FOCUS MULTILATERALE
Il Cardinale Parolin parla al COP 27
Dai tempi del COP 21 di Parigi, per impegno preciso di Papa Francesco che al tema ecologico ha anche dedicato l’enciclica Laudato Si, la Santa Sede partecipa ai più alti livelli alla “Conferenza delle Parti” (COP) sul clima. Quella che si tiene a Sharm el Sheijh dal 6 al 18 novembre è la 27esima di queste conferenze, e per la prima volta la Santa Sede vi partecipata come Stato parte sia dell’accordo di Parigi, sia della convenzione. Per prendervi parte, parteciparvi il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è volato direttamente dal Bahrein in un aereo insieme al Grande Imam di al Azhar Ahmd al Tayyeb, “come fratelli”, ha noto Papa Francesco.
L’intervento del Cardinale Parolin è stato pronunciato l’8 novembre. Il segretario di Stato ha ribadito l’impegno del Papa a ridurre le emissioni a zero, con una risposta a due livelli: la prima è di ridurre le emissioni a zero entro il 2050 con lo sforzo di migliorare la gestione ambientale, “sforzi che sono stati già posti in essere per un numero di anni”; la seconda riguarda un più ampio impegno di educazione all’ecologia integrale (temi che si trovano anche nei testi di Economy of Francesco o nel Global Compact sull’educazione) .
Il Cardinale Parolin ha notato che “la crisi socio-ecologica che stiamo vivendo è un momento propizio per una conversione individuale e collettiva e per decisioni concrete che non posso più essere posticipate”. Secondo il Segretario di Stato vaticano c’è “un dovere morale di agire concretamente per prevenire e rispondere ai sempre più frequenti e severi impatti umanitari causati dal cambiamento climatico”.
Tra queste emergenze, il crescente fenomeno di migranti sfollati, perché “anche quando i migranti mancano di accesso alla protezione internazionale, gli Statti non possono lasciarli senza soluzioni tangibili, anche nelle aree di adattamento, mitigazione e resilienza”.
Con preoccupazione, la Santa Sede nota che eventi globali come il COVID 19 e il crescente numero di conflitti nel mondo portano il rischio di “minacciare la sicurezza globale” e di mettere in discussione lo stesso multilateralismo ,e questo “non si può permettere”, perché “il cambiamento climatico non ci aspetterà” e “il mondo è troppo interdipendente” da strutturarsi in blocchi isolati.
È il tempo – dice il cardinale – di “una solidarietà internazionale e intergenerazionale”, e c’è il bisogno di essere “responsabili, coraggiosi e proiettati al futuro non solo per noi, ma per i nostri bambini”.
Il Segretario di Stato vaticano ammette che “la strada per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi è complessa”, e che c’è sempre meno spazio per fare dei correttivi, ma che il COP 27 è “una nuova opportunità, che non può essere sprecata”. Si tratta – aggiunge – di affrontare seriamente i quattro pilastri dell’accordo di Parigi: mitigazione, adattamento, finanziamento e perdita di danno. Quattro pilastri “che sono interconnessi e sono questione di trasparenza giustizia ed eguaglianza”.
In particolare, il Segretario di Stato vaticano chiede di non dimenticare il lato non economico delle perdite, considerando le culture locali, e ricordando che c’è molto da imparare dalle popolazioni indigene.
La Santa Sede alle Nazioni Unite, la questione della decolonizzazione
Il 7 novembre, l’arcivescovo Paolo Giordano Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha partecipato al Comitato Speciale per la Politica e la Decolonizzazione”, che si riuniva sul tema dello United Nations Relief and Works Agency for the Palestine’s Refugees in the Near East, l’agenzia ONU che si occupa di supportare i rifugiati palestinesi sin dalla fondazione, avvenuta l’8 dicembre 1949.
L’arcivescovo Caccia ha riaffermato il supporto della Santa Sede all’UNRWA nel fornire ai rifugiati palestinesi servizi essenziali e annunciato che la Santa Sede farà anche quest’anno una donazione per supportare il lavoro dell’UNRWA nella cura dei bambini che si trovano a dover soffrire un conflitto che non hanno creato.
Il rappresentante della Santa Sede ha chiesto a leader palestinesi e israeliani di impegnarsi nel dialogo e nella mutua assistenza per raggiungere la fine della violenza e la tragica perdita di vite. Affrontando il tema di una soluzione della questione palestinese, l’arcivescovo Caccia ha riaffermato l’importanza di mantenere lo Status Quo (l’accordo sulla gestione delle chiese in Palestina) e ha ribadito che la Santa Sede ritiene che la “Città Santa di Gerusalemme” debba avere uno status speciale per permettere l’accesso ai Luoghi da Santi da parte di Ebrei, Cristiani e Musulmani senza distinzione.
