Insomma, c’era da tempo di che preoccuparsi. Tema del rapporto è appunto quella della proprietà privata. E qui viene il primo nodo: sebbene si dica generalmente che la Chiesa sia “comunista” nel sentire per i poveri, la Dottrina Sociale non ha mai negato la proprietà privata, che – spiega il vescovo-arcivescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi – “è legata al lavoro, al giusto salario, al risparmio, al fisco, al sistema bancario, all’inflazione, alle concentrazioni produttive e finanziarie, al ruolo dello Stato in Economia”, ed è dunque un diritto “centrale nella vita sociale”.
Crepaldi denuncia che “ci sono oggi forme di limitazione, controllo ed eliminazione della proprietà privata che non ci saremmo mai aspettati. Anche nell’Occidente cosiddetto ‘libero’ si inducono comportamenti tramite premi o punizioni nella gestione delle proprie cose”.
È il prezzo della digitalizzazione, dello sharing, che porta a parlare di “un Deep State globale”, ovvero “di centri di potere transnazionali non istituzionali, e quindi invisibili, che però condizionano i livelli istituzionali determinandone le politiche”. Il rischio è quello dell’anonimato “delle grandi concentrazioni multinazionali e la nuova corporazione dei manager internazionali, non legati a nessun contesto ma coesi tra loro nella nuova ideologia efficientista, che spesso grava sulle persone dei lavoratori e sulle loro famiglie”.
Ma da cosa deriva questo nuovo totalitarismo? Nella sintesi si mette in luce che “i cittadini sono indotti a chiedere essi stessi un controllo sociale molto stretto da parte del potere politico”, cosa che porta ad una “dittatura non imposta”.
Il rapporto denuncia il progetto, “di cui le attività del World Economic Forum di Davos sono un tassello importante anche se non principale, di ripianificazione delle zone di influenza economiche, di tentativi di superamento delle crisi sistemiche determinate dalla tendenza a produrre profitti per via finanziaria piuttosto che tramite l’economia reale, di imposizione culturale di un nuovo globalismo dalle drammatiche conseguenze antropologiche e religiose”.
E così, le emergenze “prodotte ad arte sono indirizzate a far accettare tale nuovo globalismo, ad imporlo come necessario ed utile dagli stessi cittadini. Anche le guerre, che fossero necessarie per realizzare il Reset, vengono propagandate come giuste e da sostenere da parte di tutti, anche con forti limitazioni alla proprietà privata”.
Interessante il saggio del Cardinale Gerhard Ludwig Mueller, prefetto emerito della Congregazione della Dottrina della Fede, che mette in luce i rischi sia del comunismo e del capitalismo. Il primo, “ sottolineando che i beni della terra appartengono a tutti”, e il secondo “con l’enfasi sul lavoro come base per l’acquisizione della proprietà” rappresentano “solo gli aspetti parziali isolati della struttura complessiva dell’immagine cristiana dell’uomo, da cui l’enciclica Rerum novarum ha sviluppato la dottrina sociale cattolica”.
Il prodotto di questa società è il transumanesimo, che – spiega il Cardinale – “è identico al classico anti-umanesimo delle ideologie atee, solo più abilmente camuffato e meglio venduto”, diventando così “il quarto regno nella corsa del nichilismo e del suo abisso divorante”.
Il post-umanesimo – argomenta il Cardinale – “è la peggiore guerra di annientamento contro l’umanità. Fa guerra alle nuove generazioni (aborto/infanticidio) e agli anziani e ai malati che sono consumati e fuori dai giochi (eutanasia). Distrugge le fondamenta della vita, relativizzando il matrimonio tra uomo e donna e la famiglia come genitori che convivono con i propri figli”.
Sono temi su cui riflettere, se non altro per guardare al di là del mainstream. E, di fatto, si assiste ad una sorta di ritorno del socialismo globale, in forme diverse – più dittatoriali in America Latina, più subdole in Europa – che, nel nome del dare all’uomo tutte le libertà, ne annientano l’individualità. L’uomo, infatti, resta con il piacere edonistico della propria identità sessuale, ma isolato, fuori da una comunità, e comunque indirizzato. Nel momento in cui non c’è un riferimento di valori, l’uomo è solo, e la sua libertà non è altro che una prigionia.
È un messaggio profondo, quello del rapporto, tutto da ponderare.
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