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Papa Francesco, “La pace esige che si difenda la vita. No al totalitarismo ideologico"

Pace nella verità, nella giustizia, nella libertà, nella solidarietà: i quattro pilastri della pace di Papa Francesco, mutuati dalla Pacem in Terris, nel suo discorso ai diplomatici. E poi, il no al totalitarismo ideologico degli organismi internazionali.

Papa Francesco, corpo diplomatico | Papa Francesco incontra il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Aula della Benedizione, 9 gennaio 2023 | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco, corpo diplomatico | Papa Francesco incontra il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Aula della Benedizione, 9 gennaio 2023 | Vatican Media / ACI Group

È l’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII la linea guida del consueto discorso di inizio anno al corpo diplomatico. L’enciclica di Papa Roncalli compie 60 anni. E se 60 anni fa, sottolinea Papa Francesco, ci si trovava di fronte alla minaccia nucleare, con la crisi dei missili a Cuba e con l’idea di una terza guerra mondiale, oggi ci troviamo in una “terza guerra mondiale del mondo globalizzato”, con scenari di conflitto in tutto il mondo. E allora la Pacem In Terris, con i suoi quattro pilastri, diventa una linea guida necessaria, che il Papa segue tratteggiando una pace nella verità, nella giustizia, nella solidarietà, nella libertà.

Parlando al corpo diplomatico, Papa Francesco ribadisce la necessità di difendere la vita e di promuovere la libertà religiosa; mostra preoccupazione per gli scenari geopolitici mondiali; indica la strada di una rinnovata solidarietà. È un discorso diviso in due parti: la prima parte è una disamina degli scenari che più preoccupano la Santa Sede, la seconda invece punta proprio a definire quali sono le linee guida di quella che può essere la pace, denunciando – come già aveva fatto parlando dei nuovi diritti nati nel Sessantotto durante il suo discorso del 2018 – le derive del sistema multilaterale verso un totalitarismo ideologico che mette da parte tutti quelli che non si allineano sulle stesse idee di progresso. 

Quali sono gli scenari su cui la Santa Sede punta l’attenzione? Il tema del nucleare è centrale, tanto che il Papa ribadisce che il possesso delle armi nucleari è immorale. E così, gli scenari che destano preoccupazione vanno dal Piano d’azione congiunto globale, ovvero l’Accordo Nucleare Iraniano, fino alla situazione in Siria, una terra martoriata la cui rinascita deve passare “attraverso le necessarie riforme, anche costituzionali, nel tentativo di dare speranza al popolo siriano”.

E poi, i crescenti conflitti tra israeliani e palestinesi, in una Gerusalemme che dovrebbe essere “città della pace”, ma che invece è “teatro di scontri”, tanto che Papa Francesco auspica che “essa possa ritrovare tale vocazione ad essere luogo e simbolo di incontro e di coesistenza pacifica, e che l’accesso e la libertà di culto nei Luoghi Santi continui ad essere garantito e rispettato secondo lo status quo”.

Il Papa sarà in Congo e Sud Sudan dal 31 gennaio al 5 febbraio, e asupica per la Repubblica Democratica del Congo "che cessino le violenze nell’est del Paese e prevalga la via del dialogo e la volontà di lavorare per la sicurezza e il bene comune", ricordando che invece il viaggio in Sud Sudan sarà un pellegrinaggio ecumencio con l’Arcivescovo di Canterbury e dal Moderatore Generale della Chiesa Presbiteriana di Scozia. 

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Quindi, lo Yemen, sempre citato dal Papa e dove c’è una tregua che dura da ottobre ma dove i civili continuano a morire a causa delle minime; l’Africa Occidentale, con il terrorismo che colpisce Burkina Faso, Mali, Nigeria, ma anche i processi di transizione in Sudan, Guinea e Ciad. Il Myanmar, anche quello spesso citato da Papa Francesco nei suoi appelli.

Ovviamente, centro di tutto è la guerra in Ucraina, con lo strascico di "molte distruzioni e con gli attacchi alla popolazione civile" che portano la popolazione a non morire solo per le armi, ma anche "di fame o di freddo", sottolineando come "la guerra colpisce le popolazioni più fragili e lacera le famiglie". Per questo, Papa Francesco chiede di "porre fine a questo conflitto insensato" che ha anche conseguenze su altre regioni del mondo, anche sugli approvvigionamenti alimentari.

