Roma , sabato, 14. gennaio, 2023 16:30 (ACI Stampa).
“Benché molti raccontino numerose notizie sugli usi e costumi di questa epoca, si deve sapere che volendo andare nei paesi degli infedeli che sono oltremare, per guadagnare qualche frutto a vantaggio delle anime, vidi e ascoltai cose grandi e meravigliose che ora posso raccontare veracemente”, parole che sembrano tratte dall’incipit di un romanzo di avventure o da qualche chanson de geste di un “cavalier senza macchia e paura”; invece, sono parole del racconto di viaggio di un umile e semplice frate francescano dell’Ordine dei Minori, il Beato Odorico da Pordenone: quelle pagine costituiranno la Relatio de mirabilibus orientalium Tartarorum, una delle prime descrizioni medievali dell’Estremo Oriente.
Il racconto viene dettato da Oderico al confratello Guglielmo da Solagna, nel convento padovano di Sant’Antonio: “Fra’ Guglielmo da Solagna ha messo per iscritto fedelmente quanto Fra’ Odorico ha narrato con la propria bocca, nell’anno del Signore 1330, nel mese di maggio (....). Non si è preoccupato di scrivere in un latino difficile, ricercato ed elegante, ma come quello raccontava, così questi scriveva, in modo che tutti potessero più facilmente comprendere le cose che venivano dette”.
Per comprendere però come il racconto di questo “fantasmagorico” viaggio del beato Odorico si inserisca nelle pieghe storiche del Medioevo, è necessaria una precisazione storico-politico della situazione della Chiesa dell’epoca: la Curia pontificia, a quel tempo, si trovava ad Avignone, ed era particolarmente interessata a tessere rapporti col mondo orientale a seguito delle invasioni tartare (fine del ‘200 e inizi del ‘300) che arrivarono persino ai confini dell’odierna regione del Friuli, la stessa terra d’origine del frate francescano. In questa preoccupante situazione geopolitica era, dunque, necessario un contatto diplomatico con l’Oriente per contrastare le invasioni. E’ l’epoca in cui vengono affidate molte missioni “esplorative” ai due ordini religiosi più attivi del tempo: quello dei Frati Minori Francescani e quello dei Frati Predicatori (i Domenicani), con l’intento di raccogliere informazioni per stabilire eventuali contatti diplomatici. Il viaggio di frate Odorico era stato anticipato già da due missioni: una, di frate Giovanni da Pian di Carpine, del 1245-47, raccontata nel libro Historia Mongalorum; l’altra, del 1253, di frate Guglielmo da Rubruck, descritta nel suo Itinerarium-Viaggio in Mongolia.
E’ in questa affascinante e particolare “letteratura da viaggio” che si inserisce il testo del Beato Odorico da Pordenone che, in compagnia di fra Giacomo d’Irlanda, partirà - nel 1318 - dal porto di Venezia alla volta delle lontante terre della Cina, giungendo prima a Tresibonda, sul Mar Nero per poi, attraverso la via persiana, arrivare fino in India; da questa terra proseguirà per mare fino a raggiungere il porto di Canton, la più grande città costiera del sud della Cina; da qui, giungerà nella “nobile città, molto vecchia e antica” - così la descrive la Relatio de mirabilibus orientalium Tartarorum - di Khanbaliq (l’odierna Pechino), sede imperiale e dell’arcivescovo francescano Giovanni da Montecorvino. In questa città rimarrà per ben tre anni; dopo questi, il ritorno a Venezia tra il 1329 e il 1330: un lungo viaggio della durata di ben dodici anni e di circa 50.000 chilometri percorsi.
Di tutti i luoghi visitati, il frate francescano, offre una descrizione generale; in questo testo, infatti, è possibile trovare quelle che potrebbero definirsi delle vere e proprie “notizie etnografiche”. Dei popoli incontrati, Odorico, cerca soprattutto di registrare la loro ricchezza, la vivacità dei costumi, segnalando le abitudini degli abitanti e la loro religione; risultano affascinanti, ad esempio, le notizie riguardo le isole dell'arcipelago malese e le inedite descrizioni della Cina: sarà, infatti, Odorico a essere il primo a descrivere i piedi rimpiccioliti, avvolti nelle fasce, delle donne cinesi; delle unghie smodatamente lunghe delle persone - appartenenti al ceto nobile - di quella lontana terra.