Roma , venerdì, 18. novembre, 2022 9:00 (ACI Stampa).
“La maternità è la genesi di ogni significato possibile. In quel ‘sì alla vita’ che la donna pronuncia davanti a sé stessa, aprendosi a quell’altro che è però dentro di lei, il tempo resta sospeso, l’eternità sfiora la carne del mondo, e l’uomo accade”: con queste parole, Simone Tropea, autore di ‘Generato e non creato. Mistica e filosofia della nascita: la maternità surrogata e il futuro dell’umanità’, introduce al ‘mistero della maternità’, un mistero che non può essere ‘ridotto’ alla compravendita di esseri umani.
L’autore è specializzato in ‘Storia del Pensiero Teologico e Filosofia Morale’, si è formato in Spagna (presso la Pontificia Università di Salamanca e alla ‘Rey Juan Carlos’ di Madrid), prima di tornare in Italia e studiare Bioetica presso l’Università ‘La Sapienza’ di Roma.
Nel libro si sofferma sul legame madre-figlio, citando testi come ‘Maternal Care and Mental Health’, di J. Bowlby, medico che curò un documento per l’OMS sul tema della maternità e dell’attaccamento del neonato alla madre: “Con Bowlby attraverso un approccio scientifico integrato, la scienza contemporanea afferma definitivamente che l’esperienza psichica fondamentale, per ogni individuo umano, è la relazione con la madre. Una relazione pre-culturale, che può risultare ferita o negativamente compromessa, quando viene alterata da un contesto storico e sociale, o da un evento biografico, che produce uno strappo violento e innaturale tra genetrix e generatus, trasformandosi così nell’origine inconscia di molte patologie psichiche e fisiche”.
All’autore del libro chiediamo di spiegarci il motivo per cui ha scritto un libro sulla maternità: “Perchè penso che il nostro tempo ci chieda una riflessione radicale sul senso e il significato dell’essere umano, e non ha bisogno di pensieri sparsi, né tantomeno di slogan o letture parziali. Mi spiego meglio. Viviamo un’epoca di trasformazioni molto profonde, e in tanti offrono prospettive e chiavi di lettura diverse, ma la maggior parte dei filosofi, dei sociologi, in generale dei pensatori, coglie uno o più aspetti di quest’epoca. Secondo me, invece, c’è bisogno di pensare le cose ‘alla radice’, e dal momento che la maternità è la genesi di ogni significato possibile, rappresenta l’unico evento a partire dal quale si può sviluppare, oggi, un nuovo sistema di pensiero, profondo e originale, in grado di aiutarci a organizzare praticamente e intellettualmente la nostra vita.
Quando io parlo della maternità, non mi riferisco ad un’esperienza tra le altre, ma all’unica esperienza ‘antropologica elementare’. Tutti abbiamo una madre. La maternità è il luogo nel quale l’uomo accade e si manifesta come soggetto che precede il mondo. Prima di fare il suo ingresso nel mondo, infatti, l’uomo accade nel ventre di una donna. La madre, come indica il termine stesso, è la ‘mater-ia’ prima dalla quale e nella quale noi tutti siamo stati formati e in forza della quale, prima di ogni altra considerazione che dell’uomo si può avere, o di tutte le letture dell’umano che un determinando contesto culturale (cioè ‘un mondo’) può fornire, noi riconosciamo una verità permanente e universale rispetto a noi stessi: siamo figli. Sempre e per sempre figli. Da qui parte tutto il resto. Quello che tento di fare è sviluppare un nuovo paradigma antropologico a partire dalla più evidente delle evidenze”.