Qualche ora dopo, Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri, aveva comunicato di temere “che i fratelli ceceni e i buriati, e anche me stessa, non lo apprezzeremmo”. E – ha aggiunto – “per quanto ricordi, non ci sono state parole di scuse da parte del Vaticano”.
Il riferimento indiretto di Zakharaova è all’intervista del Papa alla rivista dei gesuiti statunitense America, in cui il Papa attribuiva le maggiori crudeltà a ceceni e buriati nel tentativo di togliere responsabilità dalla parte russa. Una affermazione che aveva scatenato le reazioni di protesta del ministro degli Esteri russo Lavrov, ma anche del presidente della Cecenia Kadyrov e della comunità buddista dei buriati.
Zakharova, però, ha fatto rientrare il caso già nei giorni successivi, sottolineando che
"la Segreteria di Stato si scusa con la parte russa. La Santa Sede nutre un profondo rispetto per tutti i popoli della Russia, per la loro dignità, fede e cultura".
Il 15 dicembre Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha confermato che ci sono stati contatti diplomatici vaticani nei confronti della Russia per cercare di ricucire lo strappo.
Già a metà novembre, Papa Francesco aveva fatto sapere che il Vaticano era pronto a fare tutto il possibile per mediare e porre fine alla guerra, e il Cremlino aveva risposto poco dopo che apprezzava lo sforzo vaticano, ma che la posizione dell’Ucraina lo rendeva possibile.
Lo stesso cardinale Parolin ha detto che “oggi non ci sono molte condizioni per il dialogo, aggiungendo però che “una pace che arriverà da una vittoria avrà un prezzo enorme”, e che la Santa Sede vorrebbe che fosse “una pace in cui fioriscano diritti e giustizia”.
FOCUS AMERICA LATINA
Colombia, la Chiesa accompagna i negoziati di pace in forma permanente
In una lettera pubblicata domenica 11 dicembre, la Conferenza Episcopale Colombiana ha reso noto di aver accettato di diventare un “accompagnatore permanente” dei colloqui di pace, la cui prima fase si è conclusa a inizio dicembre.
In questo modo, la Chiesa Cattolica diventa un interlocutore chiave negli sforzi di pacificazione del Paese.
La lettera era firmata dall’arcivescovo Luis José Rueda, di Bogotà, presidente della Conferenza Episcopale Colombiana. Al momento, il negoziato sta avendo luogo con l’Ejercito de Liberacion Nacional (ELN), l’ultima sigla che sta svolgendo guerriglia nel Paese dopo la pace con le FARC.
La Chiesa sarà rappresentata da monsignor Héctor Fabio Henao, che di recente è stato nominato delegato dell’organismo per la relazioni con gli Stati.
Era stato il presidente Gustavo Petro, il 7 agosto, a una settimana dalla sua presa di possesso, a invitare la Chiesa a lavorare per la pace, e la Chiesa accettò rapidamente questo invito.
La Santa Sede ha lavorato, sin dagli anni Novanta, a facilitare i negoziati sia del processo di pace che della liberazione dei prigionieri.
Petro, che è il primo presidente di sinistra di Colombia, si affida all’istituzione ecclesiastica perché questa ha un peso importante in Colombia ed è presente in tutto il Paese, anche nelle zone più remote”.
Nicaragua, il vescovo Alvarez ancora sotto arresto
Dopo quattro mesi di carcere, il vescovo di Matagalpa Rolando Alvarez, che fu prelevato insieme ad altri nove religiosi, sarà portato a processo con le gravissime accuse di "cospirazione contro la nazione e anche per diffusione di notizie false che danneggiano la sicurezza del Paese".
Lo scorso 19 agosto, Alvarez è stato trasferito da Matagalpa a Managua, in una casa dove resterà durante il processo. Le condizioni di salute del vescovo, un diabetico on problemi cardiaci, sono preoccupanti.
Il Cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, è rientrato nel Paese dopo un tour in Vaticano, e ha ribadito che “la Chiesa non è di nessun partito o di una determinata ideologia, noi continuiamo a fare il nostro lavoro che è un lavoro pastorale, accompagnando la nostra gente, o la mentalità di professare la speranza”.
FOCUS EUROPA
La Bulgaria sanzionata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
Lo scorso 13 dicembre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato il governo bulgaro per aver violato il diritto alla libertà religiosa dei cristiani evangelici nella nazione.
La sentenza si riferiva ad una campagna portata avanti nel 2008 da officiali governativi perché mettessero in guardia bambini e famiglie delle chiese Protestanti. La campagna è stata considerata una violazione dei diritti umani.
Considerato il linguaggio “peggiorativo e ostile” usato dalle autorità, la Corte ha stabilito che il governo ha “infranto in maniera sproporzianata” la libertà religiosa dei suoi pastori e delle sue scelte.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Preoccupazione Terrasanta
Il 12 dicembre 2022, sulla soglia delle festività natalizie, l’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (i vescovi e i responsabili delle maggiori comunità religiose, come la Custodia francescana) ha reso pubblica una presa di posizione che si rifà alle categorie di giustizia e pace ed esprime preoccupazione per l’attuale contesto sociale e politico.
I presuli sottolineano la loro “preoccupazione per il contesto politico e per il graduale deteriorarsi della più generale situazione politica e sociale in Terra Santa”.
I vescovi hanno puntato il dito su “alcune di dichiarazioni fatte da membri della coalizione governativa israeliana,” definite “divisive” e che favoriscono “coloro che in questo Paese vogliono la divisione”.
Per questo i presuli si augurano “che, sotto questo governo, l’attenzione delle autorità civili del Paese venga restituita con equità alle diverse comunità che compongono la società israeliana, evitando discriminazioni o preferenze”. In particolare, mostrano preoccupazione “per la violenza e la mancanza di sicurezza all’interno della comunità araba in Israele, ferita da continui incidenti e da una criminalità diffusa. Questi rendono la vita delle famiglie sempre più fragile. È necessario prestare maggiore attenzione alle comunità arabe in Israele e curare meglio lo sviluppo delle città arabe”.
La lettera affronta anche il tema dell’istruzione, considerata prioritaria, a fronte di una crisi delle scuole cristiane, colpite anche da tagli ai finanziamenti governativi.
I presuli hanno anche voluto sottolineare che “i lavoratori stranieri, i richiedenti asilo e i loro figli fanno parte della vita della Chiesa. Ancora una volta siamo chiamati a dare voce a molti che vivono in una sorta di limbo giuridico, senza adeguate garanzie e senza chiare prospettive per il loro futuro”.
Preoccupazione viene espressa per quello che succede “in Palestina e nei territori occupati”, considerando che “la violenza dei coloni negli insediamenti è sempre più in aumento. Lo spazio vitale a disposizione della popolazione palestinese continua a ridursi, a causa della crescita a ritmo sostenuto degli insediamenti. Assistiamo anche ad attacchi alla popolazione ebraica. La violenza non è mai giustificata e deve essere sempre condannata, indipendentemente dalla sua provenienza. Nessuno dovrebbe morire perché è ebreo o perché è arabo”.
I vescovi chiedono anche di rispettare i minori, di rilanciare il processo di pace, di alzare la voce per poveri e deboli.
La lettera include anche aspetti positivi come il ritorno dei pellegrini, ma anche aspetti che riguardano la vita ecclesiale del Paese.