Roma , sabato, 24. dicembre, 2022 10:00 (ACI Stampa).
Per noi è nato un bambino. È questo l’annuncio che oggi e domani risuonerà nelle nostre cattedrali e chiese. Un annuncio che richiama il valore della pace e della fratellanza tra tutti i popoli. Ed è il messaggio che troviamo nelle riflessioni rivolte dai vescovi italiani alle proprie comunità diocesane.
“La violenza e la guerra – afferma il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei nel messaggio di auguri natalizi – uccidono l’umanità e spengono la vita. Il Natale accende la speranza e restituisce l’umanità. Preghiamo tanto per la pace e scegliamo anche noi di essere operatori di pace con tutti coloro che incontriamo, e anzitutto con noi stessi, sentendo l’amore di Cristo e restituendo la luce che illumina la notte, aiutando con il nostro amore tutti coloro che sono nella sofferenza, nel buio, nella solitudine e nella difficoltà. I pastori di notte videro una grande luce e si misero in cammino non cercando nulla di grande. Non trovarono qualcosa di imponente ma la cosa più piccola: un bambino. Era in un luogo fuori da quelli ordinari, un luogo povero, per certi versi insignificante, perché pieno del vero significato della vita. Ecco il senso del Natale: la luce che viene tra gli uomini per accendere i loro cuori e perché diventino loro stessi luce di speranza e di umanità”. “Vorrei che, in questo tempo liturgico, il tema della pace - nella sua dimensione cristiana e umana - risuonasse spesso nelle nostre assemblee, come pure diventasse un argomento ‘ritornante’ nella riflessione e nelle conversazioni che siamo chiamati a promuovere”, scrive il card. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’ Aquila evidenziando che pace “non vuol dire solo assenza di guerra, ma vita fraterna, personale e comunitaria, animata dalla verità e dall’amore. Siamo pure consapevoli che il peccato punta ad uccidere la pace e suscita egoismi ‘conduttori’ di inimicizie e di violenze. Da questo male, che ci portiamo addosso, non siamo in grado di emanciparci da soli: ecco perché ci fa esultare la ‘buona notizia’ che Dio stesso si è mosso, per venirci incontro e riscattarci da questa ‘patologia’ etica, che attacca la mente, il cuore e i rapporti umani”. Celebrare il Natale significa “aprire spazi spirituali, culturali e sociali al Figlio di Dio, fatto uomo nella Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Lui, dimorando in noi con la Sua Parola e la Sua grazia, ci rende capaci di respingere le logiche inique delle contrapposizioni, per accogliere la fiamma della pace e accenderla nel mondo in cui operiamo”.
“In questo dicembre 2022 è facile prepararsi per la nostra diocesi alla ‘Venuta del Signore’… Abbiamo la gioia di aver avuto due doni bellissimi: due famiglie siriane che grazie ai corridoi umanitari sono arrivate da noi proprio nella prima settimana di Avvento. Vengono da due campi profughi in Libano, campi dove i loro bambini non potevano essere curati (due dei loro figli hanno patologie importanti), non potevano studiare e neppure i loro genitori lo hanno potuto fare perché hanno trascorso la vita spostandosi di continuo, fuggendo da missili e bombe”, sottolinea il card. Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val D’Elsa-Montalcino: “celebriamo allora la nascita di Gesù stringendoci intorno a loro. Hanno bisogno di affetto, cure, attenzioni, preghiere. Abbiamo predisposto piccole iniziative con Babbo Natale per i bambini ucraini e siriani che sono ospiti da noi, un dono da far pervenire a tutte le famiglie dove c’è un bambino, una celebrazione eucaristica per tutti volontari impegnati in modo associato o singolo nel servizio agli altri, perché anche chi aiuta ha bisogno di essere sostenuto”. Il Natale e anche il primo dell’anno, che viene celebrato come giorno della pace, “aiutino ciascuno di noi a compiere i propri piccoli passi di pace”, sottolinea il vescovo di Padova, Claudio Cipolla spiegando che la la pace nasce “se mettiamo insieme i nostri desideri personali, il nostro impegno, i nostri sogni di pace e ci impegniamo insieme per realizzarli. In questi ultimi mesi la lampada della pace sta girando nel nostro territorio diocesano, alimentata dalla preghiera di singoli e comunità che s’impegnano a farsi custodi e promotori di questo grande dono”.
Cita la favola della volpe e dell’uva l’arcivescovo di Gorizia, Carlo Roberto Maria Redaelli sottolineando che “si rinuncia facilmente a impegnarsi a raggiungere qualcosa di buono, di vero, di bello perché ci sono difficoltà, ci sono fatiche da assumere, c’è bisogno di forza, di impegno, di costanza e allora si dichiara che poi quel buono, vero e bello non è poi così importante e in ogni caso occorre accontentarsi perché è irraggiungibile”. Che cosa c’entra il Natale con la volpe e l’uva? C’entra – risponde il presule – “se solo mettiamo al posto dell’uva la salvezza, quella proposta da Dio”. Il Natale “che c’è una stella, c’è una luce, c’è una pace, c’è una salvezza. Anzi un Salvatore, il Dio con noi che è divenuto uno di noi”.
“Il Natale è l’incontro dello stupore e dell’amore, che cambiano la vita”, afferma l’arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, Giuseppe Baturi: “ogni fase della vita, a ben vedere, evolve se è accompagnata dallo stupore dell’amore: dai bambini che si stupiscono per le piccole scoperte quotidiane ai ragazzi che si stupiscono degli orizzonti che si schiudono davanti a loro; dai giovani per lo stupore di inedite relazioni coinvolgenti e travolgenti, agli adulti che si stupiscono per la possibilità di generare novità; fino ad arrivare allo stupore saggio degli anziani che con ammirazione scorgono la pienezza della vita. Quando in questi passaggi viene meno lo stupore – conclude - si è travolti dalla tristezza e da sterili rammarichi che conducono all’isolamento e alla divisione”. Per consolidare il legame di fraterna spiritualità con i fedeli, questa mattina in Episcopio Baturi apre le porte della sua dimora a coloro che vorranno partecipare ad uno scambio di saluti e auguri nel giorno della vigilia del Santo Natale.