Carpi , domenica, 25. dicembre, 2022 10:00 (ACI Stampa).
Nella novena del Natale la Chiesa ci ha fatto ripetere per ben nove giorni: “Rorate Cœli desúper, et nubes plúant justum (Stillate rugiada, o cieli, dall'alto, e le nubi piovano il Giusto). Con queste parole abbiamo rivolto la nostra supplica a Dio affinché mandi dal cielo il Salvatore. La nostra invocazione è stata, finalmente, esaudita. I cieli si sono aperti e noi in questa santa notte siamo qui riuniti per celebrare il Dio-con-noi. A fronte di questo annuncio emerge un interrogativo. Ma siamo noi certi che i cieli si sono aperti e Dio nella Sua infinità bontà ci è venuto incontro, abbandonando gli insondabili spazi del suo Regno?
La situazione dell’umanità e i drammi che essa vive sembrano, infatti, dirci che i cieli sono rimasti chiusi e che Dio si mostra insensibile alle richieste dell’uomo. In realtà noi possiamo trovare una risposta a questo angoscioso dubbio solo se andiamo oltre lo scandalo che subisce la nostra intelligenza per la nascita nella fragilità della carne umana del Figlio di Dio. Fermiamoci, dunque, un attimo a riflettere e chiediamoci se è possibile comprendere per quale motivo il Signore - che ha riempito il cielo con miliardi di galassie, che ha creato tutto ciò che esiste - per salvare il mondo anziché utilizzare la via della potenza, della forza e della ricchezza abbia scelto quella dell’umiltà e del nascondimento. Il Signore ha operato una simile scelta per rispettare la libertà dell’uomo, la quale sarebbe stata annullata se si fosse manifestato con tutta la Sua onnipotenza e nella luce della Sua gloria. E’ venuto tra noi come un bambino perchè un neonato non fa paura a nessuno, chiede solo di essere accolto e amato. Il Signore vuole attirarci a sé, non approfittando della Sua grandezza e del Suo splendore, ma proponendoci la ricchezza del suo amore. Il Signore, scegliendo, per venire a noi, la via dell’umiltà si è esposto così al rischio di non essere riconosciuto o peggio ancora rifiutato. La libertà dell’uomo - è stato detto- è la debolezza di Dio.
Possiamo veramente riconoscere che con l’Incarnazione del Figlio di Dio è entrata nel mondo un’autentica rivoluzione, la quale dilaga non utilizzando la violenza e la forza, ma l’umiltà. Il Signore ama ciò che è umile. Per questo ha guardato l’umiltà della Vergine Maria, ha accettato di sottoporsi alle leggi umane, ha scelto come luogo per nascere la povertà di una stalla, è stato riconosciuto come il Salvatore da persone che vivevano al margine della società, i pastori…L’insegnamento è chiaro. Anche noi, per riconoscere e accogliere Cristo, siamo chiamati a percorrere la medesima strada per la quale Egli è giunto a noi: l’umiltà. Si tratta di un percorso difficile ed impervio perchè noi siamo un impasto di orgoglio e di presunzione, che ci porta a ritenere di poterci salvare da soli. Inoltre, in noi ha preso il sopravvento il desiderio di dominio materiale, che ci fa perdere la dimensione spirituale della vita.
Tuttavia, è onestà riconoscere che l’uomo per quanto grande sia non è perfetto, necessita di essere salvato. Il verbo “salvare”, che nel suo significato originario significa “conservare”, ci ricorda che l’uomo è comunque un “incompiuto”. Tale incompiutezza si rivela in tutta la sua drammaticità nell’esperienza della sofferenza e della morte, le quali non possono essere vinte né dalla ricchezza né dalla scienza né dalla medicina né dalla forza, ma solo da Cristo, il quale con la sua morte e resurrezione ha vinto il peccato e sconfitto la morte. Il Natale, se vissuto nella verità è, dunque, tempo di conoscenza di sé stessi e di Dio. Esso ci ricorda che non è l’uomo che è dio, ma che Dio si è fatto uomo per salvarci. Dall’accoglienza di questa assoluta novità nasce un nuovo stile di vita, si costruiscono relazioni nuove fondate sull’amore, siamo liberati dall’inganno di ritenere di potere bastare a noi stessi, scopriamo la forza rinnovatrice e rivoluzionaria della bontà e del servizio.
La fede, quindi, non ci estranea dai problemi del mondo, ma potenzia l’impegno per costruire un mondo di pace e di giustizia, anche quando questo sforzo si trova davanti a ostacoli insormontabili per l’uomo. Comprendiamo allora che l’ingiustizia, la violenza, l’egoismo dilagano a causa del rifiuto di Dio. Senza il dialogo con Lui l’uomo si perde perchè disimpara a conoscere se stesso e a riconoscere l’altro vicino a sè come un fratello. La più grande povertà dell’uomo di oggi è la povertà di Dio. Il Natale è un invito potente a riportare il Signore nella nostra vita. Accogliamo questo invito e vivremo meglio, tutti.