La riforma avvenne con il motu proprio numero 48 del Pontificato, ed era parte di un progetto che Papa Francesco aveva sviluppato in varie interviste, ma che non venne mai toccata nelle riunioni del Consiglio dei Cardinali precedenti.
La riforma della Congregazione della Dottrina della Fede, insomma, arriva a sorpresa, ed alla fine di un percorso graduale di cambiamenti.
La Congregazione era prima costituita da quattro uffici: disciplinare, dottrinale, matrimoniale la quarta sezione. Quest’ultima, si legge nell’annuario pontificio del 2021, aveva “il compito di seguire la questione dei rapporti con la Fratetrnità Sacerdotale San Pio X (i cosiddetti lefevbriani, ndr), l’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, la vita degli istituti già sottomessi alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, e, in modo generale, le cose afferenti alle celebrazioni secondo la liturgia antica, definita come ‘forma straordinaria del Rito Romano’.”
La quarta sezione non aveva più ragione di esistere dopo il motu proprio “Traditionis Custodes,” che revocava le concessioni di Benedetto XVI all’uso del rito antico e ridefiniva le concessioni alla stregua di un biritualismo, vale a dire dell’utilizzo di un doppio rito. In pratica, il rito antico non era più considerato “rito straordinario”, ma piuttosto un altro rito.
La stessa quarta sezione era stata stabilita dopo che, con un altro motu proprio, Papa Francesco aveva nel 2019 chiuso la Pontificia Commissione Ecclesia Dei, nata in seno alla Congregazione proprio per curare i rapporti con i lefebvriani.
Con la riforma, ha chiuso anche l’ufficio matrimoniale, mentre la Congregazione è stata ristabilita in due sezioni distinte, disciplinare e dottrinale, con due segretari differenti.
La filosofia alla base della riforma del Dicastero della Dottrina della Fede è, in qualche modo, anche la filosofia generale della riforma della Curia: meno uffici, più sezioni specializzate, che diventano quasi blocchi a se stanti all’interno dei dicasteri. Il ruolo del Papa diventa più centrale, perché è anche colui che dà la missione canonica, e che dunque dà l’autorità. Da qui, anche un possibile ruolo dei laici in funzioni di governo. In due casi, il Papa ha nominato laici in questo ultimo anno: quando ha scelto il nuovo segretario del Dicastero Laici Famiglia e Vita, Gleison de Paula Souza, che comunque era un diacono e in percorso verso il sacerdozio prima; e quando ha chiamato Maximino Caballero Ledo a sostituire il prefetto della Segreteria per l’Economia padre Antonio Guerrero Alves, di cui era il numero 2. Da segnalare anche l’uscita di una donna, laica (anche se consacrata), dai massimi ranghi della Segreteria di Stato: Francesca Di Giovanni, primo sottosegretario della Segreteria di Stato per la sezione multilaterale, è andata in pensione, e sostituita da monsignor Daniel Pacho, che già era in forza alla Seconda Sezione della Segreteria di Stato.
Più che altro, sono da segnalare gli aggiustamenti in campo economico. L’ultima decisione di Papa Francesco prevede che tutte le fondazioni pontificie siano sotto il controllo della Segreteria per l’Economia, prima ancora c’era stata una norma interpretativa della Praedicate Evangelium che metteva in luce che tutti i fondi dei dicasteri vaticani dovessero essere depositati nell’Istituto delle Opere di Religione, mettendo fine così ad una lunga tradizione di diversificazione degli investimenti che aveva comunque aiutato molto la Santa Sede.
A giugno, la gestione del personale della Santa Sede è passato dalla Segreteria di Stato alla Segreteria per l’Economia con l’entrata in vigore della Praedicate Evangelium lo scorso 5 giugno. Una scelta dovuta anche alla decisione del Papa, dopo le problematiche seguite all’investimento in un palazzo di lusso a Londra ora oggetto di un processo in Vaticano,ha deciso di togliere alla Segreteria di Stato l’autonomia economica (andata all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), ma anche parte dei ruoli di coordinamento, andati alla Segreteria per l’Economia.
C’è, insomma, una maggiore centralizzazione delle gestioni economiche e gestionali in corso, mentre il Papa si trova anche a dover cambiare profondamente l’organigramma della Curia. Il cambio della guardia al Dicastero per le Chiese Orientali è già avvenuto, mentre si aspetta un nuovo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede e un nuovo prefetto al Dicastero per i Vescovi.
Di fatto, per ora la riforma della Curia sta certificando cambiamenti già messi in atto da Papa Francesco. Saranno da vedere i prossimi sviluppi.
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