Una pura propaganda di Cremlino. Siamo sempre stati una Chiesa aperta che apprezza tutti i popoli e che oggi vive in tutto il mondo. La Chiesa Greco Cattolica Ucraina non può essere accusata di nazionalismo, perché oggi abbiamo greco cattolici ucraini di origine cinese a Vancouver, e abbiamo tantissimi parrocchiani che non sono di etnia ucraina in Canada, Stati Uniti, Brasile, Argentina, Australia… Non siamo una Chiesa ucraina solo per gli ucraini. Sì, siamo di origine ucraina, e vogliamo condividere il nostro tesoro, la nostra tradizione liturgica, teologica e spirituale con tutto il mondo. Ma siamo aperti a tutti. Lo abbiamo dimostrato concretamente soprattutto negli ultimi mesi della guerra. La nostra cattedrale a Kyiv è stata rifugio per tutti. Nessuno ha mai chiesto “che lingua parli” o “in quale chiesa vai”. Abbiamo semplicemente accolto tutti quelli che ne avevano bisogno, fornendo cibo, medicine e tutto quello che potevano per salvare vite umane. Questa è la nostra identità: siamo una Chiesa orientale, di tradizione bizantina, che considera la Chiesa di Costantinopoli come Chiesa madre, ma che resta in piena comunione con il successore di Pietro e respira questa mentalità.
Da poco più di 25 anni, c’è in Ucraina il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose, che mette insieme tutte le confessioni religiose ucraine e che è diventata una voce autorevole oggi. In che modo la guerra ha colpito il vostro lavoro ecumenico?
Il Consiglio è nato veramente per affrontare alcune sfide comuni in Ucraina, scaturite con la rinascita della libertà religiosa, che riportò alla luce presenze che in Unione Sovietica erano vietate e cancellate. In Ucraina abbiamo ortodossi, cattolici delle due tradizioni bizantina e latina, diverse denominazioni protestanti, una antica presenza di comunità ebraiche e una presenza islamica di varia origine. Il Consiglio nacque per vigilare sulla libertà religiosa e per sviluppare rapporti corretti tra Chiesa e Stato.
Quanto il consiglio è ascoltato?
Il Consiglio è diventato una imprescindibile autorità morale, tanto che, ogni volta che c’è stata una crisi forte e anche le autorità civili perdevano la stima, i cittadini andavano a cercare le dichiarazioni del Consiglio Pan-Ucraino. Così, con la nostra autorità morale, abbiamo provato a mediare tutti i conflitti sociali per servire la pace e lo sviluppo dell’Ucraina.
Quali sono state le iniziative del Consiglio?
Da quando è scoppiata la guerra, il nostro Consiglio si è dimostrato un organismo molto efficiente per preparare nuove sfide. Quasi ogni mese pubblichiamo una lettera, un appello, un testo. L’ultimo documento, che viene ora diffuso a tutti i centri intellettuali del mondo, riguarda la richiesta di studiare il Russkiy Mir, l’ideologia del mondo russo. Questa è una ideologia nata nel seno della Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca, dove la Chiesa si è auto-offerta alla predicazione di questa ideologia. Ciò che stiamo vedendo nei sermoni dei più alti rappresentanti della Chiesa del Patriarcato di Mosca. È io da testimone posso affermare che è una ideologia che porta la morte e distruzione in Ucraina.
Questa lettera è stata concordata anche con la Chiesa Ortodossa Ucraina che ha come riferimento il patriarcato di Mosca. È ampiamente condivisa. Il mondo deve capire che si tratta di una manipolazione e strumentalizzazione del messaggio cristiano molto pericoloso. Prima si comprende, prima si può prevenire la morte di tante persone.
E nella guerra, quali sono gli appelli?
Abbiamo chiesto di aiutare l’Ucraina a proteggere il nostro cielo. È una richiesta che non sembra essere di carattere religioso. Ma noi sottolineiamo che quando un drone o un missile sono intercettati, nessuno viene ucciso, ma se invece questo drone colpisce un villaggio o una città ci sono tante vittime. Quindi noi abbiamo chiesto semplicemente di salvare vite umane.
Per lo stesso motivo, alla vigilia della guerra ci siamo rivolti direttamente al presidente Putin chiedendo di non compiere l’invasione. E abbiamo scritto una lettera agli uomini di Chiesa e ai rappresentanti religiosi della Russia di fare di tutto per fermare questa guerra, abbiamo scritto al popolo bielorusso di non entrare in questa guerra. È un servizio che facciamo in nome del bene comune, e questo amore per il nostro popolo ci ha fatto superare tante discordie tra le nostre Chiese.
