Awali , giovedì, 3. novembre, 2022 16:16 (ACI Stampa).
Che la liberà religiosa sia piena, e non si limiti alla libertà di culto; che i diritti umani siano pienamente rispettati; che i cittadini siano tutti uguali. Sono le tre raccomandazioni di Papa Francesco alle autorità del Bahrein, contenute in un discorso denso, che parte, come sempre, dalla geografia, dai simboli e in particolare da quello che in Bahrein è chiamato “albero della vita”, ovvero un albero che da 400 sta lì, in mezzo al deserto, a testimoniare un territorio che sa anche essere fertile.
Papa Francesco è arrivato in Bahrein, Paese a guida sunnita e maggioranza sciita, Paese di una dichiarazione di grande apertura delle religioni, ma anche Paese considerato tra i meno democratici nel mondo. Ci arriva su invito del Regno, che nel 2014 ha donato il terreno per la cattedrale di Nostra Signora di Arabia, che ha, come altri Paesi islamici, sta cercando di mostrare un volto tollerante, aperto, e lo dimostra il forum che Papa Francesco andrà a concludere domani. Eppure, il Bahrein è anche un luogo sotto osservazione da parte di diversi comitati dei diritti umani. C’è la pena di morte in Bahrein, come ricordato dal Cardinale Ayuso ai giornalisti, e la primavera araba non ha portato alla democratizzazione del sistema.
C’è tutto questo in controluce nel discorso di Papa Francesco, il primo dal suo arrivo. E lo fa partendo dall’albero della vita, lo Shajarat-al-Hayat, una acacia che da anni, grazie probabilmente a radici profonde, riesce a resistere in una zona desertica.
Le radici sono simbolo per un Bahrein il cui territorio è abitato ininterrottamente da 4500 anni, anche perché zona insulare dal clima favorevole anche per essere crocevia dei popoli.
L’acqua vitale delle radici del Bahrein è, dunque, “la sua varietà etnica e culturale”, ma anche “la convivenza pacifica e includente”, in cui si ammira una società “multietnica e multireligiosa” e capace di “superare il pericolo dell’isolamento”, mostrando, in un mondo che tende ad isolarsi, che “si può e si deve convivere nel nostro mondo”, diventato “un villaggio globale” in cui però è ancora sconosciuto “lo spirito del villaggio”, che è “ospitalità, ricerca dell’altro, fraternità”.