Due, in particolare, le questioni importanti. La prima riguarda il prestito chiesto dalla Segreteria di Stato all’Istituto delle Opere di Religione per completare l’acquisto del palazzo di Londra. Prestito che, dopo una serie di comunicazioni interne, fu inizialmente approvato dallo IOR e poi improvvisamente negato, con un atto che ha fatto da premessa alle indagini.
Si è detto che lo IOR non poteva dare prestiti. Ma questa versione è stata smentita dalla testimonianza di Federico Antellini Russo, oggi vicedirettore dell’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria e al tempo a capo della sezione vigilanza dell’Autorità.
Antellini Russo ha sottolineato come gli sia stato chiesto uno studio di fattibilità sul prestito, considerando che lo IOR è l’unico ente finanziario controllato dall’allora AIF. La risposta è stata positiva, perché vero che lo IOR non è un ente finanziario, né una banca, e dunque non può erogare prestiti in maniera professionale, ma è comunque un organo del governo, e, quando c’è un caso eccezionale e una richiesta del governo, è autorizzato a dare prestiti, ovviamente sulla base di garanzie di rientro.
La parte civile IOR ha molto insistito sulla valutazione dei collaterali e sulla eccezionalità della cifra richiesta (150 milioni), ma Antellini Russo ha spiegato con chiarezza che si trattava, appunto, di uno studio di fattibilità, e che le valutazioni ulteriori sarebbero state fatte solo nel momento in cui l’operazione si andava a concretizzare. Alla fine, si comprende come l’AIF avrebbe comunque continuato a tracciare i fondi, e dunque resta sempre il dubbio che l’autorità, con le perquisizioni, sia stata fermata nel mezzo di una indagine, anche perché poi c’è tutta la corrispondenza che era stata attivata con le controparti estere.
In effetti, il sequestro della corrispondenza aveva portato il Gruppo Egmont, che riunisce le unità di informazione finanziaria di tutto il mondo, a sospendere la Santa Sede dal “Secure Web”, ovvero dal circuito di scambio di informazione di intelligence protetto, al punto che ci è voluto poi un protocollo tra Tribunale Vaticano e Autorità di Informazione Finanziaria perché la Santa Sede fosse reinclusa. Antellini Russo ha minimizzato la sospensione, ma di fatto si è trattato di un danno reputazionale non indifferente per l’Autorità.
Il secondo tema riguarda invece la conduzione delle indagini. Nella testimonianza di Michele Mifsud si è parlato anche di “un terzo” di un contratto che sarebbe spettato a Fabrizio Tirabassi, officiale della Segreteria di Stato vaticana nella sezione amministrativa che Mifsud aveva conosciuto davanti al suo parroco. Nella sua testimonianza, Mifsud ha detto di non avere inizialmente pensato che si trattasse di una tangente, e che poi nell’interrogatorio il gendarme gli ha fatto notare che di fatto si potesse trattare di una tangente e lui ha considerato verosimile la ricosrtuzione.
Tutto questo ha portato ad una richiesta di nullità da parte dell’avvocato Luigi Panella, che difende Enrico Crasso, l’ex investitore della Segreteria di Stato, il quale ha notato anche la presenza di domande nocive. Dopo un’ora di camera di Consiglio, il presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone ha deciso di rigettare la richiesta, mancando una norma specifica sulla nullità, e considerando che le cosiddette “domande nocive” non possono essere definite ex ante. Pignatone ha anche detto che le difese hanno comunque tutti gli strumenti in dibattimento per farsi valere.
E però va notato che non è la prima volta che delle eccezioni sulle modalità di conduzione degli interrogatori, sulla selezione dei materiali e sul materiale a disposizione delle difese viene sollevato. Se è vero che gli avvocati devono fare il loro lavoro, è comunque, questo, un dato da considerare. Da segnalare anche la nota a margine dell’avvocato Di Nacci, che difende René Bruelhart, che ha lamentato come le stesse annotazioni fossero piene di valutazioni, valutazioni che a volte ritornano nelle testimonianze dei gendarmi in questi giorni.
Un altro dato a margine: è tutta da comprendere la questione dell’Obolo di San Pietro e del suo uso. L’Obolo nasce come forma di assistenza dei fedeli alla missione del Papa, e non per le opere di carità, come viene comunemente detto. In alcuni casi, però, il riferimento non è alla raccolta, ma al Conto Obolo, conto aperto nel 1939 da monsignor Pomata nell’allora Amministrazione per le Opere di Religione, e che oggi contiene circa 44 conti collegati. In questo conto, transitano anche i soldi della raccolta.
Il 27 ottobre, nell’interrogatorio di Fabrizio Giachetta è stato definito come l’Obolo venisse usato per coprire le perdite di bilancio della Santa Sede, inizialmente con una nota che chiedeva l’autorizzazione al Papa, e poi in maniera sempre più regolare. Giachetta ha anche deto che si era attinto all’Obolo per pagare le parcelle di Jeffrey Lena, l’avvocato statunitense che ha assistito la Santa Sede in varie occasioni, sia nei processi per gli abusi sui minori ma anche nella consulenza per la nuova legge antiriciclaggio e per altre questioni di diritto internazionale.
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