La Santa Sede alle Nazioni Unite, la questione delle operazioni di pace
Sempre il 7 novembre, si è parlato al IV comitato delle Nazioni Unite di una “revisione generale dell’intera questione delle operazioni di peacekeeping in tutti i loro aspetti”.
L’arcivescovo Caccia ha sottolineato che le operazione di peacekeeping delle Nazioni Unite “offrono un segno di speranza che le nazioni possono superare l’indifferenza globalizzata per promuovere una pace giusta e durevole in aree colpite dalla piaga della violenza”.
La Santa Sede ritiene che le operazioni di peacekeeping debbano essere situate nella più ampia cornice delle attività di peacebuilding e sviluppo, e che la protezione dei civili deve divenire priorità. Per farlo, propone che le operazioni abbiano mandati chiari, credibili e raggiungibili, con l’obiettivo di raggiungere una risoluzione politica durevole al conflitto.
L’arcivescovo Caccia ha anche chiesto che le operazioni si adattino alle consegueze del cambiamento climatico come le condizioni meteorologiche straordinarie, e ha sottolineato che la Santa Sede apprezza gli sforzi di prevenire e sradicare lo sfruttamento sessuale e gli abusi commessi dai peacekeeprs.
FOCUS NUNZIATURE
Un nuovo nunzio per Svezia e Islanda
Il 9 novembre, Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Julio Murat nunzio in Svezia e Islanda. Finora, era nunzio apostolico in Camerun e Guinea Equatoriale.
Classe 1961, turco, l’arcivescovo Murat è sacerdote nel 1986, ed è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1994.
Ha servito nelle rappresentanze pontificie di Indonesia, Pakistan, Belarus, Austria. Dal 2003 al 2012 ha lavorato nella Sezione per le Relazioni con gli Stati della Segreteria di Stato.
Nel 2012, è stato nominato nunzio in Zambia e Malawi, incarico che ha mantenuto fino al 2018, quando Papa Francesco lo ha inviato come suo ambasciatore in Camerun e Guinea Equatoriale.
Due nomine aggiuntive
Papa Francesco ha nominato suo "ambasciatore"in Bahamas, Barbados, Dominica, Giamaica e Santa Lucia l'arcivescovo Santiago De Wit Guzmán, che aggiunge queste nazioni al suo incarico di nunzio a Trinidad e Tobago, Antigua e Barbuda, Belize, Grenada, Repubblica Cooperativistica della Guyana, Saint Kitts e Nevis, San Vincenzo e Grenadine, Suriname e Delegato Apostolico nelle Antille.
Nunzio apostolico in Guinea è invece l'arcivescovo Mambé Jean-Sylvain Emien, che è nunzio apostolico in Mali.
Si tratta di nunziature tradizionalmente collegate, le cui nomine vengono comunicate di volta in volta quando la Santa Sede riceve l'agreament.
FOCUS EUROPA
Bulgaria, una lettera del presidente Radev al Papa per i settanta anni dei martiri cattolici
In occasione del settantesimo anniversario del martirio del Vescovo cattolico bulgaro Eugenio Bossilkov, e dei tre sacerdoti Kamen, Pavel e Josafa, l’ambasciata di Bulgaria presso la Santa Sede ha organizzato l’11 novembre una celebrazione presso la basilica di San Bartolomeo all’Isola presieduta dall’arcivescovo Antonio Mennini, che è stato tra le altre cose nunzio apostolico in Bulgaria.
Al termine della celebrazione, l’ambasciatore Bogdan Patashev ha letto ai presenti una lettera inviata dal presidente di Bulgaria Rumen Radev a Papa Francesco.
Inviata l’11 novembre, il presidente ha ricordato che il popolo bulgaro venera l’eroismo dei martiri cattolici e che “Nel mondo inquieto dei nostri giorni esempi di questa portata ci incoraggiano nella perseveranza e nella costruzione di una società giusta e umana”.
Radev ha anche espresso “la viva speranza della società bulgara che presto i quattro martiri bulgari siano elevati agli altari e si uniscano alla schiera dei Santi, affinché il loro esempio illumini ancora di più tutti coloro che si impegnano a custodire i valori intramontabili del sacrificio per la libertà pura e per l’amore umano incondizionato”.
Il vescovo Bossilkov fu beatificato a Roma da S. Giovanni Paolo II il 15 marzo 1998, mentre i tre sacerdoti Pavel, Kamen e Josafat furono beatificati successivamente a Plovdiv, in Bulgaria, il 26 maggio 2002. La memoria liturgica dei quattro Beati martiri si celebra il 13 novembre.
La Basilica di San Bartolomeo conservava le reliquie di tre dei quattro Beati martiri bulgari, i tre Padri Assunzionisti – Pavel Dzidzov, Kamen Vichev e Josafat Scisckov, tutti condannati a morte e fucilati nella prigione di Sofia nel 1952.
