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Papa Francesco all’Angelus: “Chiediamoci: come va la mia perseveranza?”

Dopo aver celebrato la Messa nella Giornata Mondiale dei Poveri, Papa Francesco centra la riflessione dell’Angelus domenicale sul tema della perseveranza, che significa, spiega, “rimanere nel bene”

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Il “compito a casa” che Papa Francesco dà al termine del commento al Vangelo che precede la preghiera dell’Angelus è: come va la mia perseveranza? È una domanda che scaturisce direttamente dal Vangelo del giorno, da Gesù che chiede di concentrarsi sulle cose che restano, e non sulla bellezza del tempio, e che profetizza i molti falsi messia cui non credere, rimanendo ancorati alle cose di Dio.

Dopo aver celebrato la Messa per la Giornata Mondiale dei Poveri, Papa Francesco, come di consueto, va nel Palazzo Apostolico e si affaccia alla finestra del suo studio per pregare l’Angelus con i fedeli. La piazza è piena, in un tempo che sa già di autunno.

Papa Francesco ripercorre il Vangelo del giorno, ricorda che Gesù profetizzò che del tempio non sarebbe rimasta “pietra su pietra”, che nella storia tutto crolla e dunque “non bisogna riporre troppa fiducia nelle realtà terrene, che passano”.

Parole sagge, commenta Papa Francesco, che però “possono dare amarezza”, facendo chiedere perché il Signore fa discorsi così negativi. Ma Gesù invece, aggiunge, vuole mostrarci “la via di uscita da questa precarietà”, e la via d’uscita è proprio la perseveranza, parola che indica “l’essere molto severi”. E non significa essere severi con gli altri, diventando “rigidi o inflessibili”, o con sé stessi, ma piuttosto di essere “ligi, persistenti in ciò che a Lui sta a cuore, in ciò che conta. Perché, quel che davvero conta, molte volte non coincide con ciò che attira il nostro interesse”.

Infatti, aggiunge Papa Francesco, “spesso diamo priorità alle opere delle nostre mani, ai nostri successi, alle nostre tradizioni religiose e civili, ai nostri simboli sacri e sociali”.

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Sono queste o cose che passano, e invece “Gesù dice di concentrarsi su ciò che resta, per evitare di dedicare la vita a costruire qualcosa che poi sarà distrutto, come quel tempio, e dimenticarsi di edificare ciò che non crolla, di edificare sulla sua parola, sull’amore, sul bene”.

Perseveranza è allora “costruire ogni giorno il bene”, rimanere “costanti nel bene, soprattutto quando la realtà attorno spinge a fare altro”. Come per esempio quando si rimanda la preghiera, o quando si smette di osservare “tanti furbi che dribblano le regole” smettendo così di “perseverare nella giustizia o nella legalità”, o quando viene voglia di non impegnarsi per la comunità perché “tanta gente nel tempo libero pensa solo a divertirsi”.

Sottolinea Papa Francesco: “Perseverare è restare nel bene”. E allora ci si deve chiedere: “Come va la mia perseveranza? Sono costante oppure vivo la fede, la giustizia e la carità a seconda dei momenti: se mi va prego, se mi conviene sono corretto, disponibile e servizievole, mentre, se sono insoddisfatto, se nessuno mi ringrazia, smetto? Insomma, la mia preghiera e il mio servizio dipendono dalle circostanze o da un cuore saldo nel Signore?”

Papa Francesco ricorda che Gesù ha detto che “se perseveriamo non abbiamo nulla da temere” e ricorda il suo amato Dostoevskij che scrisse ne I Fratelli Karamazov: “Non abbiate paura dei peccati degli uomini, amate l’uomo anche col suo peccato, perché questo riflesso dell’amore divino è il culmine dell’amore sulla terra”.

Conclude dunque Papa Francesco: “La perseveranza è il riflesso nel mondo dell’amore di Dio, perché l’amore di Dio è fedele, non cambia mai”.

Al termine dell'Angelus, Papa Francesco ricorda il primo anniversario dell'avvio della piattaforma di azione Laudato Si, che ha raccolto 6 mila aderenti, e auspica che il vertice COP27 sul clima che si sta tenendo in Egitto possa portare passi avanti".

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