Roma , martedì, 18. ottobre, 2022 12:30 (ACI Stampa).
Sei persone su dieci che si rivolgono alla Caritas a chiedere aiuto sono poveri "di famiglia". Questo significa che la povertà è in qualche modo "ereditaria" e si creano a livello sociale degli "anelli deboli" che nel tempo possono portare a situazioni spesso irreversibili di povertà o precarietà cronica.
É un po' questo il senso del lavoro del Rapporto della Caritas Italiana che fotografa il 2021.
Un anno in cui si rafforza "la consueta correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione. Cresce infatti il peso di chi possiede al massimo la licenza media, che passa dal 57,1% al 69,7%; tra loro si contano anche persone analfabete, senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare. Nelle regioni insulari e del sud, dove lo ricordiamo c’è una maggiore incidenza di italiani, il dato arriva rispettivamente all’84,7% e al 75%".
E se le persone povere in Italia (stranieri compresi) sono circa sei milioni ( circa due milioni di famiglie), e i più poveri sono al sud, è anche vero che sono soprattutto senza istruzione o con una formazione inadeguata a rischiare la precarietà sociale.
Si legge nel Rapporto: "Le persone che vivono oggi in uno stato di povertà, nate tra il 1966 e il 1986, provengono per lo più da nuclei familiari con bassi titoli di studio, in alcuni casi senza qualifiche o addirittura analfabeti (oltre il 60% dei genitori possiede al massimo una licenza elementare). E, sono proprio i figli delle persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente, fermandosi alla terza media e in taluni casi alla sola licenza elementare; al contrario tra i figli di persone con un titolo di laurea, oltre la metà arriva ad un diploma di scuola media superiore o alla stessa laurea".