Nella sua omelia, l'arcivescovo Mennini ha ricordato che si sa, del vescovo Bossilkov, "quanto fortemente desiderasse offrire la propria vita per la salvezza sua e delle sue pecorelle". Infatti scriveva: “Ho bisogno di una grande grazia: morire martire per la mia diocesi. E solo la Madonna me la puo’ ottenere”. Cosi’ egli pregava nel settembre 1948 davanti all’Icona ‘Salus populi romani’, nella Basilica di Santa Maria Maggiore. E qui risentiamo riecheggiare le parole di Gesu’: “Nessuno ha un amore piu’ grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
"E cosa unisce - ha chiosato l'ex nunzio in Bulgaria - le vite offerte in dono a Cristo e alla Sua Chiesa di questi Martiri, come di tutti i Martiri autentici del Vangelo? E’ che Mons.Bossilkov e i suoi compagni hanno compreso e fatta loro l’irragionevolezza del Vangelo, della Rivelazione. In altre parole, costoro, come leggiamo nella I Cor 3,18, 'si sono fatti stolti per diventare sapienti'. Ed hanno capito che il Vangelo, provenendo da Dio, ci spinge agli estremi ed anche aldilà dei limiti che non avremmo mai immaginato di valicare".
Il ministro degli Esteri di Croazia da Papa Francesco
Il 9 novembre, al termine dell'udienza generale, il ministro degli Esteri Croato Gordan Grlić-Radman ha potuto incontrare Papa Francesco. Il Ministro ha donato al Papa l'albero d'ulivo comesegno simbolico di pace e di forza nel cristianesimo, e un breviario croato come il ricordo dei legami duraturi di croati con il cattolicesimo.
Grlić-Radman ha avuto anche un bilaterale con il Cardinale Parolin e il suo omologo vaticano, l'arcivescovo Paul Richard Gallagher. Nel corso degli incontri, informa il minitero degli Esteri di Zagabria, è stata espressa soddisfazione per buoni e amichevoli rapporti bilaterali, come tesitmoniato dal 30esimo anniversario delle relazioni diplomatiche (Parolin lo ha celebrato in Croazia lo scorso giugno).
I colloqui hanno riguardato la situazione della regione dell'Europa del sud-est e del suo cammino europeo.
Si è parlato particolarmente della Bosnia-Erzegovina, riguardo la quale si è ancora una volta accentuata necessità di instaurare uguaglianza delle tre nazioni costitutive in base agli Accordi di Dayton.
Nel corso dei colloqui, si è toccata anche la situazione in Ucraina e la necessità di cercare soluzione che porterà alla pace.
La Croazia - afferma Zagabria - ha accolto 22 000 profughi ucraini molto bene integrati nella società in base alle misure socio-economiche del governo.
Papa Francesco in Ungheria nel maggio 2023?
In un incontro con media la scorsa settimana, Katalin Novak, presidente di Ungheria, ha ricordato che nel suo incontro con Papa Francesco lo scorso 25 agosto aveva fatto al Papa un invito ufficiale per invitare il Paese e che Papa Francesco aveva ribadito la sua volontà di vistare l’Ungheria. Secondo Novak, la risposta positiva del Papa fa sì che l’Ungheria possa cominciare a preparare la visita, che dovrebbe essere prevista per la primavera 2023.
FOCUS ASIA
Corea del Sud, il presidente incontra i leader cattolici
Il 9 novembre, il presidente coreano Yoon Suk-yeol ha incontrato i leader cattolici del Paese per chiedere consiglio su come aiutare la nazione ad uscire dalla tragedia della strage di Itaewon, dove centinaia di persone sono morte schiacciate nel corso dei festeggiamenti per Halloween, i primi dopo la pandemia
Il presidente ha incontrato l’arcivescovo di Seoul Peter Chung Soon-aick e il Cardinale Andrew Yeom soo-yung, emerito. Il presidente ha fatto incontri con buddisti e protestanti l’ 8 novembre.
Il presidente ha detto all’arcivescovo Chung che lo voleva incontrare perché devastato dalla perdita di così tante vite e si sentiva “congelato” nel pensare come un incidente del genere potesse succedere nella Corea del Sud – ha spiegato ai cronisti il segretario presidenziale per la stampa.
Da parte sua, l’arcivescovo Chung ha assicurato al presidente che crede che le persone sentiranno la sua sincerità negli sforzi recenti di condividere il loro percorso nelle visite con diversi settori della società. Ha chiesto al presidente di fare il suo meglio per prevenire queste tragedie con una migliora risposta nazionale.
Durante l’incontro con il Cardinale Yeom, il presidente ha detto di provare dolore al pensiero dei genitori che hanno perso i bambini schiacciati dalla folla. Il cardinale ha consigliato il presidente di discernere cosa desiderano i bambini guardandoli con gli occhi dei genitori e ha detto che pregherà perché Yoon sappia farlo.