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"Chiamatemi Francesco" il film sulla vita del Papa, anteprima in Vaticano

Una foto dal film |  | presskit
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Una foto del film |  | presskit
Una foto del film | presskit
Dal Film Chiamatemi Francesco  |  | PressKit
Dal Film Chiamatemi Francesco | PressKit

“Che ci faccio qui a Roma? Dovrei andare in pensione”. Sono le prime parole del Cardinal Jorge Bergoglio alla vigilia del Conclave che lo eleggerà Pontefice, pronunciate nel film di Daniele Luchetti “Chiamatemi Francesco”. Un uomo preoccupato, questa la chiave di lettura scelta dal cineasta, per raccontare cinquanta anni di vita di Papa Francesco. “Il Bergoglio di oggi è questo – ha detto il regista Luchetti presentando il film a Roma -  “perché è stato in altro modo nel passato, ha attraversato gli inferni, per arrivare a fare ciò che desiderava di più da giovane, aiutare gli altri”.

Lungo il percorso di scrittura del film che ha portato il regista, insieme al produttore Pietro Valsecchi, in Argentina per cercare di conoscere ed incontrare persone che avevano veramente conosciuto Jorge Bergoglio. “Non volevo fare un'agiografia, un santino, desideravo un racconto cinematografico il più onesto possibile” ha confessato Luchetti. Fondamentale è stato l'incontro a Buenos Aires con una persona che anziché esaltare solamente le doti umane e spirituali di Bergoglio lo ha definito un “uomo preoccupato”.

Ecco il filo conduttore di “Chiamatemi Francesco” ed infatti il film accompagna lo spettatore nei difficili anni giovanili di Papa Francesco. Figlio di una famiglia di immigrati italiani, il giovane Bergoglio, studente di chimica e fidanzato con una coetanea, riceve la vocazione sacerdotale, mentre l'Argentina sta per vivere il terrore della dittatura militare. Sono gli anni difficili in cui il ventenne Padre Bergoglio, entrato nell'ordine dei Gesuiti, diventa il responsabile di un istituto religioso dove nasconderà seminaristi e giovani in fuga dalla polizia violenta del Presidente Videla.

Il dramma dei desaparecidos, amici cari e persone innocenti che scompaiono nel nulla, sacerdoti torturati perché difendevano i più deboli; esperienze di dolore profondo che portano Bergoglio, negli anni Novanta, ad occuparsi degli ultimi, di chi vive nelle favelas. Padre Bergoglio, nominato vescovo ausiliario dal Cardinal Quarracino, per volontà diretta di Papa Giovanni Paolo II, dedicherà la sua vita a chi soffre nelle periferie. Nel film un ulteriore salto nel tempo porterà lo spettatore ai giorni nostri, quando il Cardinal Bergoglio, convinto ormai che la sua missione sia guidare la comunità di Buenos Aires, viene chiamato a Roma dopo le dimissioni di Papa Ratzinger. Il resto è storia di oggi.

La figura di Papa Francesco che viene raccontata nel film è chiaramente frutto di testimonianze, “ipotetica” tiene a precisare il regista Luchetti, anche se “abbiamo chiesto al Vaticano di leggere la sceneggiatura per avere dei consigli, ma purtroppo non abbiamo trovato nessuno che fosse disponibile” ha aggiunto il produttore Valsecchi. Senza alcuna indicazione dalla Santa Sede, il regista decide comunque di andare avanti, di fare il suo film. Si affida allora ad uno sceneggiatore argentino, Martin Salinas, per raccontare quella parte di storia vissuta dal giovane sacerdote Bergoglio e sceglie due attori argentini per interpretarlo. Rodriga De La Serna, interpreta Jorge Bergoglio dalla gioventù fino alla nomina come vescovo ausiliario, mentre Sergio Hernandez veste i panni del Cardinal Bergoglio fino alla sua elezione a Pontefice.

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Hanno raccontato ai giornalisti di un’esperienza interiore molto forte, di una costruzione minuziosa del personaggio attraverso l’ascolto delle sue omelie, delle messe, delle parole di Papa Francesco. Il film, che uscirà in Italia il prossimo 3 Dicembre e sarà distribuito in 40 paesi del mondo, sarà proiettato in anteprima il 1° Dicembre presso la Sala Nervi in Vaticano ad una platea di settemila persone invitate dalle parrocchie. La domanda al regista è d’obbligo? Ci sarà anche il protagonista del film, Papa Francesco? “Non lo sappiamo – ha risposto Daniele Luchetti – però possiamo dire che lo abbiamo mostrato a Mons. Karcher, colui che passò il microfono al Papa che per la prima volta si affacciava su Piazza San Pietro”. Dopo qualche minuto di silenzio – ha raccontato ancora il regista – il Monsignore mi ha detto è un film veritiero. Ho tirato un lungo sospiro di sollievo”.