Riassunto delle puntate precedenti. Il commissario De Santis ha riferito di un incontro cui lui ha partecipato a casa del Cardinale Becciu insieme al comandante della Gendarmeria Gauzzi Broccoletti il 3 ottobre 2020. Incontro che sarebbe stato sollecitato dallo stesso Becciu con una telefonata, e che il Cardinale avrebbe chiesto, con le mani ai capelli, di non fare uscire il nome di Cecilia Marogna, perché sarebbe stato un danno per lui e per i suoi famigliari.
Il Cardinale Becciu ha controbattuto in aula che era stato il comandante della Gendarmeria a proporsi di andarlo a trovare dopo che lui si era lamentato delle notizie false che venivano fuori sulla sua famiglia, e che in quell’occasione i gendarmi gli avessero chiesto di tenere l’incontro riservato perché sentivano di venir meno dei loro doveri e avrebbero informato il Cardinale delle indagini su Cecilia Marogna e sul modo non appropriato con cui spendeva i soldi della Segreteria di Stato. Il Cardinale si sarebbe messo le mani nei capelli, e avrebbe chiesto discrezione sulla Marogna, ma solo perché di quelle operazioni erano a conoscenza solo lui e il Santo Padre.
De Santis ha ulteriormente replicato cambiando lievemente versione su come era giunto a casa di Becciu, ma negando che avessero chiesto di mantenere l’incontro riservato, e ribadendo che il Cardinale era preoccupato per i suoi famigliari.
Viene da qui la dichiarazione del Cardinale all’ultima udienza.
“Confermo nel modo più assoluto che mi venne detto di tenere il segreto e io ho rispettato quell’impegno e anche nei momenti più difficili e tormentati non ho mai confidato a nessuno di quell’incontro”, ha affermato il Cardinale. Il quale ha soggiunto che De Santis gli avrebbe detto che il Papa gli voleva bene, in Sardegna era amato e allora sarebbe stato bene rientrare in Sardegna perché – avrebbe detto il gendarme – ‘Non vorrà mica parecipare a un processo? Lei sa quante cose negative potrebbero venire fuori”.
Il Cardinale ha anche accennato ai finanziamenti della CEI alla Caritas di Ozieri, che però non sono oggetto del processo, ma che rientrano spesso nelle circostanze processuali. Becciu non ha negato il suo interessamento, ma ha sottolineato di non vederci “alcun reato”, perché “è una prassi normale della Chiesa quella di aiutarsi reciprocamente”. E ha chiesto di focalizzarsi sulle vere domande, ovvero se i finanziamenti siano andati davvero, come è successo, a realizzare le opere per cui erano chiesti, se la CEI aveva mai avanzato una lamentela sulla rendicontazione, e se davvero i suoi familiari si fossero arricchiti, perché “mio fratello non preso un centesimo”. Anzi, ha autorizzato a dichiarare pubblicamente se mai, dagli accertamenti, si sia trovata una entrata irregolare nei conti dei famigliari.
Il Cardinale ha poi notato che la Segreteria di Stato ha erogato 60 mila euro alla Cooperativa Simpatia di Como, dove lavora il padre di monsignor Alberto Perlasca, testimone chiave del processo, eppure questa non è stata indagata.
Riguardo la Marogna e alla liberazione della suora rapita in Mali, il Cardinale si è detto ancora vincolato dal segreto, e sottolineato che la riservatezza dell’operazione era dovuta anche ad una fuga di notizie sventata nei giorni precedenti. Lo stesso cardinale si è detto “irritato” nel sapere che l’esperta di intelligence spendeva per altri scopi la somma datagli dalla Segreteria di Stato per l’operazione, e di aver chiarito con la stessa Marogna, la quale aveva garantito che non era vero.
L’impianto accusatorio
La testimonianza di De Santis, che si è protratta per due udienze, serviva anche a riepilogare le indagini della Gendarmeria vaticana. Diverse volte, il commissario ha fatto riferimento ad annotazioni di altri Gendarmi che avevano svolto le analisi, cercando di spiegare nel dettaglio il ragionamento che ha portato la gendarmeria a ipotizzare alcuni reati.
Un momento chiave ha riguardato l’analisi di una lettera del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha inviato riguardo una offerta per il Palazzo di Londra pervenuta alla Segreteria di Stato tramite l’onorevole Giancarlo Innocenzi Botti e l’ex ambasciatore italiano a New York Castellaneta per il gruppo Bizzi & Partners, e di un’altra offerta del gruppo immobiliare Fenton - Whelan.
De Santis ha sottolineato che “nulla di quello che è stato riferito nella lettera corrisponde al vero”, sostenendo, in pratica, che alla Segreteria di Stato fossero state rappresentate situazioni non veritiere.
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Le offerte per il Palazzo di Londra
Eppure, lo stesso De Santis ha dovuto poi ammettere che la manifestazione di interesse del gruppo Fenton Whelan non è passata da un gruppo riferibile a Raffaele Mincione. Semplicemente, era stata indirizzata al gruppo WRM, che aveva gestito il palazzo, per comprendere con chi parlare.
Quindi, anche la ricostruzione sull’offerta presentata da Innocenzi Botti è stata chiarita dalla testimonianza di Marco Simeon. Simeon, che dal 2000 ha rapporti con la Santa Sede con vari incarichi e rapporti personali, era stato contattato da Innocenzi Botti proprio per fare da mediatore per la manifestazione di interesse. E Simeon ha contattato il cardinale Becciu, che lo ha poi riferito agli organi competenti.
Simeon ha detto con chiarezza che il Cardinale non ha mai ricevuto compenso e che non è mai stato coinvolto nella pare operativa dell’offerta, per la quale invece i riferimenti erano padre Antonio Guerrero Alves, prefetto della Segreteria per l’Economia, e lo stesso Cardinale Parolin come capo della Segreteria di Stato proprietario dell’immobile.
Bizzi & Partners presentava una offerta per il palazzo di 315-330 milioni, superiori al valore di mercato corrente per il palazzo, ma inclusiva del valore che andava verso lo sviluppo del palazzo stesso, con un piano che prevedeva permessi per sopraelevarlo di due piani, aumentando considerevolmente la superficie commerciale.
La proposta arrivò un anno dopo che la Santa Sede aveva preso il pieno possesso del palazzo di Londra, e l’offerta avrebbe portato la Santa Sede ad un sostanziale pareggio tra investimento e perdite sul palazzo.