Ogni giorno, dal primo giorno di guerra, lei invia un videomessaggio al popolo ucraino e alla comunità internazionale. Sono, di fatto, un esempio di dottrina sociale in tempo di guerra. Ad agosto, in una serie di interventi successivi, lei affrontò il tema della ricostruzione della nazione ucraina dopo la guerra a partire dai principi cristiani. La domanda, in effetti, riguarda proprio il dopoguerra: i russi continueranno ad abitare anche in Ucraina, la Russia continuerà a confinare con l’Ucraina. Come sviluppare una nuova nazione che superi queste divisioni?
È una domanda aperta. Noi vediamo che senza precisi fondamenti morali una società non funziona, ed è veramente malata. E vediamo che questa guerra è stata provocata dalle malattie di una società post-sovietica cresciuta all’interno della Russia.
Con questa guerra, i russi vogliono risolvere i loro problemi interni con una aggressione esterna. Noi siamo chiamati ad evitare questa tentazione.
Quali saranno le sfide?
Le sfide riguarderanno il risanamento delle ferite di questa terra. Ma si tratterà anche di ricostruire la fiducia del popolo ucraino nei valori democratici. Oggi, c’è la grande tentazione di dire che “forse la democrazia si è dimostrata come un sistema troppo debole per proteggerci dalla guerra, forse è meglio un despota e una autocrazia”.
Oggi, le Chiese in Ucraina lottano per il futuro della democrazia, affinché rimaniamo un Paese democratico. Come diceva Giovanni Paolo II una democrazia senza valori diventa o anarchia o autocrazia.
Ricostruire la democrazia è forse solo un passo…
Noi, come popolo, vogliamo ricostruire i valori della democrazia. Ma ovviamente abbiamo anche da affrontare la grossa sfida di ricostruire le relazioni umane e sociali. Oltre alle relazioni internazionali, il tema è come guarire le ferite causate dalla guerra tra ucraini e russi. Cerchiamo risposte. Vediamo che questo sarà un processo lungo… di riconciliazione. E ci sono delle condizioni per la riconciliazione, che sono comprensibili. La popolazione ucraina è molto sensibile ad una imposizione della pace dal di fuori o ad una riconciliazione forzata. La Russia ha usato questa tattica, per esempio in Georgia. Ma questa non è pace. È solo annientamento di uno Stato più piccolo da parte di un Stato più forte.
Quali allora le precondizioni per la pace?
Il popolo russo deve rendersi conto che l’Ucraina esiste, ammettere il diritto alla resistenza dello Stato ucraino, riconciliarsi con la realtà che il popolo ucraino ha una sua storia, lingua e cultura e anche la Chiesa. Abbiamo il diritto di esistere conservando la nostra identità come nazione politica, non esclusiva, ma inclusiva, come si vede dal fatto che le comunità ebraiche si autoproclamano cittadine ucraine e, ad esempio, il capo dell’amministrazione civile e militare di Mykolaiv è un coreano, il famoso Kim… La Russia deve riconoscere l’esistenza di questa realtà. Se invece la Russia parlerà all’Ucraina con il linguaggio dell’ultimatum o della forza, non ci potrà essere alcun processo di pace.
Se tutte queste condizioni dovessero verificarsi?
Manca ancora un passaggio: dobbiamo veramente cercare la giustizia perché una autentica pace senza giustizia non esiste. Dobbiamo scoprire tutta la verità, anche se è cruda, e parlo anche delle violenze che sono avvenute ad opera russa nelle città martiri. La giustizia basata sulla verità, anche in questi ultimi avvenimenti, è un passo per la costruzione di una pace giusta, perché solo così si arriverà ad una vera riconciliazione. Il punto è che non dobbiamo riconciliare le idee o le visioni geopolitiche o le formule proposte di una pace illusoria. Dobbiamo riconciliare cuori e persone e sappiamo che riconciliazione tra le persone richiede un lavoro costante spirituale e anche morale. Si tratta di un lavoro che veramente durerà per un tempo lungo e non possiamo dire di quanto tempo avremo bisogno per sanare i cuori. Le due parti saranno così aperte ad una riconciliazione, perché l’apertura verso l’altro mostra l’integrità del cuore. Questa strada sarà lunga, ma dobbiamo cominciare a percorrerla già ora.
Ma lei ha speranza o è costretto ad avere speranza?
Io ho speranza. La mia speranza non è una illusione o la fuga da una realtà crudele. È una speranza nel Signore. Quando non sappiamo cosa sarà di noi, possiamo attingere alla forza di Dio che è il più forte di tutti, e che è Sapienza stessa. Quando non sappiamo come vivremo tra due o tre mesi non dobbiamo essere troppo agitati, perché non l’uomo ma Dio è il padrone del tempo e dello spazio. Se noi viviamo con la speranza in Dio viviamo la speranza. Il mondo senza Dio è destinato alla morte. Le malattie, le guerre, sono segni visibili della morte presenti nella carne di un mondo che ha rifiutato Dio. Noi dobbiamo riportare Dio dentro questo mondo