Quindi, lo Yemen, sempre citato dal Papa e dove c’è una tregua che dura da ottobre ma dove i civili continuano a morire a causa delle minime; l’Africa Occidentale, con il terrorismo che colpisce Burkina Faso, Mali, Nigeria, ma anche i processi di transizione in Sudan, Guinea e Ciad. Il Myanmar, anche quello spesso citato da Papa Francesco nei suoi appelli.
Ovviamente, centro di tutto è la guerra in Ucraina, con lo strascico di "molte distruzioni e con gli attacchi alla popolazione civile" che portano la popolazione a non morire solo per le armi, ma anche "di fame o di freddo", sottolineando come "la guerra colpisce le popolazioni più fragili e lacera le famiglie". Per questo, Papa Francesco chiede di "porre fine a questo conflitto insensato" che ha anche conseguenze su altre regioni del mondo, anche sugli approvvigionamenti alimentari.
“L’attuale conflitto in Ucraina – nota in seguito Papa Francesco - ha reso più evidente la crisi che da tempo interessa il sistema multilaterale, il quale abbisogna di un ripensamento profondo per poter rispondere adeguatamente alle sfide del nostro tempo. Ciò esige una riforma degli organi che ne consentono il funzionamento, affinché siano realmente rappresentativi delle necessità e delle sensibilità di tutti i popoli, evitando meccanismi che diano ad alcuni maggior peso a scapito di altri. Non si tratta dunque di costruire blocchi di alleanze, ma di creare opportunità perché tutti possano dialogare”.
Ripartire dal multilaterale, dunque, Comincia qui la seconda parte del discorso, dedicata proprio agli orientamenti della Pacem in Terris.
Prima di tutto, la pace va costruita nella verità. Denuncia Papa Francesco: “Nonostante gli impegni assunti da tutti gli Stati di rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali di ogni persona, ancor oggi, in molti Paesi, le donne sono considerate come cittadini di seconda classe. Sono oggetto di violenze e di abusi e viene loro negata la possibilità di studiare, di lavorare, di esprimere i propri talenti, l’accesso alle cure sanitarie e persino al cibo. Invece, ove i diritti umani sono riconosciuti pienamente per tutti, le donne possono offrire il proprio contributo insostituibile alla vita sociale ed essere prime alleate della pace”.
Papa Francesco sottolinea che la pace “esige anzitutto che si difenda la vita”, non solo messa a repentaglio da conflitti, fame e malattie, ma anche “nel grembo materno, affermando un presunto diritto all’aborto”. Il Papa si appella a “quanti hanno responsabilità politiche, affinché si adoperino per tutelare i diritti dei più deboli e venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani”, ricordando che “vi è una precipua responsabilità degli Stati di garantire l’assistenza dei cittadini in ogni fase della vita umana, fino alla morte naturale, facendo in modo che ciascuno si senta accompagnato e curato anche nei momenti più delicati della propria esistenza”.
Papa Francesco denuncia che il diritto alla vita è “minacciato anche laddove si continua a praticare la pena di morte”, che “non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta”, e per questo il Papa chiede a tuti gli Stati di abolirlo.
Il tema, per Papa Francesco, è quello dell’emergere una “paura della vita”, un timore di formare una famiglia, in particolare in posti come l’Italia dove c’è “un calo della natalità”. Ne parlerà, il Papa, nell’udienza che concederà al Primo Ministro italiano Giorgia Meloni il 10 gennaio. “Al caro popolo italiano – nota Papa Francesco - desidero rinnovare il mio incoraggiamento ad affrontare con tenacia e speranza le sfide del tempo presente, forte delle proprie radici religiose e culturali”.
Papa Francesco mette in luce come l’educazione sia l’antidoto a queste paure, ma che oggi questa è in balia di “una crisi acuita dalle devastanti conseguenze della pandemia e dal preoccupante scenario geopolitico”. Riferendosi al Vertice sulla trasformazione dell’educazione, convocato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite e svoltosi lo scorso settembre a New York, il Papa chiede agli Stati di avere “il coraggio di invertire l’imbarazzante e asimmetrico rapporto tra la spesa pubblica riservata all’educazione e i fondi destinati agli armamenti!”
