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Un gruppo di teologi legato a Mosca mette in discussione l’ideologia del “Mondo Russo”

Il Senato accademico dell’Istituto San Sergio di Parigi discutono dell’appoggio del Patriarca di Mosca all’aggressione russa all’Ucraina

Istituto San Sergio | Interno della parrocchia dell'Istituto Ortodosso San Sergio di Mosca | Wikimedia Commons Istituto San Sergio | Interno della parrocchia dell'Istituto Ortodosso San Sergio di Mosca | Wikimedia Commons

La dottrina che c’è dietro l’aggressione russa all’Ucraina si chiama Russky Mir, mondo russo, ed è una dottrina nata in seno al Patriarcato di Mosca e promosso anche attraverso varie omelie. Ma, con l’aggressione russa dell’Ucraina, molto è cambiato. Non solo ci sono realtà ortodosse legate al Patriarcato di Mosca che hanno deciso di staccarsi dalla dipendenza canonica, ma c’è anche un modo di teologi che vuole studiare quell’ideologia, comprenderla e combatterla.

È un terreno di scontro sottile. Cinquecento teologi ortodossi non russi hanno già firmato una dichiarazione che mette in discussione il Russky Mir e i suoi fondamenti teologi nel marzo 2022, mentre nel settembre 2022 è stata l’intera assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese a prendere una posizione netta sulla questione. Non sono mancate le voci dissidenti anche nella stessa Chiesa ortodossa russa.

Si trattava, però, di voci esterne, mentre il Patriarca di Mosca Kirill continuava a sostenere l’invasione nelle sue omelie. Per questo, è interessante notare la presa di posizione dello scorso 4 novembre del Senato Accademico dell’Istituto San Sergio di Parigi.

L’istituto non è direttamente dipendente dalla Russia, ma è stato il cuore teologico dell’Ortodossia legata a Mosca, rappresenta Chiese che hanno legami stretti con Mosca ed è il luogo di formazione frequentato da teologi, vescovi e studenti russi.

Non c’è, nel documento, una critica formale all’ideologia del mondo russo. Piuttosto, mette in discussione il sostegno alla guerra e l’idea che il soldato sia un martire, come invece aveva sostenuto il Patriarca Kirill lo scorso 25 settembre.

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“Gesù Cristo – scrivono i teologi di San Sergio - ha donato la propria vita per la salvezza del mondo. Per quanto sia lodevole il dono della propria vita da parte di un soldato per difendere il proprio paese, esso non ha a che fare con la salvezza del mondo”.

Per riassumere, “il soldato non è il Cristo e la difesa della patria terrena non è la salvezza del mondo. Non si può quindi parlare di assoluzione dei peccati: solo il Cristo, morto e risuscitato, cancella i peccati del mondo. L’idolatria della guerra, come quella della nazione, è una disgrazia che acceca riducendo la religione a nazione e trasformando la nazione in religione”.

Per questo, il Senato accademico considera “teologicamente inaccettabile considerare chi, in fedeltà ai propri obblighi patriottici, muore sul campo di battaglia nell’esercizio delle sue funzioni militari, come il compimento di un atto equivalente a un sacrificio che purificherebbe da tutti i peccati”.

E ancora: “L’assoluzione dei peccati non dipende da una compensazione meccanica fra i peccati e gli “atti meritori”; è piuttosto un mistero che appartiene solamente alla misericordia del Dio creatore”.

Sono parole che appaiono come una risposta diretta alle omelie del patriarca Kirill. Il 4 novembre, in occasione della giornata per l’unità della Russia, il Patriarca si era detto “profondamente convinto che oggi l’intento di dividere il popolo della Rus’ storica (che comprende Russia, Ucraina e Bielorussia, ndr), di contrapporre una parte all’altra, di seminare odio nelle menti e nei cuori per il nostro comune passato, sia alimentato da motivazioni anticristiane, dalla volontà di deturpare l’immagine di Dio dai singoli, per asservire le persone al potere del peccato e del vizio, per farne soggetti obbedienti del mercato globale e puri consumatori”.

Alla celebrazione era presente anche Putin. E in quell’occasione, Kirill ha chiesto di aprire corsi di studio della storia della Chiesa in Russia, di riconoscere nei valori cristiani il nucleo dell’unità nazionale e di indirizzarvi l’educazione dei giovani.

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