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Papa Francesco, primo discorso in Sud Sudan. “C’è bisogno di padri, non padroni”

Primo appuntamento del Papa con le autorità del Paese. Ricorda che si tratta di un pellegrinaggio ecumenico per la pace. E chiede padri, non padroni per il Sud Sudan

Papa Francesco, Giuba | Papa Francesco durante l'incontro con le autorità e il corpo diplomatico in Sud Sudan, 3 febbraio 2023 | Elias Turk / ACI Group - EWTN
Papa Francesco, Giuba | Papa Francesco durante l'incontro con le autorità e il corpo diplomatico in Sud Sudan, 3 febbraio 2023 | Elias Turk / ACI Group - EWTN
Papa Francesco, Giuba | Papa Francesco nell'incontro bilaterale con il presidente Salva Kiir, prima del discorso alle autorità diplomatiche, Giuba, Sud Sudan, 3 febbraio 2023 | Vatican Media / ACI Group
Papa Francesco, Giuba | Papa Francesco nell'incontro bilaterale con il presidente Salva Kiir, prima del discorso alle autorità diplomatiche, Giuba, Sud Sudan, 3 febbraio 2023 | Vatican Media / ACI Group

Il Sud Sudan ha bisogno di “padri, non padroni”. Papa Francesco si rivolge direttamente alle autorità, che incontra nel suo primo appuntamento nel Paese. Era un viaggio desiderato da tempo, per Papa Francesco. Un “pellegrinaggio ecumenico”, insieme all’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e al moderatore della Chiesa di Scozia Iain Greenshields, per aiutare il processo di pace in un Paese giovane, nato nel 2011, che vive in un conflitto interno che sembra essere senza fine. E chiede alle autorità di servire il popolo, ascoltando non la parola del Papa, ma quella di Gesù al discepolo che sfodera la spada. È la parola “Basta”, più volte pronunciata dal Papa in questi giorni.

Dopo Papa Francesco, parleranno alle autorità l’arcivescovo Welby, e poi Greenshields. Con loro, il Papa ha avuto un bilaterale con Salva Kiir, il presidente del Sud Sudan, e poi con i due vicepresidenti, durati entrambi mezzora.

Nel suo discorso alle autorità (circa 250 presenti), Papa Francesco ricorda che questo “pellegrinaggio ecumenico di pace” arriva “dopo aver ascoltato il grido di un intero popolo che, con grande dignità, piange per la violenza che soffre, per la perenne mancanza di sicurezza, per la povertà che lo colpisce e per i disastri naturali che infieriscono”.

Papa Francesco nota che “anni di guerre e conflitti non sembrano conoscere fine”, mette in luce che gli ultimi scontri non sono nemmeno avvenuti nemmeno troppo tempo fa, lamenta che “i processi di riconciliazione sembrano paralizzati e le promesse di pace restano incompiute”.

Il Papa chiede che “la sofferenza non sia vana”, in quella che è una terra giovane definita da Erodoto come “terra della grande abbondanza”, e utilizza, come sempre ormai, una immagine geografica familiare al Paese che visita per delineare il suo pensiero. L’immagine è quella del Nilo Bianco, alla ricerca delle cui sorgenti esploratori si sono addentrati fino all’interno del territorio del Sud Sudan.

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Le sorgenti del Sud Sudan, per Papa Francesco, sono le “autorità”, chiamate a rigenerare “la vita sociale, le fonti limpide di prosperità e di pace”, ricordando che i figli del Sud Sudan hanno bisogno “di padri, non di padroni; di passi stabili di sviluppo, non di continue cadute”.

È un Paese giovane, che ha vissuto “una infanzia ferita”, ma che oggi deve lasciare il posto “ad una crescita pacifica”. Così, Papa Francesco sottolinea alle autorità che saranno ricordate solo se “avranno fatto del bene” ad una popolazione fanciulla che è stata loro “affidata per servirla”, e che solo da questo si definirà se le generazioni future “onoreranno o cancelleranno” la loro memoria”, perché come “il fiume lascia le sorgenti per avviare il suo corso, così il corso della storia lascerà indietro i nemici della pace e darà lustro a chi opera per la pace”.

Papa Francesco ricorda che “la violenza fa regredire il corso della storia”, e allora “affinché questa terra non si riduca a un cimitero, ma torni a essere un giardino fiorente, vi prego, con tutto il cuore, di accogliere una parola semplice: non mia, ma di Cristo”. Ed è quello che Gesù dice nel Getsemani quando un discepolo sfodera la spada: “Basta”.

E dunque “è ora di dire basta, senza se e senza ma”. “Basta – dice Papa Francesco - sangue versato, basta conflitti, basta violenze e accuse reciproche su chi le commette, basta lasciare il popolo assetato di pace. Basta distruzione, è l’ora della costruzione! Si getti alle spalle il tempo della guerra e sorga un tempo di pace!”

Papa Francesco ricorda che il Paese è una repubblica, e cioè una res pubblica, una realtà pubblica, cosa che significa che “lo Stato è di tutti”, e che dunque chi ha responsabilità maggiori nello Stato si deve mettere al servizio del bene comune.