Papa Francesco poi sottolinea che la pace esige che “sia riconosciuta universalmente la libertà religiosa”, cui si aggiunge “la persecuzione per motivi religiosi”. Dopo mesi di vacanza, recentemente l’Unione Europea ha nominato un “Inviato Speciale dell’Unione Europea per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell’Unione Europea, possa disporre delle risorse e dei mezzi necessari per svolgere adeguatamente il proprio mandato”. Era una preoccupazione di varie organizzazioni umanitarie, che il Papa ha fatto sua.
Non solo. Si denuncia che “la violenza e le discriminazioni contro i cristiani aumentano anche in Paesi dove questi non sono una minoranza”, e che “la libertà religiosa è messa in pericolo anche laddove i credenti vedono ridotta la possibilità di esprimere le proprie convinzioni nell’ambito della vita sociale, in nome di un malinteso concetto di inclusione”.
Ma, nota Papa Francesco, “la liberà religiosa non può ridursi alla mera libertà di culto”, e la religione è “una opportunità effettiva di dialogo e di incontro tra popoli e culture diverse”.
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Papa Francesco, a questo proposito, loda Timor Est che ha incluso il documento sulla Fratellanza Umana nei curricula scolastici, ricorda il suo viaggio in Kazakhstan per il VII incontro dei leader religiosi mondiali, mette in luce quanto sia stato significativo il suo viaggio in Bahrein. “Il cristianesimo .- afferma Papa Francesco . sprona alla pace, poiché sprona alla conversione e all’esercizio della virtù”.
Il secondo pilastro è quello di costruire la pace nella giustizia, e per questo ci vuole un sistema multilaterale che è stato messo particolarmente in crisi dall’attuale guerra in Ucraina. Come già Benedetto XVI nella Caritas in Veritate del 2009, come già prima di lui Giovanni Paolo II e Paolo VI, Papa Francesco chiede una riforma delle Nazioni Unite, “affinché siano realmente rappresentativi delle necessità e delle sensibilità di tutti i popoli, evitando meccanismi che diano ad alcuni maggior peso a scapito di altri”.
E questo perché “i vari fori internazionali sono stati contraddistinti da crescenti polarizzazioni e da tentativi di imporre un pensiero unico, che impedisce il dialogo e marginalizza coloro che la pensano diversamente”, situazione in cui il Papa vede “il rischio di una deriva, che assume sempre più il volto di un totalitarismo ideologico, che promuove l’intolleranza nei confronti di chi non aderisce a pretese posizioni di ‘progresso’, le quali in realtà sembrano portare piuttosto a un generale regresso dell’umanità, con violazione della libertà di pensiero e di coscienza”.
Papa Francesco denuncia che “risorse sempre maggiori sono state impiegate per imporre, specialmente nei confronti dei Paesi più poveri, forme di colonizzazione ideologica, creando peraltro un nesso diretto fra l’elargizione di aiuti economici e l’accettazione di tali ideologie”, affaticando il dibattito interno alle Organizzazioni Internazionali. Anzi, il Papa ricorda il suo incontro con le popolazioni indigene in Canada, e sottolinea che “laddove si cerca di imporre ad altre culture forme di pensiero che non appartengono loro si apre la strada ad aspri confronti e talvolta anche alla violenza”.
Quindi, la pace va costruita sulla solidarietà, perché – come dice il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2022 – “nessuno può salvarsi da solo”, e tutto è interconnesso, come testimoniano fenomeni come le migrazioni, che sono molte volte anche fughe da Paesi in guerra.
Proprio sulla migrazione, il Papa chiede di rafforzare la normativa europea “attraverso l’approvazione del Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, perché si possano implementare adeguate politiche per accogliere, accompagnare, promuovere e integrare i migranti”, e di non far gravare le operazioni di soccorso sui Paesi principali punti di approdo.