“L’attuale conflitto in Ucraina – nota in seguito Papa Francesco - ha reso più evidente la crisi che da tempo interessa il sistema multilaterale, il quale abbisogna di un ripensamento profondo per poter rispondere adeguatamente alle sfide del nostro tempo. Ciò esige una riforma degli organi che ne consentono il funzionamento, affinché siano realmente rappresentativi delle necessità e delle sensibilità di tutti i popoli, evitando meccanismi che diano ad alcuni maggior peso a scapito di altri. Non si tratta dunque di costruire blocchi di alleanze, ma di creare opportunità perché tutti possano dialogare”.

Ripartire dal multilaterale, dunque, Comincia qui la seconda parte del discorso, dedicata proprio agli orientamenti della Pacem in Terris.

Prima di tutto, la pace va costruita nella verità. Denuncia Papa Francesco: “Nonostante gli impegni assunti da tutti gli Stati di rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali di ogni persona, ancor oggi, in molti Paesi, le donne sono considerate come cittadini di seconda classe. Sono oggetto di violenze e di abusi e viene loro negata la possibilità di studiare, di lavorare, di esprimere i propri talenti, l’accesso alle cure sanitarie e persino al cibo. Invece, ove i diritti umani sono riconosciuti pienamente per tutti, le donne possono offrire il proprio contributo insostituibile alla vita sociale ed essere prime alleate della pace”.

Papa Francesco sottolinea che la pace “esige anzitutto che si difenda la vita”, non solo messa a repentaglio da conflitti, fame e malattie, ma anche “nel grembo materno, affermando un presunto diritto all’aborto”. Il Papa si appella a “quanti hanno responsabilità politiche, affinché si adoperino per tutelare i diritti dei più deboli e venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani”, ricordando che “vi è una precipua responsabilità degli Stati di garantire l’assistenza dei cittadini in ogni fase della vita umana, fino alla morte naturale, facendo in modo che ciascuno si senta accompagnato e curato anche nei momenti più delicati della propria esistenza”.

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Papa Francesco denuncia che il diritto alla vita è “minacciato anche laddove si continua a praticare la pena di morte”, che “non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta”, e per questo il Papa chiede a tuti gli Stati di abolirlo.

Il tema, per Papa Francesco, è quello dell’emergere una “paura della vita”, un timore di formare una famiglia, in particolare in posti come l’Italia dove c’è “un calo della natalità”. Ne parlerà, il Papa, nell’udienza che concederà al Primo Ministro italiano Giorgia Meloni il 10 gennaio. “Al caro popolo italiano – nota Papa Francesco - desidero rinnovare il mio incoraggiamento ad affrontare con tenacia e speranza le sfide del tempo presente, forte delle proprie radici religiose e culturali”.

Papa Francesco mette in luce come l’educazione sia l’antidoto a queste paure, ma che oggi questa è in balia di “una crisi acuita dalle devastanti conseguenze della pandemia e dal preoccupante scenario geopolitico”. Riferendosi al Vertice sulla trasformazione dell’educazione, convocato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite e svoltosi lo scorso settembre a New York, il Papa chiede agli Stati di avere “il coraggio di invertire l’imbarazzante e asimmetrico rapporto tra la spesa pubblica riservata all’educazione e i fondi destinati agli armamenti!”

Papa Francesco poi sottolinea che la pace esige che “sia riconosciuta universalmente la libertà religiosa”, cui si aggiunge “la persecuzione per motivi religiosi”. Dopo mesi di vacanza, recentemente l’Unione Europea ha nominato un “Inviato Speciale dell’Unione Europea per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’Unione Europea, possa disporre delle risorse e dei mezzi necessari per svolgere adeguatamente il proprio mandato”. Era una preoccupazione di varie organizzazioni umanitarie, che il Papa ha fatto sua.

Non solo. Si denuncia che “la violenza e le discriminazioni contro i cristiani aumentano anche in Paesi dove questi non sono una minoranza”, e che “la libertà religiosa è messa in pericolo anche laddove i credenti vedono ridotta la possibilità di esprimere le proprie convinzioni nell’ambito della vita sociale, in nome di un malinteso concetto di inclusione”.

