una enfasi sull’eguaglianza dei fedeli basata sul Battesimo.
Ovviamente, il dramma degli abusi è sempre presente, così come quello dell’aggiornamento dottrinale. Ma colpisce il fatto che in molti guardino invece alle Chiese minoritarie e alla loro esperienza, alla necessità di una testimonianza, alla necessità di una spiritualità.
Si sente, molto, il divario tra Est ed Ovest, e la necessità di trovare una sintesi che però non rinneghi le differenze. Si parla, e spesso, della necessità di un linguaggio rinnovato, ma – e questo sarà sorprendente – la maggioranza vuole un rinnovamento che però non faccia perdere di vista la tradizione.
Insomma, un panorama molto variegato, come in fondo è la Chiesa in Europa, dove ogni regione ha una lingua, e una storia.
A dare il tono della discussione, l’introduzione spirituale del teologo
Tomáš Halík, che ha ricordato la drammatica storia religiosa della Repubblica Ceca, con una Chiesa Cattolica vittima di tre ondate di persecuzione e a sua volta perseguitata da Stalin e da Hitler, ha sottolineato che “lo scopo del Sinodo dei vescovi è l’anamnesi”, mentre lo scopo principale della Chiesa è la missione.
Infine, ha creato una particolare distinzione: a fianco all’ortodossia e all’ortoprassi, ci deve essere “l’ortopatia”, vale a dire la passione retta, l’esperienza interiore, la spiritualità. Ha spiegato Halik: “Sebbene l'ortodossia (idee rette) possa essere intellettualmente attraente, senza l'ortoprassi (retto agire) è inefficace e senza l'ortopatia (retto sentire) è fredda, insensibile e superficiale”.
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Sono questi i temi per ora sul tavolo in un appuntamento sinodale che è un po’ una prima volta per l’Europa. Finora, non c’erano infatti state riunioni europee di vescovi e laici, se non nelle Assemblee Ecumeniche, quando in realtà poi i laici erano soprattutto teologi.