Strasburgo , martedì, 25. ottobre, 2022 14:00 (ACI Stampa).
Il 20 dicembre 2013, Eloïse Bouton, esponente del collettivo Femen, entrò nella chiesa di Santa Maria Maddalena in Parigi indossando un velo azzurro e una simil corna di spina. Come costume del collettivo Femen, aveva il petto nudo e il corpo tatuato con alcuni slogan. Davanti all’altare, in corrispondenza del tabernacolo, mimò l’aborto con l’aiuto di due pezzi di fegato di manzo. Il gesto blasfemo fu condannato in Francia con sentenza definitiva ad un mese di reclusione. Ma la donna è invece stata assolta dalla Corte Europea dei Diritti Umani, con una sentenza che il Centro Studi Livatino non ha esitato a definire “illogica e contradditoria”. Mentre il Centro Europeo per la Legge e la Giustizia nota che, se sentenze simili sono la norma quando si parla di cristiani, la questione è tutta diversa se riguarda altre fedi.
Il gesto di Bouton aveva l’intenzione di rivendicare il diritto all’aborto. Tanto che all’altezza del ventre aveva tatuata lo slogan “344eme salope”, riferendosi al manifesto che 343 donne avevano reso pubblico nel 1971, dichiarando di avere abortito, mentre sulla schiena aveva la frase: “Natale è cancellato”.
Per comprendere il gesto, si deve andare alle origini del movimento Femen. Si tratta di un movimento femminista radicale, nato in Ucraina nel 2008 e che oggi ha sede centrale a Parigi, Il suo scopo è compiere azioni provocatorie contro la religione, per sostenere una agenda pro-aborto, anti-violenza delle donne, pro-diritti degli omosessuali. Le azioni sono svolte da donne che usano il corpo, nudo completamente e parzialmente, ricoperto di tatuaggi e slogan. L’intenzione è quella di creare uno shock emotivo.
La performance della chiesa della Maddalena era chiaramente blasfema. Di fatto, però, utilizzava una aperura nel diritto penale francese, che non ha alcuna norma diretta di difesa della libertà religiosa.
Dopo la denuncia del rettore della chiesa, dunque, il procuratore pubblico francese ha condannato Bouton per “esibizione sessuale” ad un mese di prigione. La pena è stata sospesa. È stato richiesto anche un risarcimento di 2000 euro e la partecipazione alle spese legali per 1500 euro. La sentenza è stata poi confermata dalla Corte di Appello, che ha anche definito che il gesto non era giustificato dall’articolo 10 della Convenzione Europea, perché non era stata limitata alcuna libertà di espressione, mentre Bouton aveva attentato alla libertà di pensiero di altre persone e aveva violato la libertà religiosa in generale.