Lo scopo del potere, dice il Papa, è “servire l’insieme”, resistendo alla tentazione di servirsi del potere “per i propri interessi”. Si deve essere “repubblica” a partire dai beni primari, non riservando a pochi le risorse abbondanti del Sud, ma facendo in modo che siano “appannaggio di tutti,” con piani economici che corrispondano a progetti “per un’equa distribuzione delle ricchezze”.

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Papa Francesco poi sottolinea che pilastro fondamentale della repubblica è “lo sviluppo democratico”, che tutela “la benefica distinzione dei poteri”, e che presuppone “il rispetto dei diritti umani, custoditi dalla legge e dalla sua applicazione, così da scongiurare una deleteria impunità, e in particolare la libertà di esprimere le proprie idee”.

Il Papa ricorda che “non c’è pace senza giustizia”, ma anche che “senza libertà non c’è giustizia”, e dunque va data “data a ogni cittadina e cittadino la possibilità di disporre del dono unico e irripetibile dell’esistenza con i mezzi adeguati a realizzarlo”.

Papa Francesco chiede che il processo di pace “non proceda tra alti e bassi”, ricorda che è tempo “di passare dalle parole ai fatti”, di “voltare pagina”, di impegnarsi “per una trasformazione urgente e necessaria”.

“Ci si accordi e si porti avanti l’accodo di pace!”, esorta Papa Francesco. Che poi chiede che il pellegrinaggio ecumenico di pace che sta svolgendo rappresenti “un cambio di passo, l’occasione per il Sud Sudan di riprendere a navigare in acque tranquille, riprendendo il dialogo, senza doppiezze e opportunismi”.

La presenza del Papa, dell’arcivescovo di Canterbury, del moderatore della Chiesa di Scozia Greenshields, devono rappresentare “l’occasione per rilanciare la speranza”, perché tutti comprendano “che non è più tempo di lasciarsi trasportare dalle acque malsane dell’odio, del tribalismo, del regionalismo e delle differenze etniche; è tempo di navigare insieme verso il futuro!”

E ancora, il Nilo a un certo punto si unisce a un altro fiume, il Nilo Bianco, le cui acque chiare danno il nome, e che testimonia, per il Papa, come l’incontro sia alla base della limpida chiarezza delle acque.

Commenta Papa Francesco: “Questa è la via: rispettarsi, conoscersi, dialogare. Perché, se dietro ogni violenza ci sono rabbia e rancore, e dietro a ogni rabbia e rancore c’è la memoria non risanata di ferite, umiliazioni e torti, la direzione per uscire da ciò è solo quella dell’incontro: accogliere gli altri come fratelli e dare loro spazio, anche sapendo fare dei passi indietro”.

È un atteggiamento “essenziale per i processi di pace”, che diventa indispensabile “per lo sviluppo coeso della società”. E, “per passare dall’inciviltà dello scontro alla civiltà dell’incontro” è decisivo il ruolo dei giovani, ai quali devono essere assicurati “spazi liberi di incontro per ritrovarsi e dibattere”, in modo che prendano “in mano, senza paura, il futuro che a loro appartiene”.

Papa Francesco invita anche a coinvolgere maggiormente le donne nei processi decisionali, e chiede che siano rispettate, perché “chi commette violenza contro una donna la commette contro Dio”.

Il Papa dice che il Sud Sudan ha necessità di ritrovare “la mistica dell’incontro”, andando al di là “dei gruppi e delle differenze”. E ringrazia i missionari, che sono arrivati in quel Paese, insieme agli operatori umanitari, non mancando di sottolineare che comunque in molti di loro, nel mondo, sono perseguitati e martiri.

Papa Francesco ricorda anche le inondazioni e i disastri naturali, occasione per lui per ricordare che occorre prendersi cura del creato, in particolare combattendo “la necessità di combattere la deforestazione causata dall’avidità del guadagno”.

Necessaria, in questo senso, è la lotta alla corruzione, perché questa fa “mancare le risorse necessarie a ciò che più serve”. Questa si supera prima di tutto con il contrasto alla povertà, con il prendersi cura dei cittadini più fragili e disagiati, a partire dai “milioni di sfollati che qui dimorano”.

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Il Papa chiede che venga arginato l’arrivo di armi, perché “qui c’è bisogno di molte cose, ma non certo di ulteriori strumenti di morti”. E poi, auspica che si sviluppino “adeguate politiche sanitarie”, così come si definiscano “infrastrutture primarie”, dando “un ruolo primario all’alfabetismo e all’istruzione, unica via perché i figli di questa terra prendano in mano il loro futuro”.

Come tutti i bambini del continente e del mondo, i bambini del Sud Sudan “hanno il diritto di crescere tenendo in mano quaderni e giocattoli, non strumenti di lavoro e armi”.

Papa Francesco chiede anche di “coltivare relazioni positive con altri Paesi, a cominciare da quelli circostanti”, ma anche con la comunità internazionale che si è impegnata a favorire la riconciliazione e lo sviluppo del Sud Sudan. Ma, ammonisce, “non basta osservare e denunciare i problemi dall’esterno; occorre coinvolgersi, con pazienza e determinazione e, più in generale, resistere alla tentazione di imporre modelli prestabiliti ma estranei alla realtà locale”.

Al termine del discorso, Papa Francesco riconosce che alcune sue espressioni “possono essere state franche e dirette”, ma chiede di comprendere che queste vengono “solo dall’affetto e dalla preoccupazione con cui seguo le vostre vicende”.