Città del Vaticano , domenica, 13. novembre, 2022 12:12 (ACI Stampa).
Il “compito a casa” che Papa Francesco dà al termine del commento al Vangelo che precede la preghiera dell’Angelus è: come va la mia perseveranza? È una domanda che scaturisce direttamente dal Vangelo del giorno, da Gesù che chiede di concentrarsi sulle cose che restano, e non sulla bellezza del tempio, e che profetizza i molti falsi messia cui non credere, rimanendo ancorati alle cose di Dio.
Dopo aver celebrato la Messa per la Giornata Mondiale dei Poveri, Papa Francesco, come di consueto, va nel Palazzo Apostolico e si affaccia alla finestra del suo studio per pregare l’Angelus con i fedeli. La piazza è piena, in un tempo che sa già di autunno.
Papa Francesco ripercorre il Vangelo del giorno, ricorda che Gesù profetizzò che del tempio non sarebbe rimasta “pietra su pietra”, che nella storia tutto crolla e dunque “non bisogna riporre troppa fiducia nelle realtà terrene, che passano”.
Parole sagge, commenta Papa Francesco, che però “possono dare amarezza”, facendo chiedere perché il Signore fa discorsi così negativi. Ma Gesù invece, aggiunge, vuole mostrarci “la via di uscita da questa precarietà”, e la via d’uscita è proprio la perseveranza, parola che indica “l’essere molto severi”. E non significa essere severi con gli altri, diventando “rigidi o inflessibili”, o con sé stessi, ma piuttosto di essere “ligi, persistenti in ciò che a Lui sta a cuore, in ciò che conta. Perché, quel che davvero conta, molte volte non coincide con ciò che attira il nostro interesse”.
Infatti, aggiunge Papa Francesco, “spesso diamo priorità alle opere delle nostre mani, ai nostri successi, alle nostre tradizioni religiose e civili, ai nostri simboli sacri e sociali”.