Papa Francesco sottolinea che tutti i Paesi sono collegati tra loro, c’è una interdipendenza che rende “necessario un dialogo sincero e aperto, con la collaborazione responsabile di tutti: autorità politiche, comunità scientifica, imprese e società civile”. E “non mancano – sottolinea il Papa – “esempi positivi che ci mostrano come una vera collaborazione tra la politica, la scienza e l’economia sia in grado di ottenere risultati importanti”.
C’è bisogno – afferma il Papa – di un cambio di rotta, che metta l’economia e la politica al servizio dei popoli e che “non può essere realizzato senza un impegno sostanziale nell’istruzione e nella formazione”. “Nulla sarà possibile se le soluzioni politiche e tecniche non vengono accompagnate da un processo educativo che promuova nuovi stili di vita, un nuovo stile culturale”.
Sempre citando la "Laudato Si", Papa Francesco parla dei temi di cui parla sempre, delle necessità di superare le diseguaglianze, dei migranti ecologici che non hanno lo status di rifugiati, del traffico di esseri umani.
Il Papa auspica la formazione di “una cultura della cura: cura di sé, cura degli altri, cura dell’ambiente”, che sostituisca la cultura del degrado e dello scarto, con “la consapevolezza di una origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti”.
È questa la sfida culturale che emerge oggi. Perché “non si può rimanere indifferente” alla “globalizzazione dell’indifferenza” che è un prodotto della cultura dello scarto.
Il Papa incoraggia “quanti, a livello locale e internazionale, lavorano perassicurare che il processo di urbanizzazione si converta in uno strumento efficace per lo sviluppo e l’integrazione, al fine di assicurare a tutti, specialmente a coloro che vivono in quartieri marginali, condizioni di vita dignitose, garantendo i diritti fondamentali alla terra, alla casa e al lavoro”.
Papa Francesco sottolinea che “è necessario promuovere iniziative di pianificazione urbana e cura degli spazi pubblici che vadano in questa direzione e prevedano la partecipazione della gente del luogo, cercando di contrastare le numerose disuguaglianze e le sacche di povertà urbana, non solo economiche, ma anche e soprattutto sociali e ambientali”.
Si guarda alla Conferenza Habitat-III (a Quito, nell’ottobre 2016), ma anche alla 10ma Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che si va a tenere proprio a Nairobi. Papa Francesco la menziona, ricorda che già Paolo VI nella Populorum Progressio riflettè su come le relazioni commerciali potessero essere fonte di sviluppo tra i popoli e afferma: “Pur riconoscendo il molto lavoro fatto in questo settore, sembra che non si sia ancora raggiunto un sistema commerciale internazionale equo e completamente al servizio della lotta contro la povertà e l’esclusione”.
Sottolinea Papa Francesco che “le relazioni commerciali tra gli Stati, parte essenziale delle relazioni tra i popoli, possono servire sia a danneggiare l’ambiente sia a recuperarlo e assicurarlo alle generazioni future” , e per questo auspica che i risultati raggiunti sul commercio “non siano un mero equilibrio di interessi contrapposti, ma un vero servizio alla cura della casa comune e allo sviluppo integrale delle persone, soprattutto dei più abbandonati”.
Poi c’è lo spinoso problema dei brevetti sanitari. Da sempre, la Santa Sede, con le sue innumerevoli istituzioni ospedaliere (dati OMS alla mano, le strutture cattoliche sono il 70 per cento del welfare africano) si batte perché i farmaci possano essere più accessibili, e perché la politica dei brevetti non favorisca solo i ricchi. Papa Francesco fa sue queste preoccupazioni.
Afferma il Papa: “I Trattati regionali di libero scambio in materia di protezione della proprietà intellettuale, in particolare nel settore farmaceutico e delle biotecnologie, non solo non devono limitare i poteri già conferiti agli Stati da accordi multilaterali, ma, al contrario, dovrebbero essere uno strumento per garantire un minimo di cura e di accesso alle cure essenziali per tutti”.
E poi, “le discussioni multilaterali, a loro volta, devono dare ai Paesi più poveri il tempo, l’elasticità e le eccezioni necessarie ad un adeguamento ordinato e non traumatico alle regole commerciali”.
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Il Papa mette in luce anche che “alcuni temi sanitari, come l’eliminazione della malaria e della tubercolosi, la cura delle cosiddette malattie “orfane” e i settori trascurati della medicina tropicale, richiedono un’attenzione politica prioritaria, al di sopra di qualsiasi altro interesse commerciale o politico”.
Ma quello del Papa è soprattutto un appello contro l’egoismo. Sottolinea che il patrimonio dell’umanità “subisce un costante rischio di distruzione causato da egoismi umani di ogni tipo e dall’abuso di situazioni di povertà e di esclusione.”
E parla, in linea generale (ma con un occhio alla realtà africana), “dei traffici illeciti che crescono in un contesto di povertà e che, a loro volta, alimentano la povertà e l’esclusione” e del “commercio illegale di diamanti e pietre preziose, di metalli rari o di alto valore strategico, di legname e materiale biologico, e di prodotti di origine animale, come il caso del traffico di avorio e il conseguente sterminio di elefanti, alimenta l’instabilità politica, la criminalità organizzata e il terrorismo”.
Una situazione che “è un grido degli uomini e della terra che dev’essere ascoltato da parte della comunità internazionale”.