Ma, nota Papa Francesco, “la liberà religiosa non può ridursi alla mera libertà di culto”, e la religione è “una opportunità effettiva di dialogo e di incontro tra popoli e culture diverse”.

Papa Francesco, a questo proposito, loda Timor Est che ha incluso il documento sulla Fratellanza Umana nei curricula scolastici, ricorda il suo viaggio in Kazakhstan per il VII incontro dei leader religiosi mondiali, mette in luce quanto sia stato significativo il suo viaggio in Bahrein. “Il cristianesimo .- afferma Papa Francesco . sprona alla pace, poiché sprona alla conversione e all’esercizio della virtù”.

Il secondo pilastro è quello di costruire la pace nella giustizia, e per questo ci vuole un sistema multilaterale che è stato messo particolarmente in crisi dall’attuale guerra in Ucraina. Come già Benedetto XVI nella Caritas in Veritate del 2009, come già prima di lui Giovanni Paolo II e Paolo VI, Papa Francesco chiede una riforma delle Nazioni Unite, “affinché siano realmente rappresentativi delle necessità e delle sensibilità di tutti i popoli, evitando meccanismi che diano ad alcuni maggior peso a scapito di altri”.

E questo perché “i vari fori internazionali sono stati contraddistinti da crescenti polarizzazioni e da tentativi di imporre un pensiero unico, che impedisce il dialogo e marginalizza coloro che la pensano diversamente”, situazione in cui il Papa vede “il rischio di una deriva, che assume sempre più il volto di un totalitarismo ideologico, che promuove l’intolleranza nei confronti di chi non aderisce a pretese posizioni di ‘progresso’, le quali in realtà sembrano portare piuttosto a un generale regresso dell’umanità, con violazione della libertà di pensiero e di coscienza”.

Papa Francesco denuncia che “risorse sempre maggiori sono state impiegate per imporre, specialmente nei confronti dei Paesi più poveri, forme di colonizzazione ideologica, creando peraltro un nesso diretto fra l’elargizione di aiuti economici e l’accettazione di tali ideologie”, affaticando il dibattito interno alle Organizzazioni Internazionali. Anzi, il Papa ricorda il suo incontro con le popolazioni indigene in Canada, e sottolinea che “laddove si cerca di imporre ad altre culture forme di pensiero che non appartengono loro si apre la strada ad aspri confronti e talvolta anche alla violenza”.

Quindi, la pace va costruita sulla solidarietà, perché – come dice il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2022 – “nessuno può salvarsi da solo”, e tutto è interconnesso, come testimoniano fenomeni come le migrazioni, che sono molte volte anche fughe da Paesi in guerra.

Proprio sulla migrazione, il Papa chiede di rafforzare la normativa europea “attraverso l’approvazione del Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, perché si possano implementare adeguate politiche per accogliere, accompagnare, promuovere e integrare i migranti”, e di non far gravare le operazioni di soccorso sui Paesi principali punti di approdo.

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Altra crisi che implica l’interdipendenza riguarda l’economia e il lavoro, e poi la cura della casa comune, con vari fenomeni (dalle inondazioni in Pakistan ai danni creati alla pesca nell’Oceano Pacifico alla siccità nel Corno d’Africa) che testimoniano, secondo Papa Francesco, come la questione “non possa essere elusa”.

Infine, la pace per Papa Francesco si costruisce sulla libertà. E per questo – afferma – “desta preoccupazione l’affievolirsi, in molte parti del mondo, della democrazia e della possibilità di libertà che essa consente, pur con tutti i limiti di un sistema umano. Ne fanno tante volte le spese le donne o le minoranze etniche, nonché gli equilibri di intere società in cui il disagio sfocia in tensioni sociali e persino in scontri armati. In molte aree, un segno di affievolimento della democrazia è dato dalle crescenti polarizzazioni politiche e sociali, che non aiutano a risolvere i problemi urgenti dei cittadini”.

E così, il Papa volge lo sguardo “alle varie crisi politiche in diversi Paesi del continente americano, con il loro carico di tensioni e forme di violenza che acuiscono i conflitti sociali”, con un occhio particolare a Perù ad Haiti, ma anche – cambiando continente – al Libano in attesa del presidente, e aggiungendo a questa disamina il Brasile dei disordini anti-presidenziali dello scorsa notte. 

“Occorre sempre – dice - superare le logiche di parte e adoperarsi per l’edificazione del bene comune”.