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Papa Francesco in Bahrein: "Il Dio della pace mai conduce alla guerra"

Al Consiglio islamico degli Anziani Papa Francesco ricorda che "la preghiera e la fraternità sono le nostre armi, umili ed efficaci"

Papa Francesco  |  | Alexey Gotovsky ACI Group
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La pace di Dio “scenda su ciascuno di voi che intendete promuovere la riconciliazione per evitare divisioni e conflitti nelle comunità musulmane; che vedete nell’estremismo un pericolo che corrode la vera religione; che vi impegnate a dissipare interpretazioni errate che attraverso la violenza fraintendono, strumentalizzano e danneggiano un credo religioso”. E’ questo il saluto iniziale del Papa incontrando in Bahrein i membri del Muslims Council of Elders.

Voi – ha aggiunto Francesco – “vi proponete di incoraggiare relazioni amichevoli, mutuo rispetto e fiducia reciproca con quanti, come me, aderiscono a una fede religiosa diversa; volete favorire nei giovani un’educazione morale e intellettuale che contrasti ogni forma di odio e intolleranza”.

Dio – ha ricordato il Pontefice - è Fonte di pace. Ci conceda di essere, ovunque, canali della sua pace! Davanti a voi vorrei ribadire che il Dio della pace mai conduce alla guerra, mai incita all’odio, mai asseconda la violenza. E noi, che crediamo in Lui, siamo chiamati a promuovere la pace attraverso strumenti di pace, come l’incontro, le trattative pazienti e il dialogo, che è l’ossigeno della convivenza comune”.

La pace basata sulla giustizia – ha poi aggiunto il Papa – è “l’unica via, in quanto la pace è opera della giustizia. La pace non può essere solo proclamata, va radicata. E ciò è possibile rimuovendo le disuguaglianze e le discriminazioni, che ingenerano instabilità e ostilità”.

“Credo – ha proseguito Francesco - che abbiamo sempre più bisogno di incontrarci, di conoscerci e di prenderci a cuore, di mettere la realtà davanti alle idee e le persone prima delle opinioni, l’apertura al Cielo prima delle distanze in Terra: un futuro di fraternità davanti a un passato di ostilità, superando i pregiudizi e le incomprensioni della storia in nome di Colui che è Fonte di Pace”.

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Come leaders religiosi – ha specificato il Papa – abbiamo dei doveri:  “al cospetto di un’umanità sempre più ferita e lacerata che, sotto il vestito della globalizzazione, respira con affanno e paura, i grandi credo sono tenuti a essere il cuore che unisce le membra del corpo, l’anima che dà speranza e vita alle aspirazioni più alte. In questi giorni ho parlato della forza della vita, che resiste nei deserti più aridi attingendo all’acqua dell’incontro e della convivenza pacifica”.

Quando l’uomo si è distaccato dall’ordine del Creatore sono nati “problemi e squilibri. Tutto questo male si radica nel rifiuto di Dio e del fratello: nel perdere di vista l’Autore della vita e nel non riconoscersi più custodi dei fratelli. I mali sociali e internazionali, quelli economici e personali, nonché la drammatica crisi ambientale che caratterizza questi tempi e sulla quale qui oggi si è riflettuto, provengono in ultima analisi dall’allontanamento da Dio e dal prossimo. Noi abbiamo un compito unico e imprescindibile, quello di aiutare a ritrovare queste sorgenti di vita dimenticate, di riportare l’umanità ad abbeverarsi a questa saggezza antica, di riavvicinare i fedeli all’adorazione del Dio del cielo e agli uomini per i quali Egli ha fatto la terra”.

Siamo chiamati a svolgere tale compito attraverso “la preghiera e la fraternità. Sono queste le nostre armi, umili ed efficaci. Non dobbiamo lasciarci tentare da altri strumenti, da scorciatoie indegne dell’Altissimo, il cui nome di Pace è insultato da quanti credono nelle ragioni della forza, alimentano la violenza, la guerra e il mercato delle armi, il commercio della morte che attraverso somme di denaro sempre più ingenti sta trasformando la nostra casa comune in un grande arsenale”.

Il pensiero del Papa va alle persone che “si vedono costrette a migrare dalla propria terra a causa di conflitti foraggiati dall’acquisto a prezzi contenuti di armamenti datati, per venire poi individuate e respinte presso altre frontiere attraverso apparecchiature militari sempre più sofisticate. E così la speranza viene uccisa due volte”.

Pertanto – ha concluso – “noi siamo chiamati a ricordare che Dio e il prossimo vengono prima di ogni altra cosa, che solo la trascendenza e la fratellanza ci salvano. Sta a noi dissotterrare queste fonti di vita, altrimenti il deserto dell’umanità sarà sempre più arido e mortifero. Soprattutto, sta a noi testimoniare, più coi fatti che con le parole, che crediamo in questo. Abbiamo una grande responsabilità davanti a Dio e davanti agli uomini e dobbiamo essere modelli esemplari di quanto predichiamo, non solo presso le nostre comunità e a casa nostra – non basta più – ma nel mondo”.