A Betlemme, ricorda Papa Francesco – “risuona il primo vagito del principe della pace”, perché Gesù stesso “è la nostra pace”, cioè “quella pace che il mondo non può dare e che Dio Padre ha donato all’umanità mandando nel mondo il suo Figlio”.
Papa Francesco sottolinea che che “Gesù Cristo è anche la via della pace”, perché “con la sua incarnazione, passione, morte e risurrezione, ha aperto il passaggio da un mondo chiuso, oppresso dalle tenebre dell’inimicizia e della guerra, a un mondo aperto, libero di vivere nella fraternità e nella pace”.
Papa Francesco esorta a seguire questa strada, e ricorda che questo si può fare solo “camminando dietro Gesù”, spogliandoci delle zavorre che furono anche di Erode, ovvero l’attaccamento al potere e al denaro, la superbia, l’ipocrisia, la menzogna”.
Sono zavorre che “escludono dalla grazia del Natale e chiudono l’accesso della via della pace”, e infatti ancora oggi “mentre ci viene donato il Principe della pace, venti di guerra continuano a soffiare gelidi sull’umanità”.
Ancora, il Papa chiede di guardare a Betlemme, al volto del Dio bambino in cui riconoscere il volto “dei bambini che in ogni parte del mondo anelano alla pace”.
Papa Francesco chiede – riferendosi indirettamente all’Ucraina – che “il nostro sguardo si riempia dei volti dei fratelli e delle sorelle ucraini, che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra”.
L’invito è ad essere “pronti a gesti concreti di solidarietà per aiutare quanti stanno soffrendo, chiedendo al Signore che illumini le menti di chi ha il potere di far tacere le armi e porre fine subito a questa guerra insensata!”
Papa Francesco lamenta che “si preferisce ascoltare altre ragioni, dettate dalle logiche del mondo. Ma la voce del Bambino, chi l’ascolta?”
Comincia qui la disamina delle situazioni di guerra più pressanti per la Santa Sede. In primis, la Siria, “ancora martoriata da un conflitto che è passato in secondo piano ma non è finito”. Ma anche “la Terra Santa, dove nei mesi scorsi sono aumentate le violenze e gli scontri, con morti e feriti”.
Papa Francesco prega che “riprendano il dialogo e la ricerca della fiducia reciproca tra Israeliani e Palestinesi”, ma guarda anche alla situazione dei cristiani in Medio Oriente, perché “in ciascuno di quei Paesi si possa vivere la bellezza della convivenza fraterna tra persone appartenenti a diverse fedi”.
Un pensiero particolare va al Libano, “perché possa finalmente risollevarsi, con il sostegno della Comunità internazionale e con la forza della fratellanza e della solidarietà”.
Papa Francesco quindi guarda all’Africa e chiede pace per la regione del Sahel, “dove la pacifica convivenza tra popoli e tradizioni è sconvolta da scontri e violenze”, e si sposta in Asia, chiedendo “una tregua duratura nello Yemen”, ma anche “la riconciliazione nel Myanmar e in Iran, perché cessi ogni spargimento di sangue”.
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Dall’Asia all’America: Papa Francesco chiede che Gesù “ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà nel continente americano, ad adoperarsi per pacificare le tensioni politiche e sociali che interessano vari Paesi”, e un pensiero particolare è rivolto alla popolazioni di Haiti.
Quindi, Papa Francesco ricorda le persone che “patiscono la fame, soprattutto bambini, mentre ogni giorno grandi quantità di alimenti vengono sprecate e si spendono risorse per le armi”.
La guerra in Ucraina – nota il Santo Padre – “ha ulteriormente aggravato la situazione, lasciando intere popolazioni a rischio di carestia, specialmente in Afghanistan e nei Paesi del Corno d’Africa”.
Ma questo succede perché “ogni guerra – lo sappiamo – provoca fame e sfrutta il cibo stesso come arma, impedendone la distribuzione a popolazioni già sofferenti”. Allora l’impegno deve essere, soprattutto per quelli che hanno responsabilità politiche, affinché “il cibo sia solo strumento di pace”.
Papa Francesco chiede anche di pensare alle persone che “in questo tempo di crisi economica, fanno fatica a causa della disoccupazione e mancano del necessario per vivere”.
In fondo, Gesù “viene in un mondo malato di indifferenza, brutta malattia”, da cui viene respinto “come accade a molti stranieri, o lo ignora, come troppo spesso facciamo noi con i poveri”.