Roma , martedì, 17. gennaio, 2023 9:00 (ACI Stampa).
La grande facciata della basilica di Santa Maria Maggiore è sullo sfondo, mentre davanti alla chiesa di Sant’Antonio Abate all’Esquilino vi è uno slargo che si apre davanti alla grande piazza della basilica romana dedicata alla Vergine Maria. Se non si è particolarmente attenti, la facciata di quella che potrebbe sembrare una piccola chiesa - che poi tanto piccola non è - potrebbe passare inosservata: Roma nasconde, sempre, perle preziose dove arte e fede si sposano in perfetta armonia; questa chiesetta che sorge all’Esquilino (rione della Capitale che deve il nome a uno dei sette colli romani) e che si trova a pochi passi dalla stazione centrale di Termini, fa parte di questo corollario di tesori celati sempre pronti ad essere scovati, riscoperti, ad essere gustati per la loro bellezza artistica e per la sacralità che conservano.
Sant’Antonio Abate all’Esquilino sorge sull’area della basilica romana di Giunio Basso la cui identità è ancora discussa dagli storici anche se la versione che lo vede “consul ordinarius” rimane la più accreditata. Ciò che sappiamo, di certo, è che in questo luogo venne eretta una basilica nel IV secolo: di questa si conserva la dedica in cui vi è scritto“IUNIUS BASSUS V.C. CONSUL ORDINARIUS PROPRIA IMPENSA A SOLO FECIT ET DEDICAVIT FELICITER”. Questa basilica venne poi trasformata nella chiesa di Sant’Andrea cata barbara; vicino a quest’ultima sorse poi l’ospedale omonimo. Il portale romanico inserito nella facciata della chiesa di sant’Antonio Abate è ciò che rimane di quell’ospedale (oggi, sia la chiesa che l’ospedale di Sant’Andrea sono scomparsi); la struttura ospedaliera - creata nel 1259 per volere del cardinal Pietro Capocci - serviva ad accogliere i malati affetti dalle malattie della pelle, e - in particolare - coloro che soffrivano del cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”, quello che in medicina è conosciuto come ergotismo, ossia il virus dell'Herpes Zoster.
La chiesa di Sant’Antonio Abate venne eretta nel 1308 sotto il pontificato di Bonifacio VIII. L’Armellini nel suo Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX scrive: “Nello stato temporale delle chiese di Roma trovo le seguenti notizie: Fu fondata et eretta l’anno 1308 sotto il regno di Filippo IV re X.mo sopra la piazza di S. Maria Maggiore”. Della prima chiesa dedicata al santo monaco si sa poco; unica notizia certa, la presenza di una cappella dedicata al Santissimo Sacramento eretta da un privato. La chiesa venne poi restaurata nel 1481 e, successivamente, nel 1517; in sostanza, la struttura che vediamo oggi è la stessa di quegli anni; solo il coro e la decorazione interna sono stati cambiati nel XVIII secolo.
Un ruolo fondamentale per la chiesa lo ebbe tale Charles Anisson, priore dell’Ordine degli Antoniani, che trovò - nel 1593 - il luogo sacro in forte degrado; fu così che bandì un concorso per una nuova cappella da porre sul lato destro dell’ingresso; concorso vinto dall’architetto Domenico Fontana; inoltre, fece innalzare un muro attorno all’annesso convento, alla chiesa e all’ospedale, facendo in modo che le strutture fossero rinchiuse in una struttura architettonica più armoniosa. Ma l’opera maggiore del priore Anisson fu quella di decorare l’interno della chiesa con delle storie del santo monaco egiziano: affreschi tuttora visibili. Fece arrivare a Roma un antichissimo libro in cui erano custodite delle preziose e bellissime miniature di scene di vita di Sant’Antonio Abate: saranno queste immagini ad ispirare i due pittori chiamati a decorare la chiesa, Nicola Pomarancio e Giovanni Battista Lombardelli. Necessario ricordare che gli affreschi che sono oggi visibili furono restaurati-ridipinti - da artista ignoto - nel XVIII secolo. Questi mirabili affreschi coprono tutte le pareti; chi entra sembra avvolto dalle storie di Antonio Abate; è il grande “film” pittorico del santo a scorrere davanti a noi grazie ad alcuni fotogrammi come: La vittoria sul diavolo nero in figura del bambino orrendo; La guarigione di un indemionato; La caccia dei rettili.
Ma, forse, l’affresco più importante è quello de La morte del santo nella cappella del Fontana, posta a destra dall’entrata. Quest’opera attinge alla versione della biografia del santo scritta per mano del monaco cristiano, scrittore e asceta Evagrio: “Dal suo volto sereno si poteva riconoscere la presenza dei santi angeli che erano discesi per accompagnare lassù la sua anima”. E’ una sublime descrizione della morte del monaco; un momento carico di profonda sacralità che è possibile rivivere nei colori e nelle forme del pittore Lombardelli.