Le udienze di questa settimana hanno riguardato due processi. Il primo è un processo penale, che però riguarda ben tre diversi filoni processuali, combinati in uno solo. Uno di questi filoni riguarda l’investimento, da parte della Segreteria di Stato, in un immobile di lusso a Londra. Dell’immobile erano state comprate quote, affidate prima al broker Raffaele Mincione e poi al broker Gianluigi Torzi. Quest’ultimo aveva tenuto per sé le uniche mille quote con diritto di voto, esercitando pieno controllo dell’immobile, ragion per cui la Segreteria di Stato aveva deciso di rilevare interamente il palazzo. Il processo include accuse di truffa, peculato, estorsione, e coinvolge nove imputati più alcune società. Si deve definire se la Segreteria di Stato sia stata truffata, se abbia subito un danno o se semplicemente non ha saputo gestire un investimento, o lo abbia fatto male.
Il secondo filone del processo penale riguarda la cosiddetta “vicenda Sardegna”, ovvero la questione dei fondi della Segreteria di Stato (circa 150 mila euro) destinati ad una cooperativa in Sardegna legata alla Caritas di Ozieri. Direttore della Caritas è il fratello del Cardinale Becciu, Antonino Becciu, e l’ipotesi di reato è quella di peculato, ovvero che il Cardinale, allora sostituto della Segreteria di Stato, avesse destinato i fondi per favorire i famigliari. Fino ad ora, non sono emerse prove del peculato, ma l’inchiesta ha portato anche ad una rogatoria internazionale verso l’Italia per una indagine parallela svolta dalla Guardia di Finanza, tanto che un esponente della Guardia di Finanza è andato a testimoniare nell’udienza numero 44.
Il terzo filone, invece, riguarda l’ingaggio, da parte della Segreteria di Stato, di Cecilia Marogna come consulente di intelligence, specialmente per la liberazione di alcuni prigionieri. L’accusa a Marogna è di aver intascato soldi dalla Segreteria di Stato senza averli impiegati per quello cui erano effettivamente destinati, cioè il lavoro per la liberazione di alcuni ostaggi in Africa.
Il processo Milone
Diverso, invece, il processo di Libero Milone, che insieme al suo allora vice revisore generale Panicco, ha intentato causa alla Santa Sede per danni morali e materiali. Milone era stato allontanato dal suo incarico di revisore generale su richiesta diretta di Papa Francesco, ma Milone ha sempre sostenuto che questa richiesta – di cui si era fatto portatore il Cardinale Becciu – fosse falsa, e che invece si fosse ordito un complotto ai suoi danni perché stava lavorando per la trasparenza in Vaticano.
Alcune questioni critiche
Di fatto, l’udienza sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato ha portato alcuni aspetti critici che vale la pena di affrontare.
Prima di tutto, va segnalata l’irritualità dell’interrogatorio nei confronti del colonnello della Guardia di Finanza di Oristano Pasquale Pellecchia. In pratica, le autorità dello Stato vaticano chiamano a testimoniare le forze di polizia di uno Stato estero, che tra l’altro hanno sequestrato documenti appartenenti alla diocesi, diffuso alcune intercettazioni tra cui la famosa registrazione della telefonata tra il Cardinale Becciu e Papa Francesco, tra gli elementi sequestrati dalla Guardia di Finanza in tre dispositivi di una parente di Becciu e finita in pasto alla stampa mentre ai giornalisti che erano in aula in Vaticano non era stata fatta sentire perché ancora non ammessa come prova nel processo. La Guardia di Finanza ha anche delineato quello che descrivono come un quadro di pressioni dietro l’accettazione, da parte di Papa Francesco, delle dimissioni del vescovo di Ozieri Vittorio Pintor.
Ammesso e non concesso che queste pressioni ci fossero, l’accettazione delle dimissioni di un vescovo al compimento del 75esimo anno di età, anno canonico per il ritiro, è un fatto che riguarda sempre e solo il Santo Padre, e nessuna autorità può andare a mettere in questione la volontà del Papa sul tema.
Quindi, va segnalato l’interrogatorio a Carlo Fara, funzionario dell'ufficio di informazione finanziaria dell’Autorità di Informazione Finanziaria fino al 2019, quando ha ricevuto un'altra offerta e ha preferito dunque lasciare l'autorità i cui vertici erano stati "decapitati" e che aveva subito un duro colpo alla sua indipendenza di intelligence con le perquisizioni in Segreteria di Stato. Gli è stato chiesto di quando ha cominciato ad occuparsi dell’acquisizione del palazzo di Londra, e soprattutto perché non avesse mai segnalato al promotore di giustizia della situazione.
Ma non c’era alcuna situazione da segnalare, per due motivi. Il primo è la procedura: c’era una segnalazione di attività sospetta, che in realtà era una richiesta di collaborazione ai sensi dell'articolo 69A della legge antiriclaggio, ma l’autorità di intelligence deve fare le sue verifiche prima di riportare al Promotore di Giustizia per le indagini. Erano state attivate, come già emerso durante il processo, cinque Unità di Informazione Finanziaria estere per fare le adeguate verifiche, e si attendevano tra l'altro ancora risposte dalla Gendarmeria. Non insomma c'erano ancora gli elementi per inviare una segnalazione al Promotore di Giustizia, perché questo viene fatto dopo le verifiche.
La seconda: la segnalazione riguarda il rischio di riciclaggio, ma in quel caso il rischio di riciclaggio ancora non c’era, erano soldi della Segreteria di Stato che venivano investiti. E, tra l'altro, da procedure GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale), l'autorità è tenuta a collaborare con le autorità.
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Va notato che il terzo rapporto sui progressi di MONEYVAL, nel 2017, notava che “i risultati nella applicazione delle leggi e l’attività giudiziaria a due anni dall’ultimo rapporto restano modesti” (punto 64 del Moneyval Progress Report sulla Santa Sede del 2017).
Significava che, a fronte delle segnalazioni dell’Autorità di Informazione Finanziaria, l’attività investigativa giudiziaria non dava seguito in maniera conforme.
Il rapporto sui progressi 2021 segnalava poi “miglioramenti nel quadro istituzionale e un approccio più proattivo applicato dal Corpo della Gendarmeria e dall’Ufficio del Promotore di Giustizia sono incoraggianti”, ma notava come “i risultati effettivi raggiunti durante il periodo in esame sono modesti”.
Alla fine, veniva messa in luce una mancata efficacia del sistema giudiziario vaticano. Avrebbe il tribunale dato davvero seguito alle indagini se avesse ricevuto una segnalazione dall’autorità di intelligence? È una domanda da farsi, considerando però che l’Autorità di Informazione Finanziaria non era ancora arrivata al punto di dover avvertire il Promotore di Giustizia.
A Carlo Fara sono stati mostrati due contratti: uno del passaggio delle quote dell’immobile da Athena a Gutt e uno del passaggio a GUTT alla Segreteria di Stato. Sembra mancasse il contratto di gestione con cui la Segreteria di Stato affidava a GUTT la gestione strategica dell’immobile, ed era lì che presumibilmente erano previste delle penali. Sulla base di quelle penali si è trattato con Torzi la sua buonuscita, fino a giungere ai 15 milioni contestati dal Promotore di Giusizia come estorsione.
Il caso Sardegna