Città del Vaticano , venerdì, 2. dicembre, 2022 11:00 (ACI Stampa).
"Questa sera, sotto la casula, indosso la dalmatica di quell’11 ottobre 1997, quando nella Basilica Vaticana il Cardinale Sodano mi ordinò Vescovo dopo che San Giovanni Paolo II mi aveva nominato Nunzio Apostolico in Venezuela. Questo semplice paramento liturgico richiama il Vescovo alla dimensione del servizio che contraddistingue colui che è chiamato al Sacramento dell’Ordine sin dall’ordinazione diaconale". Un ricordo personale e intimo che va alle radici della missione episcopale, quello del cardinale Leonardo Sandri Prefetto emerito del Dicastero per le Chiese Orientali e Vice-Decano del Collegio Cardinalizio, nella omelia della Solenne celebrazione eucaristica di ringraziamento per il XXV Anniversario di Ordinazione Episcopale e nel congedo dal servizio come Prefetto che si è celebrata ieri 1 dicembre nella Basilica dei Santi Apostoli.
Prendendo spunto dalle letture della liturgia il cardinale ha riflettuto sul “Magnificat”. Ed ha detto: "Chiediamo in questa Novena dell’Immacolata di lasciare che lo Spirito possa dissodare con la sua opera il terreno a volte rimasto incolto o abbandonato del nostro cuore, perché la festa imminente di Maria e quella ormai prossima della nascita del Suo Figlio ci trovi rinnovati nella grazia e ridestati allo stupore".
Poi è passato al grazie per la sua missione di vescovo: "Si è chiamati per rimanere servi, proprio come Gesù, che nell’Ultima Cena ha detto ai suoi Apostoli “Se dunque, io, il Signore e Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”".
E ha aggiunto "ho cercato di presentarmi e di accogliere con lo stesso sorriso i Capi di Stato come i piccoli accuditi dalle suore di Madre Teresa in Armenia, Etiopia o da quelli dell’Istituto Effetà o dell’Hogar do Ninos Jesus a Betlemme. Forse è più facile prendere in braccio e benedire questi ultimi che trovare aperture nelle menti e nei progetti dei grandi della Terra. Ho avuto l’onore di servire come Vescovo tre Pontefici, cogliendo nelle diverse sfumature dei loro tratti umani e del loro Magistero la fedeltà di Dio alla Sua Chiesa, che cammina nella storia accanto agli uomini e alle donne del suo tempo, offrendo a tutti loro la speranza che nasce dalla Pasqua di Cristo, piuttosto che dai nostri progetti umani".
Poi il pensiero alla Terra Santa. "Siamo discepoli di Cristo per rimanere con Lui che ha già attraversato la povertà della nascita, il nascondimento di Nazaret, l’incontro quotidiano con il lavoro degli uomini e delle donne, lo strazio per la morte di una persona cara, lo scandalo del tradimento e del rinnegamento, l’ingiusto processo fino alla morte da innocente, ma è stato risuscitato dal Padre. Se perdiamo questo collegamento tra la nostra vita e Cristo, tra Lui e la sua Chiesa, che cosa abbiamo da offrire di luminoso ed autentico al mondo di ieri, di oggi e di domani? In questo senso ritengo una grazia particolare l’essere stato chiamato a servire per il maggior numero dei miei anni da Vescovo i figli e le figlie dell’Oriente cristiano, perché la loro esistenza, pur tra le contraddizioni che abitano anche quelle comunità, ci rimanda alle origini, alle scintille del fuoco pentecostale, ci impedisce di tapparci le orecchie dinanzi alla preghiera di Gesù che anima l’ecumenismo “Ut unum sint” e ci obbliga, se non vogliamo ridurre il mondo ad un cumulo di macerie, a percorrere sentieri di incontro con coloro che vivono altre esperienze religiose ma con i quali possiamo porre alcuni segni nel rispetto delle dignità umana e della giustizia tra i popoli".