Città del Vaticano , sabato, 26. novembre, 2022 11:00 (ACI Stampa).
Il 24 luglio 2021, una decina di giorni dopo le dimissioni di Papa Francesco dal Gemelli dove ha subito un intervento chirurgico il 4 luglio precedente, il Cardinale Angelo Becciu prende il telefono e chiama Papa Francesco. Soprattutto, fa registrare la chiamata. Perché il 13 luglio è arrivata una lettera del Papa che, di fatto, dice che no, il Papa non sapeva niente dei trasferimenti di denaro disposti per la liberazione di suor Cecilia Narvaez, la suora colombiana rapita in Mali. E che Becciu avrebbe trasferito quei soldi da solo.
La registrazione della telefonata del Cardinale Becciu a Papa Francesco è stata fatta ascoltare nell’udienza del 24 novembre 2022, ma solo a promotori di giustizia e difensori, mentre i giornalisti e gli uditori sono stati fatti accomodare fuori. E questo perché si deve ancora decidere se questa telefonata è ammissibile. La trascrizione della telefonata, acquisita dalla procura di Sassari in un’altra indagine e ottenute dal Promotore di Giustizia vaticano attraverso una rogatoria, è stata però pubblicata integralmente dalla cronaca giudiziaria di una nota agenzia italiana.
Tre giorni di interrogatorio, due ad Alberto Perlasca, uno a Luciano Capaldo, ingegnere, consulente della Santa Sede nella questione dell’immobile di Londra, che in passato aveva collaborato anche con Gianluigi Torzi, l’ultimo broker a gestire il palazzo. Sono stati tre giorni intensi: oltre alla telefonata del Cardinale Becciu, è arrivata la notizia di una indagine per associazione a delinquere sul Cardinale ad opera della procura di Sassari, per la quale un fascicolo sarebbe stato aperto anche in Vaticano, sebbene i legali di Becciu abbiano reso noto di non saperne niente; poi, c’è stata la rivelazione da parte di Capaldo che l’arcivescovo Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato, avesse chiesto a un ex affiliato dei servizi italiani di pedinare il direttore generale dello IOR Gianfranco Mammì; e infine c’è stata la testimonianza fiume di monsignor Alberto Perlasca, già capo dell’amministrazione della Segreteria di Stato, che, anche con espressioni colorite, ha dato la sua versione dei fatti. Una testimonianza, quest’ultima, a tratti confusionaria, con diverse discrasie tra quanto prodotto in due memoriali del monsignore (uno del 31 agosto 2020, un altro depositato come dichiarazione spontanea lo scorso 22 novembre) e i suoi interrogatori e quanto invece stava rispondendo. Tanto che per quattro volte il presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone ha invitato monsignor Perlasca a ponderare bene le sue risposte, arrivando addirittura a ricordare che, in caso di dichiarazioni mendaci, poteva essere incriminato per falsa testimonianza.
I temi del processo
Più che scendere nei dettagli, c’è bisogno di avere delle linee guida per comprendere quello che è successo in aula. Il processo, come è noto, riguarda la gestione dei fondi della Segreteria di Stato, e in particolare l’investimento su un immobile di lusso a Londra, in Sloane Avenue. Ma nel processo – che ha dieci difensori – confluiscono anche altri due filoni di indagine: quello cosiddetto “Sardegna”, che riguardano i fondi destinati dal Cardinale Becciu quando era sostituto della Segreteria di Stato alla Caritas di Ozieri per sostenere un progetto della cooperativa SPES, per la quale si contesta un peculato; e poi, la questione di Cecilia Marogna, la sedicente esperta di intelligence contrattata dalla Segreteria di Stato per alcune operazioni, e in particolare per la liberazione di una suora.